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Nikola Jokic gioca da MVP: il serbo meriterebbe di bissare il premio dello scorso anno

Dopo quasi un terzo di stagione, ipotizzare un nuovo premio di MVP per il centro dei Nuggets non è eresia. Il rendimento di Luka Jokic è straordinario anche in questa stagione.
A cura di Luca Mazzella
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Siamo nel campo delle provocazioni, forse. Con due squadre nettamente più avanti delle altre 28 per record, rendimento e performance del roster preso per intero, vale a dire i Golden State Warriors e i Phoenix Suns (21-4 e 20-4, saldamente in cima alla Western Conference) guidate rispettivamente da Steph Curry e Chris Paul, e pur mancando ancora oltre 50 gare alla fine della stagione regolare, è scontato che se oggi la lega dovesse scegliere di premiare il Most Valuable Player della stagione (MVP) non andrebbe tanto lontano da San Francisco, virando in subordine verso il deserto dell'Arizona o nella Grande Mela, dove sponda Brooklyn c'è un Kevin Durant unica vera nota lieta dei Nets in balìa delle (non) decisioni di Kyrie Irving e dei problemi fisici che stanno rallentando James Harden.

Il tutto senza dimenticare il campione NBA Giannis Antetokounmpo, che nel silenzio generale sta confermando i numeri mostruosi che gli sono già valsi per due volte la statuetta. Eppure, per quanto la pessima ottava posizione in classifica con un record che galleggia di poco al di sotto e al di sopra del 50% (attualmente 12-13, a mezza partita dai Mavs, dietro le due squadre di L.A. e con un margine ancora rassicurante sul nono posto dei Minnesota Timberwolves) a seconda del mini-filotto di vittorie o sconfitte, non sia praticamente mai stato associata al premio di MVP del giocatore più rappresentativo della squadra in questione, il rendimento di Nikola Jokic, che quel titolo lo sta difendendo dopo la clamorosa annata 2020-21, rende straordinariamente possibile ipotizzare un bis.

Nonostante il 15 di Denver figuri attualmente al quarto posto dell'NBA Mvp ladder, aggiornato ogni settimana sul sito ufficiale della lega, la qualità unita all'efficienza del gioco del nativo di Sombor sta avendo pochi eguali non solo nella stagione corrente, ma in tutta la storia NBA.

Predicatore nel deserto

Partiamo da una certezza: con Jamal Murray ancora ai box e alle prese con il recupero dal secondo infortunio grave subito al ginocchio e in seguito alla recente operazione resasi necessaria per la schiena malconcia di Michael Porter Jr, Nikola è rimasto solo. Ma di una solitudine che davvero fa paura e quasi tenerezza nel constatare poi come il lungo stia comunque tenendo a galla la squadra.

La tripla doppia da 39 punti (11 dei quali nell'overtime), 11 rimbalzi e 11 assist con 17/23 al tiro (solo tre giocatori nella storia della lega hanno realizzato una tripla doppia da 30 punti e 70% al tiro: Magic Johnson, Wilt Chamberlain e Oscar Robertson), paragonata ai 49 punti, 13 rimbalzi e 11 assist con 17/41 al tiro di tutti gli altri starters della squadra assieme nella partita di due notti fa contro i Pelicans unita a quella di stanotte contro San Antonio fotografano nel migliore dei modi il ruolo da predicatore nel deserto recitato dall'MVP in carica le cui prestazioni, non ce ne vogliano i buoni Will Barton o Monte Morris e considerando Aaron Gordon un giocatore di cui si continua a guardare con ottimismo al potenziale perdendosi un presente inconsistente (10 punti contro NOLA, 25 gli Spurs) e in cui comunque le sue caratteristiche ben si sposerebbero col basket che la squadra continua ad avere in mente di giocare una volta ristabiliti tutti i suoi titolari, ad oggi restano l'unica via possibile per i Denver Nuggets per restare aggrappati al treno Playoff senza passare per l'insidia del torneo Play-in.

Si può quindi affermare senza timore di essere smentiti che, se non fosse per Jokic, la squadra del Colorado con tutte le defezioni appena elencate sarebbe saldamente in zona lottery a giocarsi una delle ultime posizioni nella Western Conference. Se questo non avviene è esattamente per il basket celestiale che Jokic sta mostrando.

Numeri storici

Sebbene la cavalcata di Golden State finirà, proseguendo così, per far premiare Curry nonostante a complemento della sua incredibile stagione (che a breve si arricchirà del sorpasso per maggior numero di triple nella storia NBA ai danni di Ray Allen) ci sia un roster che sta sostenendo, sopperendo, spesso anche sostituendo il suo effort in campo nei minuti in cui è panchina, contribuendo in maniera decisiva alle vittorie della squadra, ci sono svariati numeri a sostegno di quella che a tutti gli effetti sarebbe un bug nel sistema NBA. Che, giova ricordarlo, ha quasi sempre preferito premiare il miglior giocatore della miglior squadra con l'eccezione storica di Russell Westbrook versione tripla doppia di media, a rompere un record che durava da mezzo secolo, nonostante il sesto posto dei suoi OKC Thunder.

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Jokic, in forza di un settimo/ottavo posto attuale che potrebbe addirittura peggiorare visto lo scarso sostegno del supporting cast, potrebbe sin da ora rinunciare a velleità da MVP. Che per inciso, non è mai sembrato il suo reale obiettivo. Eppure i suoi 26 punti, 13.4 rimbalzi e 7 assist di media con il 59% dal campo uniti soprattutto al miglior PER (Player Efficiency Rating, una statistica che misura l'impatto del giocatore unendo più parametri) della storia NBA con 34.0 e alla guida di ogni ulteriore metrica avanzata (Win Shares su 48 minuti, Box plus/minus, offensive e defensive plus/minus: non abbiate paura, sono tutti numeri che "pesano" il contributo del singolo giocatore sulle vittorie della squadra e sul rendimento offensivo e difensivo di questa) sono un mix statistico (che supporta un riscontro visivo che dà ancora maggiore soddisfazione) che potrebbe far accadere l'imponderabile, almeno stando alle consuetudini NBA. A lui continuerà ad interessare meno di zero, ma oltre i pazzeschi video e le giocate da copertina di un leggendario Steph, c'è la possibilità di un secondo MVP in archivio. E avrebbe del clamoroso.

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