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NBA trade deadline: i Boston Celtics e le altre deluse dal mercato

La trade deadline era l’occasione giusta per tante squadre. Il fermento delle ore finali di giovedì ha però giocato brutti scherzi ad alcune, e confermato la mancata capacità di altre di rimediare agli errori di qualche mese fa. Su tutte, inutile girarci attorno, i Boston Celtics e il loro preoccupante immobilismo.
A cura di Luca Mazzella
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Per una Miami uscita rafforzata più di ogni altra dalla trade deadline e per il coraggio di Orlando e Chicago di iniziare la rivoluzione, in modi diversi, ci sono tante altre squadre che in questo mercato hanno preferito limitare i danni o aggiungere il minimo necessario nonostante aspettative e tempi ormai maturi per il salto di qualità. Lasciando aperti mille interrogativi sul loro futuro a breve termine.

Boston Celtics

Nel giro di 3 stagioni Boston ha visto partire Al Horford, Kyrie Irving e Gordon Hayward. In cambio, per quelli che rappresentavano rispettivamente il giocatore tecnicamente più importante della squadra e i due super-max players dai quali la franchigia si aspettava risultati e fedeltà, i Celtics non hanno praticamente ricavato nulla essendo tutti partiti in scadenza di contratto (Hayward via sign-and-trade). La famosa trade exception di oltre 28 milioni generata dalla cessione di quest'ultimo si è trasformata in un giocatore di sostanza, scorer di livello e forse fin troppo sottovalutato negli anni di Orlando come Evan Fournier (in cambio di due seconde scelte, quindi per poco o nulla), ma da una squadra in rampa di lancio da più stagioni veder salire e aggiungere sempre più tasselli ai vari Bucks, Sixers, Nets e Heat era lecito attendersi molto ma molto di più. Aaron Gordon e Harrison Barnes non sono stati evidentemente ritenuti i giocatori capaci di svoltare un'annata ormai deludente e un progetto fermo al palo, ma rimandare di continuo la mossa decisiva per affiancare a Jayson Tatum e Jaylen Brown le pedine necessarie per ambire all'anello sta emotivamente compromettendo gli equilibri interni di un roster giovane e stufo di rimandare sempre l'affondo decisivo. Una timida luce potrebbe arrivare dal mercato dei buyout, ma il nome di Andre Drummond scalda poco il cuore dei tifosi e non rappresenterebbe comunque l'uomo della svolta.

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Houston Rockets

Poco più di due mesi fa, per lasciar partire James Harden, gli Houston Rockets avevano rifiutato due giovani dal futuro assicurato come Caris LeVert e Jarrett Allen da Brooklyn, facendo di fatto inserire nella trade gli Indiana Pacers per aggiungere Victor Oladipo e poter decidere del suo futuro (contratto in scadenza) anziché vincolarsi col contratto su più anni di LeVert o con un lungo accordo che Allen sta cercando oggi dai Cleveland Cavs, quarto team inserito nel maxi-scambio. Dopo due settimane dall'approdo in Texas però Oladipo ha fatto intendere di ambire a una nuova squadra, ha rifiutato l'estensione e giovedì, proprio sul gong, è stato praticamente regalato a Miami senza ottenere di fatto nulla di meglio di due pessimi giocatori (Avery Bradley infortunato da mesi e Kelly Olynyk, non esattamente Dirk Nowitzki) e uno swap sulla scelta 2022 (diritto di scambiare la propria con quella degli Heat, che però sarà verosimilmente più bassa). Un fallimento senza mezzi termini chiuso con quella che in tanti stanno già definendo la peggior trade della storia NBA. Per coach Silas, apparso disperato dopo la striscia di ben 20 sconfitte consecutive, si prospettano anni davvero bui e i tanti giovani pescati tra draft e occasioni a prezzo di saldo (Kevin Porter Jr è destinato a fare grandi cose).

Atlanta Hawks e Los Angeles Clippers

Hawks e Clippers hanno scambiato i rispettivi problemi. Rajon Rondo non è mai stato capace di essere qualcosa di diverso da un giocatore inutile nei primi mesi in Georgia, Lou Williams in California invece era finito ai margini del roster dopo le famose diatribe interne degli scorsi Playoffs. I Clippers aggiungono il tanto agognato playmaker (perdendo però il vantaggio del contratto in scadenza di Sweet Lou), mentre Atlanta consente al figliol prodigo di ritirarsi e sparare le ultime triple in un contesto con meno pressioni e in un ambiente a lui già noto, avendo indossato la canotta Hawks dal 2012 al 2014. In più, gli Hawks non sono riusciti a scambiare John Collins nonostante fosse ormai tra i sicuri partenti da mesi, e mentre il giocatore oggi giura fedeltà eterna e in campo colleziona prestazioni su prestazioni memorabili, la squadra si è giocata lo spazio sufficiente con le firme estive di Gallinari e Bogdanovic e deve inventarsi una via d'uscita tra pochi mesi.

Los Angeles Lakers

Avere in squadra LeBron James e Anthony Davis fa dormire sonni tranquilli, ma se esisteva una chance di affiancare alle 2 super-star un giocatore come Kyle Lowry non c'era da tergiversare, soprattutto se l'oggetto del contendere si chiama Talen Horton-Tucker. La franchigia californiana punta molto sul giovane e quasi sicuramente ha rimandato alla off-season il prossimo appuntamento con il playmaker di Toronto, sicura di riuscire a non perdere troppo terreno nelle prossime settimane in attesa di recuperare i suoi 2 fenomeni. Scelta che potrebbe pagare tantissimo (se nelle prossime partite il roster dovesse responsabilizzarsi e crescere in assenza dei 2 leader) o rivelarsi sanguinosa in caso di tracollo e Playoffs a rischio. Ai posteri l'ardua sentenza, o più semplicemente alla firma di Andre Drummond da free-agent, che cambierebbe e in meglio la valutazione.

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