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Guerra in Ucraina

Riceve un’offerta per allenare un club russo e la rifiuta: “Se mi date un mitra vado al Cremlino”

Ainars Bagatskis, ex cestista lettone, oggi allena una squadra di Kiev ed è coach della nazionale ucraina. Assieme a sua moglie ha aiutato alcuni bimbi a sfuggire all’orrore della guerra. Pochi giorni dopo lo scoppio del conflitto ha ricevuto una proposta da un club russo, la sua reazione è stata istintiva.
A cura di Maurizio De Santis
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Ainars Bagatskis, il tecnico della squadra di basket di Kiev e della nazionale ucraina ha raccontato qual è stata la proposta shock ricevuta.
Ainars Bagatskis, il tecnico della squadra di basket di Kiev e della nazionale ucraina ha raccontato qual è stata la proposta shock ricevuta.
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Pochi giorni dopo l'invasione dell'Ucraina squilla il cellulare di Ainars Bagatskis. All'ex cestista lettone, oggi 54enne e allenatore, arriva una proposta di collaborazione dalla Russia. Il coach della squadra di basket di Kiev e della nazionale ucraina riceve quel che sembra la più classica delle offerte che non si possono rifiutare. Non ci crede. Strabuzza gli occhi. Scuote la testa. Si dà un pizzicotto sulla guancia e fa un sorriso. Sbuffa, pensa si tratti di uno scherzo, di un abbaglio clamoroso.

Lui, che assieme alla moglie Ilze ha organizzato il trasferimento in Lettonia di alcuni bambini in fuga dalla guerra scatenata da Putin, come avrebbe mai potuto accettare un contratto del genere? Lui, che è rimasto bloccato con la selezione in Spagna e per la chiusura dello spazio aereo non è potuto rientrare in Ucraina, come avrebbe mai potuto anche solo immaginare di voltare le spalle e mollare tutto? Lui, che da quella gara di Cordova (valida per le qualificazioni ai Mondiali 2024) è rimasto fermo, cosa avrebbe dovuto rispondere?

Ainars Bagatskis, ex cestista lettone, ha condannato senza remore l'invasione sferrata dalle truppe russe.
Ainars Bagatskis, ex cestista lettone, ha condannato senza remore l'invasione sferrata dalle truppe russe.

Bagatskis ha raccontato tutto – ma senza fare il nome della squadra che lo ha contattato – in un'intervista durante il podcast di Sportja Studijas. Lo ha fatto ribandendo la condanna assoluta del conflitto e dell'invasione sferrata dall'esercito russo. Ha usato parole molto chiare, pronunciate d'impulso, le prime che gli sono sgorgate dal cuore, quelle che fuor di metafora spiegano bene quale siano state la reazione emotiva rispetto all'approccio e le frasi riferite dal suo agente alla società. "Ho detto loro: se mi date una mitragliatrice arrivo anche al Cremlino… – ha esclamato con grande stupore -. Ma sono pazzi? Come hanno potuto farmi una proposta simile? Mentre la Russia è governata da un dittatore, lavorare lì è un tabù".

Le parole del coach descrivono il clima surreale in cui si sono trovati i giocatori della nazionale.
Le parole del coach descrivono il clima surreale in cui si sono trovati i giocatori della nazionale.

Una replica piccata, in linea con quanto aveva ammesso durante l'intervista rilasciata a jauns.lv (organoz d'informazione on-line lettone) dove descrisse il clima surreale in cui la squadra svolgeva allenamenti. "Una situazione anomala, non era possibile prepararsi con professionalità né mantenere la concentrazione. Quando ci siamo riuniti abbiamo discusso di quel che stava accadendo… tutti avevano i cellulari in mano, distratto dalle notizie. In momenti del genere in campo c'è solo una maglia che ha un numero e un nome… un corpo che la indossa ma la testa e l'animo sono altrove".

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