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Westbrook e la moglie minacciati di morte dai tifosi Lakers: “Voglio che tutto finisca”

Il rapporto ai minimi termini tra l’ex MVP e l’ambiente Lakers è sfociato in durissime offese contro giocatore e famiglia. Al punto fa rendere necessaria una ferma condanna di Westbrook stesso.
A cura di Luca Mazzella
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Come si può stabilire se il tifo per una squadra e per un giocatore ha superato il limite? E quando inizieremo a farci domande su una cultura sportiva (sarebbe il caso di riferirsi alla cultura in senso lato) ogni giorno più tossica, divisiva e distruttiva? Può darci una piccola risposta Russell Westbrook, la point-guard dei Los Angeles Lakers arrivata in California in estate – pare previo lasciapassare della coppia LeBron James-Anthony Davis – e diventata ben presto il capro espiatorio del declino di una squadra in cui, complice una serie di mosse sanguinose in entrata ma anche in uscita, si dovrebbe quantomeno ipotizzare una divisione di responsabilità tra più giocatori, se possibile anche più rinomati di Westbrook, e non la caccia all'uomo come invece sembra prediligere tutto l'ambiente giallo-viola.

Nel giro di pochissime settimane, scemando dall'inizio della regular season fino ad oggi, si è parlato sempre meno della (non) difesa dei Lakers, sempre meno del preoccupante crollo fisico di un Anthony Davis che fatica ormai da 2 anni a trovare continuità, quasi mai di una centralità dannosa di LeBron James nelle scelte dirigenziali, per fare posto al bersaglio preferito di tifosi e addetti ai lavori, abile scudo dietro al quale si sono nascosti tutti gli artefici del disastro di Los Angeles senza mai porre un freno a una escalation nei toni che, inevitabilmente, avrebbe prima o poi colmato la misura: Russell Westbrook. Un giocatore che storicamente ha sempre diviso, attirato lodi e critiche, polarizzato la discussione. E che, come tale, è stato identificato fin troppo facilmente come obiettivo numero 1 di chi, tra social e Staples Center (oggi Crypto Arena), voleva ad ogni costo circoscrivere ad uno e un solo motivo la mediocrità dell'annata dei campioni NBA 2020.

Il punto di non ritorno nel rapporto tra Russell Westbrook e il mondo Lakers si è avuto forse due notti fa nella sfida contro San Antonio, in un flash immortalato da un tifoso evidentemente a distanza ravvicinata dal giocatore e in grado di captare in maniera chiara l'alterco tra l'ex MVP – entrato in una spirale tecnica negativa e ai peggiori numeri da anni a questa parte (minimo di punti dal 2010-11, anno dopo il quale ha sempre superato quota 20 compreso il 2016-17 da oltre 31 punti di media) – e un altro tifoso particolarmente polemico sugli spalti, che con qualche parola di troppo si era guadagnato la risposta diretta di un Westbrook furioso e risentito nel suggerire caldamente di non mancargli più di rispetto. Una scena su cui lui stesso è tornato poi a fine gara, affermando ai media presenti:

"Stiamo parlando solo  di uno sport, di un gioco capace di emozionare e di intrattenere per quanto unico. Perché mettere da parte questa componente e dare solo sfogo alla cattiveria? Mia moglie, io e tutta la mia famiglia abbiamo ricevuto minacce di ogni tipo nell’ultimo periodo, al punto tale provare vergognare nel vivere in una società del genere. La pallacanestro si presta ovviamente alle critiche, il mio attuale momento professionale si presta alle critiche. Basterebbe prendersela per questo e lasciare da parte i miei cari. Le minacce che abbiamo ricevuto sono disgustose e vigliacche e effetto della frustrazione di molti. Voglio che questo schifo finisca immediatamente"

"Mio figlio è orgoglioso di andare a scuola e di poter scrivere ovunque il cognome Westbrook, che ripete di continuo in modo orgoglioso. Non posso accettare che ci sia qualcuno che si diverte a creare giochi di parole poco eleganti storpiando le mie generalità. Sono "Westbrick” perché non tiro con buone percentuali? É vero, sono oggettivamente vergognose, ma questo non autorizza nessuno a mancarmi di rispetto e fare così del male a tutti i miei cari che a questo cognome sono legati. Non ho fatto del male a nessuno e non merito questo trattamento"

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La difesa di Steph Curry

A prendere le difese di Westbrook è intervenuto qualche minuto fa anche Steph Curry, che di fenomeni di hating ne ha vissuti a sua volta: "Quando abbiamo giocato a Los Angeles un paio di giorni fa gli ho detto che lo rispetto molto per il modo in cui ha gestito l'intera stagione e per come ha protetto la sua famiglia. Tutti quelli che hanno fatto cose incredibili in questa lega sanno cosa significa. Russ è un professionista e sono orgoglioso del modo in cui si sta comportando, lui sa che ci sono per lui e ha tutto il mio sostegno". Una vicinanza che tanti altri colleghi del numero 0 di L.A. stanno manifestando anche nei confronti della moglie, Nina, che appena 3 giorni fa aveva denunciato su Twitter di ricevere quotidianamente minacce di morte.

Nel frattempo, si rincorrono voci su un quasi sicuro addio in estate di Westbrook, che avrebbe tuttavia una player option di 47 milioni da esercitare per restare un ultimo anno in California. In alternativa, declinando l'opzione, per lui si apriranno le porte della free agency. E visto il clima ormai irrespirabile che si è creato attorno a lui, rinunciare a qualche milione per ritrovare quella serenità e quella gioia di giocare che al di là di ogni valutazione tecnica e tattica lo hanno da sempre contraddistinto, dovrebbe e potrebbe essere l'assoluta priorità da luglio in poi.

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