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Miami è ancora viva in NBA nel segno di Jimmy Butler

Dopo la brutta serie di sconfitte che li ha fatti sprofondare fino alle ultimissime posizioni della Eastern Conference, Miami ha ritrovato il suo condottiero Jimmy Butler. Con lui, la squadra ha tutt’altra energia e i risultati parlano chiaro: gli Heat di Butler fanno di nuovo paura oggi. Ma basterà per ripetersi?
A cura di Luca Mazzella
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La cavalcata Playoffs della scorsa stagione, conclusa alle Finals contro i Los Angeles Lakers, ha visto Miami consacrarsi come una delle squadre più attrezzate della Eastern Conference e il suo leader, Jimmy Butler, imporsi come uno dei migliori giocatori della lega. Butler, reduce dalla breve esperienza ai 76ers (condotti a un tiro dalla finale di Conference, sfuggita per la prodezza di Kawhi Leonard), e dal fallimento dell'avventura a Minnesota, non ha mai trovato una squadra così simile alle sue caratteristiche, sposando in pieno la Heat Culture e instaurando un legame profondo con il coach Erik Spoelstra, il GM Pat Riley e soprattutto coi suoi compagni, dei quali è diventato subito punto di riferimento conducendoli fino alle Finals NBA.

A testimoniarne la sua importanza gli Heat di inizio stagione, orfani del numero 22, sono precipitati nei bassifondi dell'Est inanellando una serie di 8 sconfitte in 10 partite e mostrando crepe che hanno sollevato diversi dubbi sulla reale dimensione di una squadra che per molti aveva beneficiato più di ogni altra dell'effetto bolla e della mancanza di pubblico.

Jimmy is back

Col rientro di Butler, palesemente debilitato dal covid-19 (ha perso circa 5 chili), gli uomini di Spoelstra stanno provando a cambiare marcia e ora hanno nel mirino una posizione Playoffs, distanti appena due partite (sesto posto dei Raptors). In alternativa, il rischio concreto è di vederli inglobati nella lotta che assegnerà le ultime due posizioni col torneo Play-in, da evitare anche per centellinare le energie di un roster che sta pagando più di ogni altro le fatiche di Orlando.

Jimmy, rientrato a inizio mese contro i Sacramento Kings, ha dato la scossa che serviva alla squadra, che continua a pagare le defezioni e oggi sembra destinata ancora a soccombere, come avvenuto, al cospetto delle contender (in questo le sconfitte contro Jazz e Clippers non rappresentano un dramma), ma che ha ridotto il margine per la qualificazione alla post-season con 2 vittorie sui Knicks ottavi, in una mini-striscia di 4 successi consecutivi a cui ha fatto seguito un nuovo filotto di sconfitte, tre in fila, dalle quali però stavolta sembrano essersi rialzati, come testimonia la W ottenuta nella notte contro i Lakers.

Il tutto seguendo il suo leader, che dal rientro viaggia praticamente in tripla-doppia di media e ha dato nuova linfa all'attacco e alla difesa di una squadra che appare totalmente esausta nella mente ancora prima che nelle gambe. La partita contro LeBron di stanotte, riedizione delle Finals di pochi mesi fa, potrebbe davvero segnare la svolta in termini di convinzione e consapevolezza di un gruppo che sembrava aver totalmente perso le sue certezze, ma basterà per bissare la cavalcata 2019/20?

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Le prospettive degli Heat cambiano?

Viene infatti naturale chiedersi, se i passaggi a vuoto diminuissero e Butler riuscisse a riportare la squadra oltre la linea di galleggiamento, quanto Miami tornerebbe ad essere temibile in ottica Finals. Gli Heat, persa una pedina fondamentale come Crowder e alle prese con una serie di infortuni a catena che hanno praticamente colpito metà roster tra cui quello di Goran Dragic (unico realizzatore puro di tutto il roster), restano estremamente competitivi e sicuramente più avanti di altre nella chimica di gruppo, ma hanno lacune evidenti che solo il mercato potrebbe colmare, soprattutto se l'intenzione del GM Pat Riley fosse quella di avere un ulteriore upgrade nello spot di ala grande (ad oggi vacante dopo la cessione dell'ex Grizzlies, la cui assenza sta pesando tantissimo) o di guardia con punti nelle mani e dimensione difensiva di livello, a maggior ragione considerando il deficit che nella propria metà campo rappresentano gli specialisti offensivi Duncan Robinson e Tyler Herro.

I nomi di James Harden e di Bradley Beal non sono sembrati abbastanza forti come candidature, mentre quello di Oladipo potrebbe tornare d'attualità prima della trade deadline di marzo. Un tassello comunque manca e oggi l'unica spalla realmente all'altezza di "Jimmy Buckets" risponde al nome di Bam Adebayo, i cui miglioramenti soprattutto offensivi sono ormai sotto gli occhi di tutti. Serve quindi altro, ma riavere Jimmy Butler è bastato per lanciare un nuovo messaggio all'NBA: Miami è ancora viva.

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