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Nikola Jokic molto più di un MVP: è qualcosa di mai visto prima nella NBA

L’ennesima prestazione di portata storica del lungo dei Nuggets dovrebbe valere molto più del secondo MVP. Jokic è già oggi qualcosa di mai visto nella storia.
A cura di Luca Mazzella
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Chiudere una partita NBA con 30 punti, 4 rimbalzi, 3 assist, 1 palla recuperata e 1 stoppata, tirando 10/11 dal campo e 9/9 dalla lunetta, non è semplicissimo. Vuol dire essere innanzitutto estremamente precisi, concedersi poche sbavature e passaggi a vuoto, controllare il gioco in più aspetti, incidere su due metà campo, non trovare valide opposizioni nella difesa. Ecco, la statline menzionata riguarda gli ultimi 15 minuti della partita di stanotte di Nikola Jokic contro i New Orleans Pelicans. 15 minuti giocati tra ultimo quarto e overtime che sono poi risultati decisivi per la vittoria dei Denver Nuggets e che hanno contribuito ad un bottino finale che, per quantità e qualità, non ha paragoni nella storia NBA, tranne quando si parla di un altro giocatore appartenente a un basket di un'altra era.

Jokic ha infatti chiuso a 46 punti, 12 rimbalzi, 11 assist, 4 stoppate e 3 palle recuperate con 16/22 dal campo, e per trovare un'altra gara del genere con una tripla doppia da 45 punti e il 70% al tiro si deve scomodare il record-man per eccellenza della lega, Wilt Chamberlain. Una leggenda che il lungo serbo in realtà ha più volte avvicinato, raggiunto e anche detronizzato in diverse clamorose voci statistiche, rivelando anche all'occhio più scettico come ormai nel parlare del numero 15 di Denver, MVP in carica della lega, si debba davvero fare riferimento a uno dei lunghi più forti che la pallacanestro abbia sfornato e non solo allo strafavorito per bissare il premio anche quest'anno.

Più "valuable" di così…

Quando a fine stagione l'NBA premierà l'MVP, il Most Valuable Player 2021/22, si troverà come ogni anno a dover fare delle valutazioni su una lista interminabile di fenomeni che per ragioni diverse ritengono, a furor di popolo, di avere argomenti validi per alzare la statuetta. Detto che di tutte le superstar NBA Jokic sembra realmente – in perfetto stile con il personaggio – il giocatore meno interessato del mondo a collezionare trofei e record, sarà molto difficile trovare eventuali spiegazioni a un premio consegnato a qualcuno di diverso dal nativo di Sombor. Che per impatto sulla sua squadra (orfana di secondo e terzo miglior giocatore del roster, ovvero Jamal Murray e Michael Porter Junior) in termini di vittorie e sconfitte sta dimostrando sera dopo sera il significato della parola "valuable" in termini di influenza positiva sul proprio contorno.

Da una rapidissima controllata su uno dei tanti siti specializzati in materia analytics nba (clealingtheglass.com), scopriamo come la presenza in campo di Nikola Jokic sposti, da sola, un numero complessivo di 46 vittorie per i Nuggets: 64 contro 18. In parole povere, senza di lui Denver varrebbe la miseria di 18 partite vinte e si troverebbe in piena lottery e con quella che guardando i record attuali delle squadre più modeste NBA, sarebbe la peggiore delle 30 squadre della lega.

Il modo in cui il serbo riesce a elevare il livello dei suoi modesti compagni (Denver porta 5 giocatori in doppia cifra dai 14.8 di Will Barton ai 10.3 di Jeff Green) con un'innata capacità di manipolare le difese avversarie e sfruttare la sua incredibile visione di gioco per anticipare i loro movimenti e le loro scelte, non ha eguali non solo nel panorama attuale ma, considerata anche la stazza, nella storia del gioco. Jokic ha infatti rivoluzionato a suo modo il concetto di lungo, storicamente cristallizzato tra i big-men vecchia scuola e la nuovissima generazione di "unicorni", i 7 piedi in grado di tirare da 3, dando al ruolo un'accezione del tutto diversa e aggiungendo alle caratteristiche del classico lungo moderno in grado di giocare spalle e faccia a canestro un playmaking e una capacità di creare tiri per se e per i compagni che nessun altro giocatore di queste dimensioni è mai riuscito a mostrare.

Denver vuole blindare il suo fenomeno

La franchigia del Colorado ha anzitutto il merito di aver prima scelto con la chiamata numero 41 un giocatore di cui si intravedeva il potenziale ma che tutti prevedevano limitato da problemi di peso e da una scarsa etica del lavoro, e poi di essere riuscita a toccare le corde giuste per trasformare il talento pigro ammirato nei primissimi anni in un giocatore decisamente "committed", come direbbero in America, e che dai famosi Playoffs giocati nella bolla di Orlando sembra essersi posto l'obiettivo di portare un anello a Denver, lavorando incessantemente proprio su quegli aspetti che dopo le prime stagioni tutti prevedevano potessero essere un limite invalicabile ovvero peso e difesa, peraltro legati tra loro.

Lavorando in maniera certosina sulla forma fisica, mobilità laterale e anche verticalità oggi Jokic sembra un lontanissimo parente delle primissime versioni ammirate, quando col passare dei minuti e col progredire della stagione in tanti evidenziavano come il suo scarso effort in difesa fosse un malus per Denver. Oggi il serbo è diventato un giocatore in grado di determinare le vittorie persino con giocate clutch nei pressi del suo ferro: sono infatti 3 le "winning block" in stagione.

E i Nuggets, che attorno al suo talento hanno costruito un roster tanto funzionale quanto sfortunato finora visti gli infortuni occorsi in serie a Murray e Porter, vicini però al rientro, sono non a caso pronti a legarsi a vita al loro fenomeno offrendogli in estate – come confermato dal suo agente – il più ricco contratto mai visto nella storia NBA: tra i 255 e i 270 milioni di dollari per 5 anni. Un modo per confermare anzitutto la fiducia e la gratitudine, ma anche per blindare la pietra miliare attorno a cui tentare la scalata all'anello. Un anello che complici le difficoltà dei Warriors, la crisi dei Lakers, le lacune dei Jazz e un gruppo ancora acerbo come i Grizzlies, vedrebbe la Denver al completo in grado di sfidare i Phoenix Suns già in questa post-season, a caccia delle Finals e in attesa di capire chi uscirà dalla giunga dell'Est. Con Nikola Jokic vincere non può essere solo una possibilità, ma un obiettivo da centrare fin quando il lungo continuerà a dimostrarsi una delle perle più rare mai viste nella storia del basket.

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