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Andrea Pinamonti a Fanpage: “Non voglio essere una comparsa, all’Empoli la fiducia che volevo”

L’Empoli, l’Inter, Zlatan Ibrahimovic, Mino Raiola e il suo futuro: tutto il mondo di Andrea Pinamonti per Fanpage.it.
A cura di Vito Lamorte
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Con il termine ‘consapevolezza', nel calcio si intende la capacità di essere a conoscenza delle proprie capacità tecniche e mentali. Ecco, quando ti ritrovi a dialogare con Andrea Pinamonti capisci che di fronte hai un ragazzo che ha ben in testa chi è e sa bene ciò che vuole. Questo classe 1999 sta lavorando per ritagliarsi il suo posto nel calcio che conta e punta fisso al suo obiettivo, nessun tipo di distrazione. Dopo aver vinto lo Scudetto con l'Inter da comprimario, l'attaccante di Cles ha scelto la Toscana per giocare con più continuità e per proseguire il suo percorso di crescita. Empoli, per la precisione. Una piazza storicamente importante per il lavoro che fa con i giovani e che ha lanciato tanti attaccanti nell'élite del calcio italiano. L'impatto con il Castellani è stato molto positivo e nel 4-3-1-2 di Aurelio Andreazzoli Pinamonti si trova a suo agio: aiuta la squadra a giocare bene e si fa trovare nel posto giusto al momento giusto, da vero attaccante.

Il bilancio dopo 21 partite è di 7 gol e un assist ma è la continuità delle prestazioni che più sta impressionando. Dopo aver infranto il record stagionale di reti in Serie A (5) a metà anno, adesso il centravanti cresciuto nelle giovanili dell'Inter vuole puntare alla doppia cifra ma non perde di vista l'obiettivo stagionale: la salvezza con gli azzurri. In realtà le due cose potrebbero essere strettamente correlate perché se lui riesce a fare tanti gol aumentano le chance dell'Empoli di salvarsi.

A Fanpage.it Andrea Pinamonti ha parlato della stagione che sta vivendo con la società toscana, delle esperienze degli anni passati, di Mino Raiola e del suo futuro.

Andrea, 7 reti in 21 partite: ti aspettavi un impatto così col mondo Empoli?
“All’inizio, come ogni volta che si apre una nuova parentesi, non si sa mai a cosa si va incontro perché ci possono essere tanti dubbi e perplessità ma in questo caso sono andate via dopo pochi giorni. È stata una trattativa abbastanza lunga ma quando senti la fiducia del mister, che ti chiama direttamente; del direttore, che si muove per convincerti; e del presidente, che esprime la sua voglia di averti in squadra; c’è già un grado di fiducia alto che aiuta subito a far bene. Appena sono arrivato mi sono messo a lavorare per riprendere la forma e, di conseguenza, è andato tutto nel migliore dei modi“.

All’inizio dell’anno hai detto che gli obiettivi erano la salvezza e superare il record di gol (5): il secondo è già raggiunto (7), ora quali traguardi ti poni?
"Il primo resta la salvezza, perché negli ultimi anni abbiamo visto come nel girone di ritorno cambia tutto rispetto alla prima parte e bisognerà restare concentrati fino alla fine per raggiungere l'obiettivo; mentre a livello personale ora vorrei arrivare in doppia cifra".

Empoli e l’Empoli ti hanno sorpreso in qualcosa?
“Quando ne ho parlato con alcuni compagni che erano stati qui ho avuto solo risposte positive per questa società. Magari pensi che arrivi in una neopromossa e troverai difficoltà ma qui è tutto il contrario, perché Empoli è una realtà dove si lavora bene e si punta tanto sui giovani. Ci sono strutture che ti permettono di avere tutto a disposizione, dal punto di vista medico a quello tecnico. Sono stato felicemente sorpreso".

Primo gol in A a Ferrara con la maglia del Frosinone: cosa ricordi di quel momento?
"È nato tutto da una situazione particolare. Il Frosinone non stava attraversando un bel periodo e siamo andati a Ferrara per lo scontro diretto con la SPAL. Io non mi ero ancora conquistato il posto da titolare ed ero in panchina. Mancavano pochissimi minuti e un nostro attaccante si era fatto male ma il mister dopo avermi fatto scaldare non era convinto di buttarmi dentro. Io gli dissi ‘Fammi entrare che voglio fare gol' ma lui mi ha risposto ‘Lascia stare il gol, entra e difendi palla'. Lo convinsi a farmi entrare e feci gol al primo pallone toccato. Credo sia uno dei più difficili che ho fatto finora".

