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L’NBA è ai piedi di Luka Doncic: “Più contano le partite, più gioca meglio”

Luka Doncic continua a stupire oltreoceano. Il talento sloveno, a soli 23 anni, è ormai pronto a raccogliere l’eredità dei più grandi. L’NBA è pronta a cambiare padrone.
A cura di Luca Mazzella
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L'aveva lasciato intendere, Luka, che non era il caso di provocarlo e stuzzicarlo così tanto. Nella gara 5 giocata a Phoenix, con la serie di semifinale di Western Conference tra i Suns e i suoi Mavs sul 2-2, quello che viene definito "pivotal game" si era trasformato in una vera e propria mattanza per i texani, sconfitti di 30 punti e scherniti per tutti i 48 minuti di gioco da Chris Paul e Devin Booker, che hanno preso di mira proprio il numero 77 di Dallas e la sua tendenza – a loro dire – ad accentuare i contatti fisici per ottenere dei fischi dagli arbitri.

All'ormai famoso "The Luka Special" urlato da Booker dopo una fallo subito e dopo essere rimasto qualche secondo disteso sul parquet simulando un infortunio, Doncic aveva risposto allertando in qualche modo i suoi avversari nel tunnel degli spogliatoi di fine gara, quando a favore di telecamere aveva esclamato un "Tutti sono bravi a fare i duri quando sono in vantaggio", visto che il siparietto in questione del numero 1 dei Suns era arrivato a partita ormai abbondantemente compromessa per i Mavericks. Mai parole furono più funeste per la miglior squadra della regular season, che ha visto i due match-point valevoli per l'accesso alla finale di Conference contro Golden State trasformarsi in un incubo.

Da gara 6, stravinta da Dallas sul parquet di casa, alla gara di stanotte, autentico massacro a tratti addirittura ingeneroso per la squadra di Monty Williams. Una partita che nel giro di 48 minuti rischia di offuscare, per come arrivata la sconfitta, una stagione di altissimo livello giocata da Phoenix e da tutti i suoi principali interpreti, dall'eterno Chris Paul alla stella in ascesa Booker, dal candidato Difensore dell'anno Mikal Bridges al promettente lungo DeAndre Ayton. Tutti usciti con le ossa rotte dal Luka-show, che nelle 2 gare in questione ha segnato 68 punti (contro i 30 di Booker) e condotto Dallas a due successi schiaccianti con un passivo totale per i Suns di -60, con una gara 7 già nella storia NBA e in cui solo il garbage time dei minuti finali ha infatti evitato al team dell'Arizona di vedere il proprio nome nel libro dei record alla voce "peggior passivo mai registrato in una gara 7", con lo scarto arrivato fino a 45 punti e poi ridotto a 33 dalle riserve in campo, mentre Luka e lo scudiero d'eccezione di stanotte (uno stratosferico Spencer Dinwiddie) esultavano in panchina.

Il miglior giocatore della lega?

Negli anni del ricambio generazionale, con Damian Lillard, LeBron James e Russell Westbrook nemmeno qualificati alla post-season, Kevin Durant e Kyrie Irving eliminati al primo turno, James Harden e Chris Paul al secondo e con Kawhi Leonard e Paul George a lungo ai box per via dei serissimi infortuni riportati, la lega può dirsi ormai pronta a investire Luka del ruolo di uomo-immagine del prossimo decennio. Il giocatore più forte, completo, decisivo (basti guardare le sue stats ai Playoffs, dove attualmente è secondo per punti di media nella storia NBA con 32.6 e primo per punti di media negli elimination-games con 38.3) e talentuoso di questa generazione.  Che pur senza lo strapotere fisico e il dominio atletico di Giannis Antetokounmpo (il cui sontuoso rendimento di questi Playoffs merita discorso a parte) si sta dimostrando per distacco quello tecnicamente più dotato e in grado di compiere delle vere e proprie imprese pur non circondato da superstar.

Non è infatti un segreto che questi Mavs, allenati in maniera egregia da Jason Kidd che dopo i primi 2 mesi di costruzione (e di critiche) ha messo in piedi il sistema difensivo perfetto e quello offensivo più congeniale alla sua giovanissima superstar, abbiano non solo il roster meno attrezzato di quelli attualmente ancora in corsa, ma anche quello certamente inferiore agli avversari battuti lungo questa cavalcata ovvero gli Utah Jazz di Donovan Mitchell e Rudy Gobert e la corazzata Phoenix Suns spedita in vacanza questa notte.

Un roster fatto di tanti role players (Finney-Smith, Maxi Kleber, Reggie Bullock), un giocatore eclettico come Spencer Dinwiddie superbo nella notte ma non certo noto per la sua continuità, e quel Jalen Brunson che nel contract-year si sta mettendo nella posizione migliore per guadagnarsi una discreta quantità di milioni di dollari in estate: tutti elevati dalla leadership, dalla capacità di manipolare le difese, di leggere il comportamento degli avversari e dalla volontà di prendersi il palcoscenico quando la palla pesa di più di Luka Doncic, come evidenziato da Jason Kidd in conferenza stampa: "Ama prendersi la scena. Più questa è importante, meglio gioca". A 23 anni compiuti 3 mesi fa, da 4 in America dopo aver vinto tutto in Europa da giovanissimo, l'NBA è già ai suoi piedi. In attesa di giocarsi una serie tutt'altro che scontata contro i Golden State Warriors, che potrebbe aggiungere ulteriori insperati capitali a una post-season e più in generale a un inizio carriera nella lega americana da assoluto futuro (e attuale) dominatore del gioco.

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