A settembre il duro confronto tra Mihajlovic e il Bologna: “Non mi dimetto, cacciatemi”
"Come sto? Dipende dai giorni, ma vado avanti. Ci vuole coraggio, tempo e un po' di fortuna. Coraggio ne ho da vendere, il resto vedremo".
Era appena qualche giorno fa quando Sinisa Mihajlovic aveva detto ad un caro amico queste parole, svelate da Repubblica. Sul coraggio non sbagliava l'uomo di Vukovar, un coraggio testimoniato prima sul campo da calciatore che non arretrava mai di un passo, poi in panchina da tecnico duro che si era guadagnato l'appellativo di ‘sergente', infine nella battaglia con la malattia che lo aveva colpito nel 2019, la leucemia mieloide acuta. Di tempo invece non ne ha avuto più, e neanche di fortuna, visto che il serbo è morto oggi a 53 anni per un'infezione conseguenza di quel terribile male.
Una fine improvvisa che ha lasciato incredule le persone più vicine a Sinisa, con cui aveva parlato dei suoi progetti futuri non più tardi di una settimana fa. Mihajlovic mordeva il freno per rientrare, le terapie cui si stava sottoponendo da quando la leucemia gli aveva presentato una recidiva nello scorso marzo erano per lui solo le dure tappe di avvicinamento al momento in cui sarebbe tornato su una panchina dopo l'esonero dello scorso settembre da parte del Bologna. Un esonero per lui molto doloroso, che riteneva ingiusto.
Quest'anno la squadra felsinea era partita ottenendo 3 punti nelle prime 5 partite, frutto dei pareggi con Verona, Salernitana e Spezia, e delle sconfitte esterne con Lazio e Milan. Neanche malissimo, con un campionato tutto da giocare e soprattutto considerando il rapporto di lunga data tra il club rossoblù e Mihajlovic, che era approdato sotto le due torri nel gennaio 2019, riuscendo a salvare la squadra prelevata in condizioni di classifica disperate. Un 10° posto finale, poi due 12simi, infine il 13° l'anno scorso: salvezze tranquille in mezzo alle traversie della malattia del tecnico. Il rapporto era sopravvissuto in tre anni a ricoveri, cicli di terapie e assenze da allenamenti e partite, ma qualcosa nel tempo si era incrinato e probabilmente già in estate la società era stata combattuta se confermare l'allenatore.
Dubbi in cui la malattia aveva avuto un ruolo – i medici non avevano nascosto che la seconda operazione cui si era sottoposto avesse poche possibilità di successo – fino ad arrivare alla decisione del Bologna di cacciare l'allenatore il 6 settembre e rimpiazzarlo con Thiago Motta. Quanto sia stato drammatico quell'esonero lo spiega in maniera esauriente ciò che accadde nelle ore precedenti l'annuncio. I dirigenti del club felsineo andarono a casa sua a Roma per chiedergli di dimettersi – svela Repubblica – Non lo volevano più come tecnico, ma non volevano apparire come quelli che lo mandavano via in un periodo così difficile della sua vita. "Non mi dimetto, cacciatemi", fu la risposta. Lui non avrebbe mai mollato, era sicuro di riuscire ad invertire la rotta e risollevare la squadra. Aveva solo bisogno di tempo e un po' di fortuna, il coraggio ce lo avrebbe messo lui, come sempre.
Oggi anche il Bologna piange Mihajlovic e nelle parole del presidente Saputo si possono leggere ancora le sue difficoltà di allora e si esplicita la rilevanza avuta dalla malattia nella scelta di esonerarlo: "La decisione di sollevarlo dall’incarico, quando ormai era diventato impossibile proseguire un lavoro così complesso in queste difficili condizioni, è stata, come ho già avuto modo di dire, la più sofferta della mia intera gestione".
"La notizia della morte di Sinisa mi addolora profondamente dice Saputo – Sapevo che le sue condizioni erano molto peggiorate negli ultimi giorni, eppure mi sembrava impossibile poter ricevere, così presto, questo terribile annuncio. Con Mihajlovic perdiamo prima di tutto un uomo straordinario e mai banale, che sapeva alternare ai suoi celeberrimi atteggiamenti burberi una dolcezza e una simpatia fuori dal comune. Perdiamo inoltre un grande campione, che, da giocatore prima e da allenatore poi, ha dato tanto al calcio. Io, come presidente del Bologna, mi sento di esprimere ancora una volta la mia gratitudine nei suoi confronti per quanto ha fatto per il nostro club in questi tre anni e mezzo, nonostante la malattia lo avesse costretto a lunghi ricoveri e a cure dolorosissime".