L’umiltà di Luka Doncic secondo solo a Michael Jordan nei playoff NBA: “Sto imparando”
Altri 40 punti, altra prestazione da ricordare…altra sconfitta. Niente di allarmante, persino se il contesto è quello delle Western Conference Finals e vieni dal prestigioso passaggio del turno contro i Phoenix Suns che non ha fatto altro che aumentare le aspettative nei tuoi confronti. Niente di allarmante se stai dando tutto ciò che hai sul campo. E soprattutto, niente di allarmante se ti chiami Luka Doncic, hai compiuto 23 anni poco più di 3 mesi fa e hai ancora tutto un futuro davanti per scrivere pagine importanti di questo sport, e vincere.
La lezione impartita finora dai Golden State Warriors, squadra più esperta, più profonda, più collaudata e oggi distante una vittoria dalle seste Finals nel giro di otto stagioni, rispetto ai Dallas Mavericks guidati dallo sloveno, è di quelle severe come il punteggio (3-0) lascia trasparire in modo inequivocabile. Eppure, biasimare Luka per questa post-season, a prescindere dall'epilogo quasi certamente negativo della serie, sarebbe un clamoroso errore.
Doncic, che continua a viaggiare a una media punti in carriera (32.8 in 26 partite giocate) ai Playoffs seconda solo a quella di Michael Jordan nella storia NBA, si trova a dispetto della sua età in già oggi in un ristrettissimo club di giocatori in grado di segnare 40 o più punti in post-season, dietro solo ad assolute leggende del gioco (Michael Jordan, LeBron James, Jerry West, Elgin Baylor, Kevin Durant, Kobe Bryant, Wilt Chamberlain, Shaquille O’Neal, Hakeem Olajuwon, AIlen Iverson, Kareem Abdul Jabbar e James Harden), e alla sua terza apparizione ai Playoffs con la maglia di Dallas si è già issato – con un roster funzionale ma assolutamente modesto per il livello degli avversari – nel firmamento di una lega che non conta tanti altri giocatori in grado, praticamente da soli, di elevare in maniera esponenziale il proprio contorno e soprattutto di farlo al massimo livello di competizione possibile.
In una partita in cui, seppur a corrente alternata, "Luka Magic" si è dimostrato enigma irrisolvibile persino per una delle migliori difese NBA, sono state diverse le situazioni di gioco in cui Doncic ha mostrato ancora una testardaggine che lo ha spesso condotto a decisioni offensive affrettate, oltre a diverse lacune difensive sulle quali già a inizio semifinale contro i Suns si era soffermato il suo coach Jason Kidd, anticipandogli come da lì in avanti sarebbe stato sempre obiettivo principale degli avversari dei Mavs quello di puntare il numero 77 esponendo a una fase di gioco in cui è ancora carente, non fosse altro che l'attacco dei texani continua a passare quasi esclusivamente per le sue mani con una consequenziale usura fisica e mentale che oggi, al termine di una corsa lunga oltre un mese, sembra essere vicina a presentare il suo salatissimo conto.
Negare però che dopo le eliminazioni di uno e due anni fa (4-3 e 4-2, sempre contro i Los Angeles Clippers) l'allora 21enne e 22enne Doncic sia ulteriormente cresciuto fino a diventare già oggi l'esponente più talentuoso della nuova generazione di fenomeni NBA, è impossibile. Al contempo, riconoscere i suoi punti di debolezza e anche i miglioramenti necessari nel sistema-Mavericks che ha già ottenuto ben più di quanto si potesse prevedere oltre ogni più rosea aspettativa, è un atto di onestà intellettuale che lo stesso diretto interessato è stato in grado di compiere proprio dopo gara 3: "Sto ancora imparando, è la mia prima volta qui e ho solo 23 anni. Penso di aver giocato molto male nei primi due quarti ed è sicuramente colpa mia. Comunque vada, a fine stagione credo che ripercorrendo il nostro percorso capiremo di aver imparato un sacco di cose. Nessuno si aspettava che arrivassimo fino alle Conference Finals, i Warriors stanno giocando in modo incredibile e in squadra tutti conoscono il proprio ruolo. Sono questi da tanti anni e stanno esprimendo un’ottima pallacanestro. In queste tre partite è stato molto difficile".
Frasi di ammirazione da un lato, di ammenda dall'altro per un basket già celestiale ma pur sempre migliorabile, e anche di sana invidia per quanto la franchigia di Steph Curry sia riuscita negli anni a mettere la propria star nelle condizioni tecniche e tattiche ideali per vincere. Uno sforzo che oggi Luka, non troppo velatamente, chiede anzi pretende dai Mavericks, che nel coraggioso scambio tra Kristaps Porzingis e Spencer Dinwiddie hanno innanzitutto compreso quale sia la strada per mettere la loro giovanissima superstar nelle condizioni tecniche ideali per controllare il gioco offensivo, ma ai quali ora è chiesto un altro step strutturale per non dilapidare il talento di un ragazzo che partita dopo partita continua a crescere di fiducia e consapevolezza a dispetto dell'età e della militanza di appena 4 anni nella lega.
Partendo da una certezza assoluta: giocare al suo livello una serie contro una delle due squadre – forse oggi la favorita numero 1 – che vincerà il titolo NBA, è qualcosa che solo i grandissimi sarebbero stati in grado di fare. Con compagni imprecisi al tiro come non mai (ieri notte Reggie Bullock ha chiuso la partita tirando 0/10 dal campo), soffrendo tremendamente a rimbalzo la fisicità delle ali dei Warriors, con una difesa interamente focalizzata su di lui, i numeri che Doncic sta producendo (34.0 punti, 7.7 rimbalzi, 5.0 assist con il 45% dal campo e il 41% da tre) dovrebbero tenerlo ben al riparo dalle critiche che invece gli toccherà subire in maniera inequivocabile da chi issa i soli vincitori sull'altare dei meritevoli di gloria, lasciando agli sconfitti le più feroci e spesso decontestualizzate bocciature.
Le stesse che solo i più grandi hanno vissuto sulla propria pelle riuscendo da ogni singolo insuccesso a crescere e migliorare, esattamente come accadrà a Luka. Che da un'eliminazione in 6 partite al primo turno è già passato prima all'eliminazione in 7, poi a vincere due turni fino a trovarsi di fronte un ostacolo insormontabile. Non sarà quindi l'esito della proibitiva serie contro i Warriors a dare la misura della Grandezza di un predestinato: Luka è già oggi nell'èlite del basket mondiale.