Alemao, l’Atalanta e la monetina da 100 lire che consegnò al Napoli uno scudetto
Cento lire per uno scudetto. La monetina che colpì alla testa Alemao a Bergamo indirizzò le sorti del campionato e cucì il titolo 1989-1990 sulla maglia del Napoli. Il duello col Milan dei ‘tulipani', fino allora condotto punto a punto, arrivò a una svolta per l'assegnazione della vittoria a tavolino ai partenopei. Centrato alla testa, il centrocampista brasiliano uscì dal campo per farsi medicare dal massaggiatore, Carmando, e venne sostituito per essere trasportato in ospedale: non era in grado di continuare a giocare, al Pronto Soccorso diagnosticarono un trauma cranico con breve perdita di conoscenza.
Ho sentito un colpo alla testa, un dolore forte – raccontò Alemao poco dopo, come riportato dalle interviste dell'epoca -. Mi sono toccai il capo e vidi le dita sporche di sangue. Agnolin, l'arbitro, ha visto tutto. Anche una piccola ferita. Volevo continuare a giocare ma non ce l'ho fatta. Credetemi, non ce la facevo. Maradona raccolse la monetina e la consegnò all'arbitro.
Il verdetto del Giudice Sportivo cambiò le sorti di quella stagione d'oro per il calcio italiano. Basta dare un'occhiata al parterre di campioni che calcava i campi della Serie A (Maradona e Careca; gli olandesi Van Basten, Gullit e Rjikaard; Mattheus e Klinsmann; Baggio, Vialli e Baresi) per avere un'idea di quanto fosse competitivo il torneo che avrebbe fatto da prologo alle notti Mondiali nell'estate italiana con Totò e ‘Codino', per spiegare il dominio in Europa dei club nazionali. In finale di Coppa Uefa c'erano Juventus e Fiorentina (il trofeo andò ai bianconeri). La Sampdoria vinceva la Coppe delle Coppe battendo l'Anderlecht. Una rete di Rjikaard regalò la Coppa Campioni al Milan di Sacchi.
Eppure l'episodio avvenuto l'8 aprile di 30 anni fa prese il sopravvento su ogni cosa, divenendo l'emblema di quell'annata che fu iconica anche per la rete di Marronaro non concessa al Bologna durante la sfida col Milan (la palla entrò di mezzo metro ma l'assistente di linea non se ne accorse); il crollo del ‘diavolo' nella fatal Verona, con l'arbitro Lo Bello che mandò sotto la doccia quattro rossoneri e l'allenatore, Sacchi.
Dalla curva arrivavano sul campo monetine… e anche tante – disse in maniera ironica l'ex portiere del Napoli, Giuliani, riferendosi a quei momenti convulsi del match -. Se le avessi raccolte, sarei diventato ricchissimo.
In radio i collegamenti di Tutto il calcio minuto per minuto raccontano la cronaca di quell'ultimo, turbolento, rovente quarto d'ora in cui tutto cambiò e il campionato prese una piega divers. Dalle gradinate dell'Azzurri d'Italia piove di tutto: insulti razzisti, accendini e monetine… una di queste. Alemao e il Napoli vennero accusati di aver fatto una sceneggiata. Il calciatore fu preso di mira per essere un cascatore, un attore perfetto perché aveva simulato bene il malessere. L'aveva fatto apposta perché capì che così avrebbe servito su un piatto d'argento la vittoria alla sua squadra in una frase cruciale del campionato. Il brasiliano reagì in maniera stizzita a quelle illazioni
Sono ferito dentro – disse Alemao -. Mi sento offeso anzitutto come uomo. Non ho mai pensato di fingere in maniera così clamorosa per ottenere una vittoria a tavolino. Non sono bugiardo, non ho finto. Voi dite che il Brasile fa parte del Terzo mondo. Allora io vi dico che a Bergamo ho visto il Quarto per quello che è successo.
La narrazione dell'epoca si concentrò anche su un altro fotogramma: il ruolo del massaggiatore, Carmando, e la presunta raccomandazione fatta al calciatore: "Sta giù… buttati a terra, buttati a terra". Non c'è mai stata fonte ufficiale al riguardo che non fossero indiscrezioni sul tam tam concitato di quegli attimi a bordo campo, tra le urla e i fischi dei tifosi, il dialogo con il direttore di gara, gli scambi di battute tra calciatori. Il presidente dei partenopei, Corrado Ferlaino, fu categorico e mise a tacere quelle chiacchiere.
Contano i fatti. – disse il numero uno degli azzurri – E sono questi… un nostro giocatore colpito, la ferita accertata, l'arbitro che ha visto tutto, le diagnosi scritte che sono diverse dalle dichiarazioni che leggo.