Angelo Di Livio: “Sono passati più di vent’anni, ora posso anche confessare cosa dissi a Moreno”

Ci sono momenti che non possono essere dimenticati, quando il passato bussa alla memoria: un passato talora felice, spesso triste, rabbioso, pieno di quello che avrebbe potuto essere e invece è confinato nel cassetto dei rimpianti. Per l'Italia calcistica uno di questi momenti impossibili da lasciarsi dietro e che hanno segnato più di una generazione è la scandalosa eliminazione della nazionale azzurra dai Mondiali del 2002, frutto dell'altrettanto scandaloso arbitraggio di Byron Moreno. Il fischietto ecuadoriano fece di tutto per far superare gli ottavi ai padroni di casa della Corea del Sud ai danni della squadra di Trapattoni: una vera e propria ‘esecuzione' in mondovisione, col culmine raggiunto nei supplementari col gol negato a Tommasi per un fuorigioco inesistente e l'espulsione di Totti.
Di Livio svela cosa disse in campo a Byron Moreno durante lo scandalo di Italia-Corea del Sud
Angelo Di Livio quel giorno era in campo e non riesce a togliersi dalla mente quelle scene incredibili: nell'album di foto ormai ingiallite del match del Daejeon World Cup Stadium – deciso al golden gol dal perugino Ahn – c'è anche lui, che insieme agli altri azzurri circonda Moreno dopo le sue decisioni in malafede e gli urla la collera e lo sdegno di un Paese intero. Oggi, a distanza di quasi un quarto di secolo, appellandosi a una ideale prescrizione, il 58enne ‘Soldatino' racconta cosa accadde in quei concitati momenti in campo: "Sono passati più di vent'anni, ora posso anche confessarlo… Lo insultai di brutto. Figlio di putt***, cogli***, mer**. Tanto sapevo che non poteva cacciarmi, aveva appena espulso Totti. Vennero a darmi una mano anche Gattuso, Vieri, Maldini".

"Doveva andare avanti la Corea del Sud, era tutto programmato – continua Di Livio alla ‘Gazzetta dello Sport' – Vinsero 2-1 ai supplementari, poi, con gli stessi favori arbitrali, eliminarono anche la Spagna e approdarono in semifinale". La storia avrebbe poi fatto giustizia dell'uomo Moreno, finito in una serie di scandali, tra cui un surreale arresto all'aeroporto di New York con chili di cocaina addosso: era un narcotrafficante, venne condannato alla galera. E poi ancora, accusato di combine in patria, espulso a vita dalla federazione ecuadoriana, evasore fiscale. Nessuna sorpresa per Di Livio, che aveva capito tutto già quel 18 giugno 2002: "Cosa pensai quando lo hanno arrestato? Nessuno stupore, non era un professionista".
O forse lo era davvero, un professionista, Byron Moreno. Lo spiega bene la scena finale di ‘Regalo di Natale' di Pupi Avati. "Era un professionista, vero?", chiede Diego Abatantuono a Gianni Cavina dopo aver perso a poker centinaia di milioni delle vecchie lire finendo sul lastrico. Il vecchio amico che lo ha tradito, portando al tavolo un baro professionista (lo straordinario Carlo Delle Piane), annuisce in silenzio e va via. Perché certi lavori sono da professionisti.