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Miami è prima nella Eastern Conference in NBA: il capolavoro della “Heat Culture”

Più forti delle defezioni: la squadra di Erik Spoelstra cambia interpreti, ma resta competitiva ai massimi livelli. Questa è la Heat Culture.
A cura di Luca Mazzella
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Non è certo la vittoria della notte contro i Los Angeles Lakers il pretesto per scrivere dei Miami Heat, 30-17 di record e primo posto in solitaria nella Eastern Conference. Sarebbe fin troppo ingeneroso nei loro confronti, nonostante dopo un primo tempo abbondantemente controllato ci sia stata la rimonta di LeBron e soci, paragonare il basket collettivo che stanno giocando Jimmy Butler e compagni a quello disfunzionale e isterico dei campioni NBA 2019-20, in profonda crisi tecnica e di identità. Eppure, a maggior ragione constatando quanto male se la passi una delle squadre per molti accreditata al titolo finale, quello che in questa prima parte abbondante di 2021-22 stanno facendo gli uomini allenati da Erik Spoelstra ha del miracoloso.

La franchigia della Florida, partita indubbiamente già ad ottobre con legittime aspettative di guastafeste tra i campioni in carica dei Milwaukee Bucks e gli acclamati favoriti Brooklyn Nets del trio Irving-Harden-Durant, ha dovuto infatti fare i conti con defezioni continue dovute non solo a covid, ma anche a infortuni piuttosto seri dei suoi giocatori più importanti, arrivando di fatto a schierare sinora per sole 14 volte il terzetto Lowry-Butler-Adebayo su 47 partite, e diventando la squadra che da inizio anno è stata costretta a utilizzare più volte quintetti diversi.

La forza di Miami oltre le assenze

Sulle 47 gare disputate infatti, sono ben 25 quelle saltate dal centro (infortunio e operazione alla mano destra), 18 quelle di Jimmy "Buckets" (prima tallone, poi caviglia) e 8 quelle della point-guard campione NBA coi Toronto Raptors (protocollo covid-19), alle quali si sono aggiunte a turno altre pesantissime assenze tra il candidato a Sesto Uomo dell'Anno Tyler Herro (covid-19), fuori per 9 partite, e del veterano Markieff Morris, che dal fallo subito da Nikola Jokic nella famosa rissa tra le due squadre con tanto di interessamento dei fratelli del serbo, non è ancora rientrato saltando quindi la bellezza di 37 gare. Della Miami pensata quindi a inizio stagione, per oggi, ci sono ben poche tracce e tutto lasciava prevedere che in qualche modo la squadra finalista nella bolla di Orlando potesse risentire delle continue alternanze di giocatori e dei tanti quintetti sperimentali schierati nelle ultime settimane. E invece…

L'espressione massima della Heat Culture

E invece gli Heat hanno confermato di essere davvero molto più di una semplice squadra, come il motto #HeatCulture tende sempre a ricordare: nel momento di massima difficoltà, coach Spoelstra è riuscito ad ottenere il massimo con una chimica tutta nuova poggiata su elementi non certo da copertina, che hanno evidenziato come il lavoro della dirigenza e dello staff tecnico continui ad essere di primissima qualità, arrivando a pescare giocatori sconosciuti ai più ma dal rendimento garantito. Così si spiega un mese di dicembre seguito dalle prime 2 settimane di gennaio in cui a turno giocatori come gli esterni Gabe Vincent, undrafted (cioè non scelto da nessuna squadra nelle 60 chiamate del draft) e Max Struss, anche lui undrafted, più il centro turco Omer Yurtseven, ovviamente undrafted assoluto protagonista sotto i tabelloni con 13.6 punti e 13.9 rimbalzi a partita nelle prime 10 partite giocate da titolare (con il 54.5% al tiro).

E ancora: Caleb Martin, 2 stagioni anonime in casa Hornets e oggi specialista da 9.7 punti a partita, e addirittura Kyle Guy, firmato con la hardship excpetion di 10 giorni e in campo per 9 partite e oltre 15 minuti di media. Insomma, in casa Heat possono cambiare gli interpreti, ma non cambiano intensità e energia messe in campo. La Miami che finora ha contato su elementi così marginali sulla carta e fatto a meno per gran parte delle 47 partite del suo quintetto-tipo ha il terzo miglior attacco della NBA (113.1 di Offensive Rating, punti ogni 100 possessi) e nonostante tutto l'ottava miglior difesa (108.4 di Defensive Rating), oltre a essere quinta per Net Rating, che calcola la differenza tra i due indici offensivi e difensivi. Numeri che non dicono tutto ovviamente, ma testimoniano la bontà di un progetto che tra scouting e player development si continua a rivelare una assoluta eccellenza della lega.

Le difficoltà rendono più forti

La cosa che oggi deve spaventare di più le avversarie di Miami è sapere che, rientrati in pianta stabile tutti i titolari, con molte meno fatiche degli avversari sulle gambe visti gli stop per covid o problemi fisici, la panchina a disposizione di Spoelstra sarà esponenzialmente più profonda perchè proprio i giocatori diventati protagonisti negli ultimi 2 mesi diventeranno elementi temibilissimi della second-unit, e in forza dell'esperienza da titolari maturata in questo periodo saranno decisamente più pronti delle panchine delle altre contender. Di necessità virtù, questo è il motto in Florida. E superata la tempesta, al tavolo delle contender, gli Heat sono pronti a recitare un ruolo di primissimo piano.

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