Ambrosini critica Donnarumma: “Se voglio restare, nessuno prende decisioni per me”
Al Milan Gianluigi Donnarumma aveva tutto quel che un calciatore di 22 anni può desiderare: soldi, il club gli aveva messo sul piatto un ingaggio netto da 8 milioni per il rinnovo; ambizione, la partecipazione alla prossima edizione della Champions e la competitività in Serie A rappresentano un ottimo palcoscenico su cui esibirsi per recitare un ruolo di primo piano; certezza in formazione, nessuno avrebbe messo in discussione la sua presenza fissa tra i pali; blasone, con Paolo Maldini che nello staff dirigenziale fa da trait d'union con storia e tradizione raccontati (anche) dai successi conquistati da una delle società più titolate al mondo; fascia di capitano, un "privilegio" (per usare le parole adottate da Franco Baresi) che avrebbe dovuto inorgoglirlo abbastanza e a renderlo maturo abbastanza rispetto a "faccio quel che dice Mino Raiola" che è come nascondersi dietro un dito.
La domanda sorge spontanea: perché ha deciso di andare via? Massimo Ambrosini, ex centrocampista rossonero e oggi opinionista TV, non usa giri di parole per commentare la scelta fatta da Donnarumma. Non pronuncia mai la parola mercenario ma il riferimento al vil denaro è chiaro. C'è una frase in particolare che sintetizza bene il suo pensiero: "Ora può solo andare in club che hanno più disponibilità economica". È la deduzione più logica considerata l'evoluzione dei fatti e a come si è arrivati alla separazione con il calciatore che va via a parametro zero.
Se il problema era di ambizione, la qualificazione avrebbe dovuto togliergli tutti i dubbi – ha ammesso Ambrosini nell'intervento a Sky -. Se la questione era di tipo economico non penso che 2 milioni in più o in meno possano costituire un problema nella scelta. Io probabilmente non avrei mai fatto quella scelta alla sua età.
Altra riflessione tanto dura quanto amara: lasciare il Milan è decisione difficile da spiegare soprattutto se negli anni hai più volte fatto professione di gratitudine e di fede baciando lo stemma e brandendo la maglia, anche al cospetto delle rimostranze e delle critiche dei tifosi.
Voleva restare al Milan? È un’aggravante se voleva rimanere e alla fine non è rimasto – ha aggiunto l'ex centrocampista -. Se voglio restare non c’è nessuno che prende decisioni per me. Rimango, punto. Il Milan non è secondo a nessuno per storia e blasone. Ora può solo andare in club che hanno più disponibilità economica.