Soragna dice addio e sta con Datome: “Così in Nazionale è impossibile”
Uno degli ultimi protagonisti dell'argento olimpico di Atene 2004 lascia la pallacanestro. L'ex capitano azzurro Matteo Soragna appende le scarpette al chiodo, a 40 anni compiuti. Una vita sui palcoscenici della serie A fra Biella, Treviso e Capo d'Orlando. Un palmares con uno Scudetto, due Coppe Italia e una Supercoppa, ma soprattutto un bronzo europeo e un argento olimpico. Dice addio al basket poche settimane prima di compiere 42 anni.
L'addio arriva a novembre, dopo l'inizio dei campionati. Ha provato fino in fondo a cercare una squadra…
"Quest'estate è scaduto il mio contratto con Piacenza. Poi in realtà ci ho fatto un pensierino ad agosto, ma ho capito che era arrivato il momento. Il mio corpo mi diceva che dovevo smettere e così è stato".
Il nuovo Matteo Soragna a poche ore dal ritiro era a cantare e ballare nello studio di X Factor.
"È vero! A me e mia moglie piace molto. E quando possiamo andiamo ai live, è uno spettacolo pazzesco con un'acustica incredibile".
Ma il futuro non è quello del cantante…
"Direi di no! Il mio lavoro ora è quello di commentatore per Sky. Seguirò Nba, Ncaa e la Nazionale quando ci saranno le finestre. Mi piace parecchio. Poi la pallacanestro è il mio mondo, voglio restarci. Non dipende solo da me, serve pure un club che voglia puntare su di me… Intanto ho preso la tessera da allenatore".
La sua ultima esperienza ad alto livello è stata a Capo d'Orlando. I siciliani sono alla prima stagione in Europa. Che ne pensa?
"Un'esperienza spettacolare: per le persone, per il posto e per la società. Non è un caso che chi è stato lì poi vuole tornarci. Adesso fanno la Champions League, un'occasione per crescere. Sarà sicuramente una stagione dura, confermarsi non è sempre facile. A Capo d'Orlando però si lavora senza pressione, credo possano far bene".
In Sicilia è stato allenato da Pozzecco. Sempre con Pozzecco ha giocato in Nazionale. Il ricordo più bello con gli azzurri qual è stato?
"Senza alcun dubbio l'argento di Atene. Tutta l'avventura olimpica è stata incredibile: dal villaggio alla semifinale con la Lituania, fino alla premiazione con la medaglia al collo. E poco prima la vittoria con gli Usa".
Sconfiggere Duncan, James e Wade non deve essere male…
"Era un'amichevole, diciamo una parentesi divertente. La cosa più bella è che tutti ricordano quella gara. Restare nella memoria degli appassionati è straordinario".
Che ne pensa di questa Nazionale?
"Hanno aperto un nuovo ciclo con Meo Sacchetti. Devono costruire da principio, serve pazienza e tempo. Certo non poter contare su tutti i migliori è un danno".
L'infinito braccio di ferro fra Federazione e Eurolega è un problema per tutti.
"Non sta a me dire chi ha ragione, ma questa soluzione è pessima. Questo è un prodotto che non funziona. Quando giocavo in Nazionale esistevano delle finestre, ma si fermavano sia il campionato sia l'Eurolega. Così invece è impossibile passare da una trasferta di Eurolega in Russia a una gara di qualificazione in Spagna, per fare un esempio".
Si sente di giustificare la scelta di Gigi Datome di non andare in Nazionale?
"Assolutamente sì, qui non si tratta di preferire i soldi alla Nazionale. I giocatori professionisti fanno un lavoro e devono rispettare il proprio datore di lavoro. Con questo sistema giocare in azzurro e anche in Eurolega è impossibile".
Parliamo di campionato. Qual è la favorita?
"È giusto sia Milano, che ha speso di più e si è appena sbloccata in Eurolega. Hanno cambiato molto e hanno gerarchie chiare, ma il loro giocatore chiave per me è Micov. Dietro Milano ci sono Venezia e Avellino. Poi mi incuriosisce Torino, che ha molto entusiasmo intorno".
Che consiglio si sente di dare a due giocatori preziosi per il nostro basket che però giocano pochissimo a Milano, ovvero Abass e Fontecchio?
"Posso dire solo quello che ho fatto nella mia carriera. Quando capivo di non potere giocare ho preferito cambiare per poter avere più spazio. Credo che così si possa crescere più velocemente. Ma è solo la mia esperienza".
Una delle proposte per far riprendere il nostro basket è quella di mettere un numero minimo di italiani obbligatoriamente in campo. Ne ha parlato il nuovo direttore tecnico Boscia Tanjevic.
"Nei Paesi in cui questo è stato fatto non ha funzionato, non è questa la svolta. Ho grande stima di Tanjevic ma credo che la soluzione sia un'altra. Dobbiamo investire sui settori giovanili, fare reclutamento, premiando chi investe".