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NBA Finals: Milwaukee è ancora viva, nel segno di un mostruoso Giannis da 41 punti

Il greco, spalle al muro e con la possibilità di trovarsi sotto 0-3 dicendo addio al sogno anello, sfodera una prestazione “for the ages” da 41 punti e 13 rimbalzi e trascina i Bucks al punto del 2-1, aiutato da un finalmente incisivo Jrue Holiday. Nei Suns serata no per Devin Booker. Nella notte tra mercoledì e giovedì ci sarà gara 4.
A cura di Luca Mazzella
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Missione compiuta, abbiamo ancora una serie e delle Finals. Dopo le prime due nette vittorie dei Phoenix Suns in Arizona, l’aria di casa fa benissimo ai Milwaukee Bucks che approfittano subito del calore del pubblico amico per accorciare la distanze nella prima sfida giocata in Wisconsin. La squadra di Mike Budenholzer si impone per 120-100 grazie a una monumentale prestazione di Giannis Antetokounmpo, in versione leader fisico, atletico e soprattutto emotivo del gruppo. Il 2 volte MVP corona infatti quella che ad oggi potrebbe essere – considerato il peso specifico della posta in palio – la miglior partita della sua carriera, con 41 punti, 13 rimbalzi, 6 assist e un pauroso 14/23 dal campo. La notizia ulteriormente positiva è il 13/17 con cui Giannis tira dalla lunetta, suo tallone d'Achille per tutti i Playoffs, unitamente al tipo di canestri segnati che la dice lunga su come basterebbe "poco" a innescare tutto il suo strapotere fisico sfruttandone al meglio le caratteristiche.

La gara di Antetokounmpo è stata infatti un susseguirsi di canestri ravvicinati, con movimenti di potenza spalle al canestro, tagli dopo aver bloccato nel pick and roll, rimbalzi offensivi e conclusioni in transizione, con pochissime situazioni statiche di uno contro uno nelle quali è ormai palese che il 34 abbia ancora enormi difficoltà. Stanotte invece, contro il muro issato dalla difesa di Phoenix che come sempre attendeva con 3 uomini nel pitturato le penetrazioni di Giannis, sono stati Jrue Holiday (4 triple consecutive nel terzo periodo) e un Khris Middleton in ripresa dopo la pessima gara 2, a punire dal perimetro i Suns e guadagnarsi le attenzioni di una difesa che ha liberato inevitabilmente spazi per Antetokounmpo, bravissimo a punire con la sua fisicità le scelte di Monty Williams.

La partita, condotta da Phoenix in un primo quarto dominato da DeAndre Ayton (fattore nel primo tempo e limitato dai falli nel secondo) e dai midrange di Chris Paul (anche lui calato sulla distanza), ha vissuto di un primo grande scossone nel secondo quarto, vinto dai Suns 35-17 con un parziale di 20-6 che ha dato il là al primo allungo, e di un secondo e definitivo break nel terzo, con un parziale di 16-0 all'interno di un 24-6 che ha scavato un gap irrecuperabile tra le due squadre proprio nel momento in cui i Suns erano stati capaci di risalire con un clamoroso terzo quarto di Cam Johnson. Tutto, come detto, nel segno del terzetto Antetokounmpo-Holiday-Middleton che hanno realizzato o assistito 96 dei 98 punti segnati da Milwaukee nei primi 36 minuti concedendosi poi riposo e comoda gestione del vantaggio salito fino a 20 punti nell'ultimo quarto.

La gara storica di Giannis

42 punti e 12 rimbalzi in gara 2, 41 più 13 stanotte. Come solo Shaq aveva fatto nella storia NBA, il figlio di Sepolia chiude la seconda gara di fila da 40+10 confermando dei numeri alle Finals finora mostruosi e che stanno scomodando i più grandi di sempre. 103 punti nelle prime 3 apparizioni in carriera alle Finals sono infatti il quarto maggior numero di punti segnati dopo i 122 di Rick Barry nel 1967, i 106 di Allen Iverson nel 2001 e i 104 di Willis Reed nel 1970. Un elenco di nomi che fa tremare al solo accostamento l'MVP 2019 e 2020, che nella prima partita da dentro-fuori (una sconfitta di fatto avrebbe consegnato l'anello ai Suns) ha dimostrato di saper essere un assoluto trascinatore, pronto anche a cambiare strada facendo il suo gioco per arrivare alla vittoria, sfruttando come detto spazi diversi (24 punti nel pitturato, secondo miglior score di sempre dopo i 25 di LeBron James nel 2017 e Shaq nel 2004) ma anche scaricando spesso e volentieri la palla coi tempi giusti, senza mettere fuori-ritmo i compagni con possessi troppe volte a lungo nelle sue mani. C'era addirittura chi sosteneva che questi Bucks giocassero meglio senza di lui: non poteva esserci risposta migliore a critiche del genere.

Partita da dimenticare per Devin Booker

L'asticella che Devin Booker ha messo per le sue prestazioni in questa post-season fa sì che una brutta prestazione come quella di stanotte (3/14 al tiro, 1/7 da tre, – 13 di plus/minus, la peggiore di questa post-season) risalti ancora di più nonostante si parli pur sempre di un ragazzo alle prime Finals e ai primi Playoffs della carriera. La scarsa precisione al tiro, assieme a un nervosismo che non è riuscito a mascherare nella prima grande chance di portarsi a una vittoria dal titolo, ha regalato una serata da dimenticare per Devin, dalle cui mani passano tante delle fortune dei suoi.

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In realtà, oltre alla shooting guard di Phoenix sono tanti a non brillare, su tutti Mikal Bridges, autore di 27 punti in gara 2 e limitato a soli 4 nella notte, e più in generale è una brutta serata al tiro da fuori (9/31) dopo le 20 triple di gara 2 a punire in modo severo Phoenix, per la prima volta sembrata davvero non avere il controllo della feroce ondata offensiva di Milwaukee, che nel terzo quarto ha fatto terra bruciata stroncando ogni tipo di speranza di rimonta dominando la sfida sul piano fisico e stravincendola sotto canestro (13 rimbalzi offensivi contro 6 degli ospiti, 20-2 i punti da seconda chance). Di positivo c'è che i Suns sono ancora padroni del loro destino e con una vittoria in gara 4 chiuderebbero comunque virtualmente i conti. Di negativo c'è che se Giannis è questo e Budenholzer dimostra di saper fare non uno, ma dieci passi indietro nello sfruttare il corpo del greco, di armi a disposizione di Monty Williams per arginare The Greek Freak ce ne sono davvero poche.

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