“Andiamo a vincere!”: l’eredità eterna di Giampiero Galeazzi nella storia dello sport italiano
Per chi ama lo sport, e ha qualche anno sulle spalle, il nome di Giampiero Galeazzi provoca sempre grandi emozioni, e non può essere altrimenti. Galeazzi ha cambiato le regole del giornalismo sportivo, che era molto inquadrato fino all'inizio degli anni '80. Poi pian piano si è modificato anche grazie a lui, che è diventato popolare pure per le sue interviste a bordo campo, si ricordano su tutte quelle a Liedholm in occasione del secondo scudetto della Roma o quelle a Maradona, in occasione degli scudetti del Napoli. Ma strepitose sono state anche le telecronache delle finali olimpiche dei fratelli Abbagnale: fanno parte della storia dello sport, della televisione e dell'Italia.
Un personaggio a tutto tondo Galeazzi, morto oggi a 75 anni, che dopo essersi laureato in economia, con specializzazione in statistica si dedicò al giornalismo. Fu assunto in Rai e l'allora caporedattore dello Sport, Gilberto Evangelisti gli diede il soprannome di ‘Bisteccone'. Seguì come inviato, per la radio, il canottaggio alle Olimpiadi del 1972, quello sport era il suo sport. Perché Galeazzi era stato campione italiano di canottaggio nel 1967 e partecipò anche alle qualificazioni ai Giochi di Città del Messico del 1968. Dalla radio passò alla televisione ed è stato un crescendo ben cadenzato, parole molto amata dai canottieri, come era stato Galeazzi.
Divenne inviato di punta prima di 90° Minuto e poi della Domenica Sportiva. Era all'Olimpico il giorno in cui ci furono gli arresti del ‘calcio-scommesse'. Per la ‘DS' seguiva tutti gli eventi principali e la sua popolarità raggiunse vette enormi. Proprio per il suo stile, scanzonato e anche sfacciato era amato da tanti ma non tutti, non troppo dai colleghi (come disse lui stesso nella sua autobiografia). Galeazzi era sempre pronto a intervistare chiunque e nel 1986 fu inviato di Rai 1 in Islanda per lo storico confronto tra Reagan e Gorbaciov, si trovava lì per seguire un match di Coppa dei Campioni della Juventus.
Per tanti anni è stata anche la voce del tennis della Rai, commentò tante partite importanti del Roland Garros, della Coppa Davis e degli Internazionali d'Italia. L'entusiasmo e la partecipazione che ci metteva erano evidenti e il trasporto per gli appassionati enorme, coniò tante espressioni. Tra quelle tennistiche si ricordano: ‘tacchino freddo' per Edberg o il ‘turbo rovescio' riferito a Paolo Cané. Negli ultimi anni di telecronache formò una coppia splendida con Adriano Panatta.
Ma il trasporto e le emozioni maggiori che ha regalato agli appassionati di sport sono legate alle finali olimpiche dei fratelli Abbagnale. Era il 25 settembre del 1988, da Seul Galeazzi sostenne per oltre quattro minuti i fratelli Carmine e Giuseppe Abbagnale e il timoniere Peppiniello Di Capua, con una telecronaca straordinaria, il bis olimpico dei fratelloni trascinati dal giornalista Rai che nel finale alzando sempre più la voce diceva: "Andiamo a vincere, andiamo a vincere". Telecronache che ebbero una popolarità impressionanti, e che oggi si definirebbero virali. Con la sua grinta, diede pathos e coinvolgeva anche il tifoso più distacco, invitava alla partecipazione. Ha inventato uno stile, stile che ha ispirato tanti ma che nessuno può imitare completamente. Unico e inimitabile Giampiero Galeazzi.