Ancelotti, cosa accadde alla Juve: “Montero scese dal pullman per parlarmi. Mi disse: tu non capisci”
Carlo Ancelotti sa esattamente cosa fare con i suoi calciatori alla vigilia degli appuntamenti che contano: abbassare il livello di stress e ansia dei suoi giocatori. Perché sia lui che il Real sanno come si vince, in primis con la consapevolezza dei forti. Carletto urla raramente in campo: "Pensate che ascoltino di più se gridi? No. Più gridi, meno ascoltano". Un Ancelotti calmissimo ma anche flessibile, come non era all'inizio della sua carriera di tecnico: per farlo capire svela un episodio raccontato al tempo in cui sedeva sulla panchina della Juventus (un biennio, tra il 1999 e il 2001), con protagonisti Paolo Montero e Zinedine Zidane.
Ancelotti a inizio carriera: dogmatico come il suo maestro Sacchi
Il punto di partenza del discorso è quanto dogmatico fosse il suo approccio al mestiere di allenatore all'inizio e come adesso sia profondamente diverso: "Quando ho iniziato, non ero come oggi. Avevo un sistema che ho imparato al Milan da Arrigo Sacchi. Era il 4-4-2. E per questo ho rifiutato di avere Roberto Baggio al Parma perché voleva giocare col numero 10. Ho detto: ‘No, non gioco col numero 10'. Era uno dei migliori giocatori al mondo in quel momento e io mi rifiutavo di averlo perché volevo solo giocare con due attaccanti".
La svolta con Zidane alla Juventus
Se Carletto potesse tornare indietro… "Oggi direi: ‘Baggio, vieni a Parma e organizziamo la situazione'. Invece gli ho detto: ‘Ascolta, Roberto, non c'è spazio per te', e invece è andato al Bologna. È stato un errore e ho provato a cambiare idea quando sono andato alla Juventus. Avevo Zidane, e lui era il numero 10. Avrei dovuto metterlo a destra o a sinistra? Impossibile. Zidane è il giocatore più importante della mia squadra e lui deve essere il numero 10 e io devo adattarmi. Da lì ho sempre preso in considerazione le caratteristiche dei giocatori per costruire il sistema".
Uno non vale uno, il confronto con Montero
Ancelotti capì che nello sport non sempre uno vale uno, e che essere flessibili e talora anche scendere a compromessi non strettamente calcistici è un'arte da padroneggiare bene se si vuole raggiungere i risultati più alti. E qui spuntano la Juve, Zidane e Montero: "Ci fu un'occasione alla Juventus in cui Zidane era in ritardo, ed eravamo sull'autobus in attesa di partire – racconta il 64enne tecnico emiliano al Times – Ho detto all'autista: ‘No, andiamocene'. Ma lui aveva paura e non si muoveva. Poi Paolo Montero è sceso dall'autobus per parlarmi. Gli ho detto: ‘Andiamo avanti, e poi ne parleremo'. Ma lui rispose: ‘Tu non capisci. Senza Zizou, non andremo da nessuna parte'. Quindi è allora che pensi: ‘Ok, ho bisogno di ascoltare questa cosa'. Così abbiamo aspettato".
Adattabilità, ragionevolezza e ovviamente la calma serena che è il suo punto di forza: "Il punto chiave è che ho molta passione, ma non sono ossessionato – spiega Ancelotti – Non sono ossessionato dal mio lavoro. Non lo sono mai stato, non per il calcio. Mi è piaciuto molto, come giocatore, ora come allenatore, ma non divento pazzo". Anche per questo Carletto ha vinto 6 Champions League, due da giocatore e quattro da allenatore. Un record che cercherà di accrescere sabato sera a Wembley.