Maggio 1996, vittoria della Champions League ai rigori contro l'Ajax. Marzo 2021, fuori agli ottavi di finale contro il Porto dopo i supplementari. Fuori contro un avversario modesto, il più debole nel lotto delle qualificate dalla fase a gironi. È il fallimento di un club che ha costruito una squadra non competitiva a livello internazionale. In 25 anni c'è tutta la storia della rincorsa al titolo della Juventus tra luci, ombre e sconfitte che bruciano. Quelle arrivate in finale, a un passo dalla Coppa. Quelle che hanno caratterizzato cocenti eliminazioni ai gironi come nelle gare a eliminazione diretta.
Negli ultimi 3 anni le cose sono andate male/malissimo, con i bianconeri rispediti a casa nonostante i favori del pronostico li inserissero nel novero dei club che potevano competere per il Trofeo. Contro i lusitani sono riaffiorati quei fantasmi che nemmeno la presenza di Cristiano Ronaldo è servita a scacciare. Cinque Palloni d'Oro e una vagonata di record costantemente aggiornati anche in Italia e in Serie A non sono stati sufficienti per garantire quel salto di qualità necessario in Europa per arrivare (almeno) in finale e dare tutto per il titolo. Anzi, nella gara di martedì sera all'Allianz Stadium è venuto a mancare ancora una volta proprio lui. A cosa siano servite due rivoluzioni consecutive (Allegri licenziato per Sarri, Sarri licenziato per un debuttante assoluto in panchina, Andrea Pirlo) se i risultati sono questi e la sensazione che con l'ingaggio del campione portoghese il club abbia fatto il passo più lungo della gamba (fino a schiantarsi) sono due fari puntati in faccia alla dirigenza, alla squadra, allo staff tecnico.
L'abbaglio è stato credere che potesse bastare prendere uno dei più forti calciatori al mondo per diventare (finalmente) vincenti anche al di là delle Alpi. L'abbaglio è stato (non) credere fino in fondo in un progetto tecnico (l'arrivo dell'ex allenatore del Napoli) concedendo tempo e presupposti per aprire un nuovo ciclo. L'abbaglio è stato mettere sul banco degli imputati un tecnico (l'ex livornese) che, giunto a Torino dopo l'estate del voltafaccia di Antonio Conte, ha portato in dote 2 finali in 5 anni (a Berlino nel 2015 contro il Barça, a Cardiff nel 2017 con il Real Madrid) e un'eliminazione ai quarti (quella contro i blancos nel 2017-2018) maturata dopo la rimonta per 3-0 al Bernabeu. Uno sforzo vanificato solo da un rigore dubbio assegnato agli spagnoli in pieno recupero da un arbitro che – per usare le parole di Gigi Buffon – aveva "un bidone dell'immondizia al posto del cuore".
Ajax, Lione, Porto: tre tagliole piazzate lungo il cammino; tre flop clamorosi di fila sia sotto il profilo sportivo sia economico. Gli ultimi due – contestualmente allo scudetto quasi sfumato – sono i più duri da ammortizzare per le finanze e per il brand, già provati dalle conseguenze della pandemia da Covid e dalla contrazione dei ricavi.
Ajax, Lione, Porto: leggere a ritroso la saga delle eliminazioni scuote la Juventus fin dentro l'anima, fino ai piani più alti di quel palazzo che è crollato – di nuovo – per colpe che vanno ben al di là del campo, delle decisioni arbitrali più o meno dubbie. E mette in discussione la gestione societaria, le scelte tecniche, l'orizzonte sportivo, lo stesso progetto che – complice la crisi economica internazionale – ridimensiona inevitabilmente anche il futuro.
Estromessa dal Lione agli ottavi nel 2019-2020, esito che costò la panchina a Maurizio Sarri. La sconfitta nei quarti con l'Ajax (2018-2019) alimentò le critiche nei confronti di Massimiliano Allegri per il ‘non gioco' della squadra che sfigurò al cospetto dell'organizzazione tattica e della freschezza atletica dei ‘lancieri'. La beffa atroce, ancora nei quarti, arrivò sui titoli di coda contro il Real Madrid (2017-2018) per un penalty che permise agli spagnoli (lo segnò Cristiano Ronaldo, l'ultimo in Europa con la maglia delle merengues) di accedere alla semifinale.
Alla Juve era capitato di uscire agli ottavi nel 2015-2016 contro il Bayern Monaco, il Chelsea (2008-2009), il Deportivo La Coruna (2002-2003). Liverpool e Arsenal (2004-2005, 2005-2006) l'avevano eliminata ai quarti. La fase a gironi s'è rivelata un boccone amaro per due anni consecutivi (2000-2001 e 2001-2002). Tra fallimenti in campionato (1999/2000) e il ciclone Calciopoli è rimasta esclusa dalle Coppe in quattro occasioni.
Eccezion fatta per la finale persa col Milan (2002/2003), la Juventus ha infilato un filotto di delusioni, restando ai margini delle grandi d'Europa. Quasi a pagare dazio rispetto al periodo d'oro di fine Anni Novanta con la vittoria della Coppa all'Olimpico e 2 finali consecutive perse con Marcello Lippi in panchina, un'eliminazione in semifinale (1998/1999) con Carlo Ancelotti. Ecco perché la vittoria ‘mutilata' contro il Porto ricaccia i bianconeri nel limbo della depressione sportiva che, dal 2000 a oggi, ha scandito la partecipazione alla Champions. È la fine di un ciclo. Con un tonfo fragoroso. Nonostante CR7.