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A Genova hai fatto un altro step nel tuo percorso: cosa ti porti dietro di quell’esperienza?
"Lì sono cresciuto più sull'aspetto mentale che tecnico. Rispetto a Frosinone c'erano altre aspettative, perché avevano fatto una squadra per puntare in alto e hanno un pubblico fantastico, ma che è molto esigente. Le cose non sono andate bene e ci salvammo all'ultima giornata, ma ogni partita era una prova perché c'era tanta pressione. Mi è servito per crescere soprattutto da quel punto di vista".

La stagione intera all’Inter ti ha dato qualcosa in più rispetto alle esperienze precedenti in Serie A?
"Sicuramente sì. Lì entri in un'altra ottica. Capitava una partita che vincevamo 1-0 all'intervallo ma il mister e i compagni non erano comunque contenti, perché bisognava fare di più. Era uno spogliatoio dove si cercava sempre di migliorare, questo soprattutto grazie a mister Conte, e non ci si accontentava mai. Nonostante non sia stato tra i protagonisti in campo, ho imparato davvero tanto e ho coronato un sogno che avevo fin da piccolo: vincere lo Scudetto con l'Inter".

Quando si parla di te 9 volte su 10 lo si fa sempre in relazione all’Inter. Ma questa stagione e questi gol ti stanno dando la consapevolezza di poter avere una tua strada ad altissimi livelli?
“È sempre una questione di fiducia. Se senti la fiducia della società dove stai giocando, tutto viene di conseguenza. Io, senza essere presuntuoso, conosco le mie qualità e so quello che posso dare. Ovvio che bisogna avere la possibilità di metterle in mostra e qui mi stanno dando questa possibilità: voglio ripagare questa fiducia. Mi aiuta ad avere più consapevolezza nei miei mezzi e mi permette di fare cose che magari in altre situazioni non mi riuscivano perché ero costantemente sotto esame. Tutto quello che sto facendo fa parte di un bagaglio che mi porterò dentro per il futuro, qualunque sarà".

C’è un allenatore che ha inciso più di altri nella tua crescita personale?
"Ne ho avuti talmente tanti, nonostante abbia 22 anni, che ho cercato di prendere qualcosa da tutti. Ho girato questa cosa a mio vantaggio. Partendo da Pioli, che mi ha fatto esordire tra i professionisti; arrivando a Conte, che mi ha dato tanto; passando per Nicola, che a Genova mi ha aiutato grazie alla sua personalità e al suo carisma; fino ad Andreazzoli, che avevo avuto al Genoa per poco tempo ma è stato un piacere poter ritrovare qui per lavorare di nuovo con lui".

Perché, secondo te, negli altri paesi le grandi squadre hanno meno paura di puntare sui giovani?
“Faccio fatica a risponderti. Anche io mi rendo conto che in altri paesi le big rischiano di più con i giovani e soprattutto non vengono bocciati al primo errore. In Italia non so dirti perché accade meno, forse la pressione è maggiore e i grandi club preferiscono non rischiare puntando su gente con più esperienza. A me, come tanti altri, piacerebbe mettermi in mostra in un top club ma capisco anche il loro punto di vista, ovvero puntare su chi ha più anni di campionati di alto livello alle spalle".

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A 21 anni sei stato pagato quasi 20 milioni dal Genoa, trasferimento di cui si è parlato anche per altri motivi. L’hai  sentito il peso di un investimento così importante?
"Se devo dirti la verità, no. Questo perché il prezzo del cartellino dipende dalle società e io non devo assolutamente guardare a quello ma pensare solo al campo. Questo tipo di pressione non l'ho subito minimamente".

Chi erano i tuoi idoli da bambino? A quali calciatori ti ispiri o cerchi di rubare qualcosa per il modo di giocare?
"Il mio idolo è sempre stato Ibrahimovic. Ancora adesso mi capita di guardare i suoi video di qualche anno fa. Senza nulla togliere a quello che fa ora, prima giocava in maniera diversa e metteva le sue qualità in maniera differente a disposizione della squadra. Con il passare degli anni ha cambiato molto, anche per l'età; ma lui è stato un punto di riferimento importante".

Cosa vuol dire essere rappresentati da uno degli agenti più influenti del mondo come Mino Raiola?
"Io non lo vedo neanche più come un agente, perché ormai è diventato parte della mia famiglia. Il nostro rapporto è di amicizia, oltre che di lavoro, e posso chiamarlo a qualsiasi ora perché so che ci sarà sempre. Per me è un onore il fatto che venga considerato tra i migliori al mondo. Inoltre, lavorandoci insieme posso solo confermare che è così".

Come si vede Andrea Pinamonti tra tre anni?
"Mi vedo più maturo di come sono adesso e con tanta esperienza in più. Mi auguro di arrivare su palcoscenici importanti e di essere protagonista, non una comparsa".

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