Maxi risarcimento per le foto dei cadaveri mutilati di Kobe e della figlia: “È disumano”
Corpi mutilati, carbonizzati, straziati dal tremendo impatto dell'incidente. Tra quelle immagini terribili c'erano anche i resti di Kobe Bryant, della figlia ‘Gianna Maria' e di altre sette persone che morirono a bordo dell'elicottero precipitato il 26 gennaio 2020 a Calabasas, nella Contea di Los Angeles (in California).
Una scena orribile, raccapricciante finite sui cellulari di almeno 28 persone tra agenti del dipartimento dello sceriffo e vigili del fuoco e poi divenute oggetto di "pettegolezzo" nonostante mai trapelate ufficialmente al di fuori di quel circuito istituzionale, da quell'ambito di persone accorse sul luogo della sciagura.
Non è vero, non credono alla versione della Contea secondo cui tutto è stato cancellato poco dopo l'incidente e che quei clic fossero legittimi ("niente di male") per la necessità di documentare l'accaduto come da prassi. Un video di un funzionario che le mostra al barista di un locale e ne parla in pubblico (qualcosa di simile sarebbe successo anche a un evento dei vigili del fuoco) ha fatto scoppiare il caso e alimentato le istanze delle parti in causa.
Il dolore s'è trasformato in ossessione. L'incubo che quelle foto possano sbucare dal nulla all'improvviso, rimbalzare dai giornali alla tv, oppure essere dato in pasto alla Rete ha spinto la vedova, Vanessa Bryant, e Christopher Chester (l'altro querelante, che ha associato la propria denuncia per gli scatti dei suoi cari, la moglie e la figlia, perite nella tragedia) a trascinare in tribunale la Contea.
La richiesta di risarcimento comune è stata di 75 milioni di dollari (75 milioni e rotti in euro). Violazione della privacy e negligenza le motivazioni ribadite dagli avvocati nell'arringa conclusiva dinanzi alla giuria al termine del decimo giorno di processo.
"Quello che è successo è disumano – sono le parole dell'avvocato di Chester, Jerome Jackson -. La cifra richiesta è nulla rispetto alla sofferenza, all'angoscia prolungate che i nostri assistiti hanno provato e provano ancora oggi".
Ecco perché ha sommato una serie di fattori e quantificato l'importo dell'indennizzo in 2,5 milioni di dollari ciascuno a corredo dei loro (la vedova e il co-querelante) ultimi 2,5 anni di stress emotivo, oltre a 1 milione di dollari per ogni anno di sofferenza futura: 40 anni per Bryant e 30 per Chester. Una somma che resta simbolica perché impagabili – per gli avvocati – sono le possibili conseguenze di quella "cultura della insensibilità".