Ancelotti: “Un giocatore si metteva l’asciugamano davanti per non sentirmi. Gli dissi: Chi sei tu?”

Come si diventa Carlo Ancelotti? Come si riesce ad essere così amati e apprezzati dai calciatori, stabilendo un rapporto spesso magico? L'allenatore del Real Madrid ne ha parlato nel podcast PoretCast, con Giacomo Poretti. Nello spogliatoio le cose non sono sempre rose e fiori, e Carletto lo ha spiegato anche citando alcuni aneddoti capitatigli nella sua eccezionale carriera.
Ancelotti e il rapporto con i calciatori nello spogliatoio
Non ha voluto fare nomi il tecnico che però ha parlato di quanto sia stato difficile per esempio rapportarsi con un giocatore che non accettava le sue scelte. Per dimostrarlo, aveva iniziato ad assumere un atteggiamento particolare nello spogliatoio: "Le scenate? Ho avuto problemi con tanti, ma si sono sempre risolti. Addirittura c’era un calciatore che all’inizio della carriera quando io parlavo, si metteva l’asciugamano davanti per non ascoltare quello che dicevo".
Il calciatore che si metteva l'asciugamano davanti al viso per non sentire Ancelotti
Come fare dunque a far cambiargli cambiare idea e mettere da parte le incomprensioni? Come il dialogo, con Ancelotti che ha raccontato: "Gli ho detto ‘ascolta, non possiamo andare avanti così. Sono giocatori che quando tu li metti in panchina poi fanno fatica a salutarti alla mattina e allora lì si confonde la persona e il giocatore. Io dico sempre ‘Chi sei tu?'".
La lezione di Ancelotti ai suoi giocatori
Una domanda facile facile, con una risposta che spesso però non è così scontata, con Ancelotti che infatti ha dato una grande lezione a tutti: "Tu mi risponderesti ‘Sono Giacomo, ma tu non sei un attore tu fai l'attore. Sei una persona che fa un mestiere che gli piace e tutto quanto. Quindi se tu dici che sei un calciatore, io ti dico no, tu sei una persona che fa il calciatore, gioca a calcio. Io non sono l'allenatore, io faccio l'allenatore e mi pagano per fare delle scelte e prendermi delle responsabilità per decidere se il giocatore, non la persona, va in in panchina o va a giocare".
Ed è proprio questo che i calciatori confondono: "A volte il giocatore confonde questo allora viene alla mattina e dice Carlo che è l'allenatore… no, io faccio l'allenatore. Lui pensa che io sia allenatore e non mi saluta, se invece pensa che faccio l'allenatore mi saluta. Questo spiego sempre ai calciatori". Una vera e propria masterclass sul rapporto con la squadra, che funziona e non poco a giudicare dai risultati.