Pau Gasol racconta cosa fece Kobe Bryant per lui quando arrivò ai Lakers: così si comporta un leader
Pau Gasol è stato non solo un compagno di Kobe Bryant nei Los Angeles Lakers dei due titoli NBA vinti nel 2009 e 2010, ma anche un amico vero del campione tragicamente morto a 41 anni – assieme alla figlia Gianna – nell'incidente dell'elicottero su cui volava. Era il 26 gennaio del 2020 e in questi anni il cestista spagnolo non ha mai mancato di spendere parole meravigliose per Kobe, così come di stare vicino alla vedova Vanessa e alle altre tre figlie, considerate parte della propria famiglia.
Qualche giorno fa, il 43enne Gasol – ritiratosi due anni fa dopo aver disputato le sue quinte Olimpiadi – ha raccontato un episodio che spiega cosa significhi essere un leader meglio di ogni canestro segnato sulla sirena o iconico fadeaway. Lo spagnolo approdò ai Lakers nel 2008 dai Memphis Grizzlies e rimase di sasso quando nel suo albergo si presentò qualcuno a sorpresa. Qualcuno che sapeva bene cosa serve per vincere: creare una squadra che non sia semplicemente la somma dei singoli e renderla coesa verso un obiettivo comune.
"È venuto a trovarmi in albergo a Washington, prima ancora che arrivassi negli spogliatoi, e mi ha detto: ‘Benvenuto, sono molto emozionato che tu sia qui. Ora vinceremo l'anello'. È un gesto che ti fa sentire speciale. A tutti noi piace sentire che diamo valore e che siamo apprezzati, ma anche che ci indichino chiaramente gli obiettivi che ci si aspetta da noi. Kobe lo ha fatto dal primo secondo in cui sono atterrato e mi sono unito alla squadra", ha detto Gasol in un video su YouTube per Telefonica.
Non erano peraltro semplici frasi di circostanza per motivare il nuovo compagno, visto che alla fine di quella stagione i Lakers si misero al dito l'anello di campioni NBA, battendo in finale 4-1 gli Orlando Magic. MVP delle Finals ovviamente fu Kobe, che mise in bacheca il quarto dei suoi cinque titoli.
"Quando fai parte di una squadra devi avere cura di come tratti le persone. Rivolgiti a ogni persona con rispetto, saluta tutti, indipendentemente dal loro ruolo nella squadra, che siano i fisioterapisti, i magazzinieri, i bambini che raccolgono i rimbalzi o quelli che aiutano i tifosi a sedersi allo stadio. Non solo crei un ambiente più piacevole, ma anche più produttivo perché tutti si sentiranno parte del gruppo, indipendentemente dal fatto che giochino o meno", ha concluso Gasol, oggi membro del Comitato Olimpico Internazionale, fondatore e presidente della Gasol Foundation. Un uomo d'affari e filantropo che ha saputo fare tesoro della lezione del suo grande e vincente amico.