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Andrea Pirlo al Barcellona, storia di un trasferimento sfiorato: “Ci sarei andato a quattro zampe”

Andrea Pirlo ritrova il Barcellona in Champions, ovvero la squadra contro cui si è conclusa la sua avventura da calciatore della Juventus. E pensare che il bresciano sarebbe potuto diventare anche un giocatore catalano nel 2010. Pep Guardiola infatti lo incontrò di nascosto per convincerlo a trasferirsi alla sua corte.
A cura di Marco Beltrami
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Andrea Pirlo ritrova da avversario il Barcellona. L'ultima volta che l'attuale allenatore della Juventus aveva incrociato i catalani era stato in occasione della sua ultima partita con la maglia bianconera, in occasione della finale di Champions persa il 6 giugno del 2015. E pensare che il "Maestro" avrebbe anche potuto indossare in passato la casacca dei catalani. Nel 2010 infatti Guardiola ha fatto di tutto per portarlo alla sua corte, con tanto di incontro segreto in occasione di un Milan-Barcellona.

Quando Pirlo fu vicino a trasferirsi al Barcellona

Pirlo ha sempre avuto un debole per il Barcellona e per il suo stile di gioco e mentalità. Nella sua biografia, l'ex centrocampista che ha raccontato anche delle epiche sfide alla Playstation con l'ex compagno di squadra Nesta utilizzando sempre la formazione blaugrana, ha rivelato un curioso retroscena relativo all'estate 2010. Il bresciano giocava all'epoca ancora nel Milan e scese in campo al Camp Nou contro il Barça nella sfida amichevole valida per il Trofeo Gamper. In quell'occasione tutta l'attenzione era concentrata su Zlatan Ibrahimovic e sul suo possibile passaggio, poi concretizzatosi, dai blaugrana ai rossoneri. In realtà però c'era anche chi avrebbe potuto fare il percorso inverso, ovvero proprio Andrea Pirlo, che ha raccontato del sorprendente incontro con Pep Guardiola, all'epoca mister della squadra catalana.

Pirlo e l'incontro con Guardiola dopo Barcellona-Milan nel 2010

In "Penso quindi gioco", Pirlo ha raccontato di come un intermediario dopo la partita lo convocò nell'ufficio del mister del Barcellona: "Non mi sono fatto pregare e sono entrato, l’arredamento era sobrio, sul tavolo c’era del vino rosso. ‘Iniziamo bene' ho sussurrato, e per fortuna l’allenatore più invidiato dell’universo non mi ha sentito. Il suo tono era molto simile al mio, non da tenore, per intenderci. ‘Accomodati Andrea‘ ha detto in italiano perfetto. Non mi sono concentrato troppo su ciò che mi circondava, ma solo su chi mi aveva invitato. Guardiola era seduto in poltrona. Ha incominciato a parlarmi del Barcellona, raccontando che è un mondo a parte, un meccanismo perfetto che si è auto inventato. Indossava un paio di pantaloni scuri della stessa tonalità della cravatta, e poi una camicia bianca. Era molto elegante, esattamente come i suoi discorsi".

Andrea Pirlo impegnato in una sfida del passato contro il Barcellona
Andrea Pirlo impegnato in una sfida del passato contro il Barcellona

Guardiola voleva Pirlo al Barcellona per un centrocampo stellare

L'intenzione di Guardiola era quella di portare Pirlo al Barcellona. Il centrocampista italiano avrebbe reso ancor più competitivo un centrocampo già stellare: "‘Da queste parti abbiamo bisogno di te'. Ecco, c’è da dire che i giri di parole non facevano parte del suo repertorio. Dopo un paio di minuti era già arrivato al dunque. Da calciatore impostava il gioco, da allenatore aveva imparato ad attaccare. Sempre con estremo stile. ‘Siamo fortissimi, di meglio non potrei chiedere, però tu saresti la ciliegina. Stiamo cercando un centrocampista da alternare a Xavi, Iniesta e Busquests e quel centrocampista sei tu. Hai tutte le caratteristiche giuste per giocare nel Barcellona e una in particolare: sei un fuoriclasse'. Sono rimasto spesso in silenzio durante quella mezz’ora, lasciavo parlare lui. Ascoltavo, al limite annuivo. Ero talmente sorpreso da quella chiamata e da quell’incontro che i riflessi erano rallentati, più intontito che eccitato".

Il pressing del Barcellona e il no del Milan alla cessione di Pirlo

Il Barcellona era pronto a fare sul serio, con Guardiola intenzionato a non arrendersi dopo i primi no del Barcellona. Un pressing totale quello di Pep, con Pirlo che riportò le sue parole: "‘Sai, Andrea, ci siamo portati avanti perché qui le cose vanno così, non si perde tempo. Ti vogliamo acquistare subito, con il Milan abbiamo già parlato, ci hanno detto di no. Ma non ci abbattiamo, siamo il Barcellona. Siamo abituati a certe risposte, però alla fine le cose quasi sempre cambiano. Ci proveremo ancora, intanto inizia a muoverti anche tu con la tua società. Se dovessi arrivare da noi, ti ritroveresti in un posto unico. Il nostro gioiello è la Masia, il settore giovanile, un orgoglio che nessun altro club può vantare. È un orologio svizzero, un’orchestra filarmonica dove le stecche non sono ammesse né previste, ogni anno da lì arrivano calciatori già pronti per indossare la nostra maglia. I campioni ce li creiamo in casa, a parte te. È tutto molto bello, allo stesso tempo tutto molto faticoso. Anche le vittorie ti possono prosciugare. Devi venire qui, Andrea. Come giocatore mi sei sempre piaciuto, ti voglio allenare".

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E Pirlo? Come reagì a quella vera e propria offensiva di mercato? Dopo la sorpresa iniziale, l'ex centrocampista campione del mondo sarebbe stato pronto a trasferirsi subito in blaugrana: "Come al Real Madrid, più che al Real Madrid, anche al Barcellona ci sarei andato camminando a quattro zampe. In quel momento era la squadra più forte del mondo, devo aggiungere altro? È riuscito a esprimere un gioco mai visto negli ultimi anni, fatto di passaggi di prima e di un possesso palla forsennato. Filosofia da oratorio abbinata a sincronismi orchestrati da Dio in persona, una specie di Rolex con le batterie di uno Swatch. Raffinato e di lunghissima durata. ‘Ci sentiamo presto. Buon ritorno a Milano, e speriamo sia per poco'. ‘Grazie ancora, è stata una chiacchierata molto interessante'.

Alla fine però tutto si è chiuso con un nulla di fatto, e Pirlo è rimasto un'altra stagione prima di dire addio al Milan e passare alla Juventus: "Se le avance fossero diventate un amore torrido sarei finito in una grandissima società, proiettato all’interno di un’esperienza diversa, e mi sarebbe piaciuto parecchio. I discorsi sono andati avanti per un po’, alla fine il Milan non ha ceduto, ed era scontato che l’epilogo fosse quello. In quel periodo mi consideravano ancora in grado di intendere e di volere, per cui mi hanno tenuto, senza mai imbastire una trattativa vera e propria con il Barcellona. Parole, discorsi, ipotesi soffuse: nulla di più. Sarei stato fortunato a essere allenato da Guardiola, perché sulle sue squadre ci mette l’impronta. Le costruisce, le plasma, le guida, le sgrida, le coccola. Le rende grandi. Le porta a un livello superiore, dove oltre al calcio c’è di più".

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