Altri guai per la Juventus, nuove accuse di falso in bilancio: perquisizioni in tutta Italia
Altri guai per la Juventus che si vede piombare sulla testa una nuova accusa di falso in bilancio. I magistrati starebbero infatti indagando sulle quattro mensilità a cui i giocatori bianconeri hanno rinunciato nel 2020 durante la prima ondata della pandemia di Covid-19.
Queste ulteriori accuse a carico della società piemontese sarebbero emerse dopo le perquisizioni effettuate oggi su ordine dei magistrati Marco Gianoglio, Ciro Santoriello e Mario Bendoni dalla Guardia di Finanza in diversi studi legali a Torino, Roma e Milano (che non sono coinvolti nell'indagine così come gli avvocati in questione non sono indagati) presso i quali tra il materiale relativo alle approvazioni dei bilanci 2019, 2020 e 2021 sarebbero state depositate anche scritture private firmate dal club e dai calciatori che avrebbero come oggetto proprio le retribuzioni legate ai due anni pandemia e non risultano depositate presso gli organi competenti. Documenti questi ultimi che invece non sarebbero stati rinvenuti dai finanzieri nel corso delle precedenti ispezioni effettuate presso le sedi della Juventus che riguardavano la rendicontazione dello stesso triennio oggetto d'indagine.
Nel dettaglio l'accordo con il calciatori in merito alla rinuncia di quattro mensilità avrebbe consentito alla Juventus di ridurre i costi nei bilanci del 2020 e del 2021, ma secondo la tesi dell'accusa non si sarebbe trattato di una vera e propria rinuncia alla retribuzione bensì di un pagamento differito di tre dei quattro stipendi mensili dovuti e, questa situazione debitoria, sarebbe stata omessa nel bilancio.
Queste nuove accuse rientrerebbero nell'ambito dell'inchiesta sulle plusvalenze fittizie (l'indagine "Prisma") già aperta lo scorso dicembre dalla Procura di Torino che vede iscritti nel registro degli indagati il presidente della Juventus Andrea Agnelli, il suo vice Pavel Nedved, l'ex ad Fabio Paratici e altri dirigenti del club bianconero come Marco Giovanni Re, Stefano Bertola, Stefano Cerrato e Cesare Gabbasio. Secondo quanto riporta l'Ansa non sarebbe la prima volta che inquirenti nel corso di questa indagine si sarebbero imbattuti in quella che viene considerata una "prassi" per la società bianconera, ossia custodire alcuni documenti riservati fuori dalla sede per poi procedere alla loro "distruzione" una volta esaurito il loro scopo di "garanzia". Inchiesta che potrebbe avere conseguenze molto gravi per il club piemontese (nel caso si configurasse solo l'illecito amministrativo gli sarebbe comminata una pesante ammenda) e, soprattutto, per i suoi vertici.