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Amedeo Poletti lascia il calcio a 21 anni ma è già ricco: ha dormito per strada, ora ha due aziende

La storia di Amedeo Poletti, che ha lasciato il calcio a soli 21 anni, è un incredibile esempio di volontà, sacrifici e successo. In poco tempo ha cambiato la propria vita, studiando e investendo in due aziende che oggi fatturano 2 milioni di euro: “Non sarei mai stato felice, nemmeno in Serie A”.
A cura di Alessio Pediglieri
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Aveva fatto non poco scalpore il ritiro improvviso dal mondo del calcio da parte di Amedeo Poletti, 21enne giocatore dell'AlbinoLeffe che ha mollato tutto per dedicarsi a interessi completamente differenti dal pallone, trasferendosi a Dubai per seguire da vicino alcune aziende di consulenza e software da lui stesso ideate. E che oggi lo stanno rendendo tra i più giovani e ricchi imprenditori, senza rimpianti: "Non sarei stato felice, nemmeno in Serie A".

Forse la Serie A non l'avrebbe mai raggiunta o forse ci sarebbe riuscito se avesse continuato ad alimentare le aspettative di chi lo conosceva bene nel mondo calcistico: nato nelle giovanili della Juventus, Amedeo Poletti aveva iniziato la classica gavetta con la trafila nelle serie minori, finché in Serie C, con la maglia dell'AlbinoLeffe poco prima di Capodanno aveva deciso di compiere una scelta che ha lasciato tutti esterrefatti: abbandonare il calcio proprio nel momento in cui a 21 anni le carriere non finiscono, ma iniziano.

A sapere della sua decisione è stato per primo il club, anche perché Poletti coltivava da tempo altre passioni imprenditoriali e il rapporto con la società è sempre stato diretto e leale: "Hanno sempre saputo cosa faccio fuori dal campo ed ero d'accordo che il giorno in cui il calcio sarebbe diventato solo un hobby glielo avrei fatto sapere, senza lasciare che lo venissero a scoprire dopo. E così è stato". Un fulmine a ciel sereno, comunicato anche ai compagni, agli amici, ai parenti: "Il calcio per me è sempre stata una fortissima passione" ha spiegato sulle pagine del Corriere, "che è però svanita nel momento in cui è diventata lavoro".

"Per me la libertà di tempo e luogo valeva più di queste emozioni. Un calciatore, per quanto ben pagato, resta un dipendente che deve rispettare orari e appuntamenti, con allenamenti, ritiri, partite. Alla fine mi sono chiesto: “Ma se arrivassi in serie A e guadagnassi tutti quei soldi, sarei felice?”. La mia risposta è stata no. In tanti continuano a giocare perché non hanno un’alternativa. Io me la sono costruita"

Una alternativa che Amedeo Poletti si costruisce con sacrifici e dedizione, da quando aveva 17 anni e ha iniziato a fare impresa, prima investendo sulla rivendita di vestiti, anche dormendo per strada pur di ottenere i risultati voluti, come in una occasione in particolare: "I primi soldi?" racconta ancora al Corriere, "li ho fatti così: una volta ho dormito  fuori dal negozio di Stone Island perché la mattina successiva sarebbero uscite delle giacche limited edition. Ne ho presa una a 600 euro, dopo pochi minuti l’ho rivenduta a 3000 a un privato".

Iniziativa, intuizioni, volontà. per Amedeo Poletti era solo l'inizio: ha poi commerciato con prodotti provenienti dalla Cina, infine riuscendo a crescere nella sua passione principale, consulenza, software e finanza. "Ho sempre desiderato creare realtà che possono risolvere problemi alle persone tramite un algoritmo o qualunque altro tipo di servizio". Una esigenza che è passata anche attraverso momenti difficili: "Sono stato truffato di 20 mila euro, da quel momento ho deciso di puntare solo sulle mie competenze".

Così, l'idea imprenditoriale, studiano e informandosi senza sosta: "A volte mi ritrovavo a lavorare a questo a due minuti prima di scendere in campo e durante i momenti liberi. Ora mi servo di consulenti e programmatori, mentre io preferisco concentrarmi sulla parte strategica. Mi sto focalizzando sulla finanza perché è un mercato liquido dove ci sono tante opportunità". Opportunità e soldi, perché Poletti è diventato un investitore milionario.

A raccontarlo è ancora lui che adesso gestisce due aziende di successo, una a Milano e una a Dubai dove si trasferirà per renderla ancora più grande. E redditizia: "Un calciatore di Serie C guadagna circa 1.500 euro al mese, con una delle due aziende in un solo mese ne abbiamo fatturati 200 mila". Fino ad incassi ancor ben più cospicui e una strategia ben precisa e delineata: "Fatturiamo due milioni con le aziende, ma non lavoro mai con amici o parenti. Quando devo prendere decisioni guardo i dati e basta, con l'obiettivo di raggiungere il massimo dal punto di vista imprenditoriale, evitando qualsiasi distrazione".

Anche a costo di sacrificare parte della propria vita privata: "Ho perso amicizie e chiuso un rapporto di 4 anni con la mia ex fidanzata. Ma continuo: ciò che sto ottenendo non è perché sono più bravo o sveglio di altri, ma semplicemente perché mi sono applicato e ho studiato più di altri".

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