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L’NBA annuncia i nomi delle stelle dell’All-Star Game, ma c’è polemica per Andrew Wiggins

La NBA ha reso noti i nomi dei giocatori che disputeranno l’All Star Game, tra questi c’è a sorpresa pure quello di André Wiggins dei Golden State Warriors.
A cura di Luca Mazzella
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Trae Young-DeMar DeRozan-Kevin Durant-Giannis Antetokounmpo-Joel Embiid da un lato; Steph Curry-Ja Morant-LeBron James-Andrew Wiggins-Nikola Jokic, dall'altro. Eastern e Western Conference al loro meglio, o quasi. Anche il più superficiale e meno esperto tra i lettori, davanti a questi nomi, troverà l'intruso. Si tratta, innanzitutto, dei giocatori titolari al prossimo NBA All-Star Game, che si terrà quest'anno a Cleveland, in Ohio, e che come ogni stagione mostrerà – o almeno questo vorrebbe fare nelle intenzioni – il meglio del meglio che la lega possa offrire oggi, in una sfida che per quanto si tenti di cambiare regolamento e contest ha ormai perso il sapore della sana rivalità sportiva e agonistica per diventare uno show lungo 48 minuti con tanti bassi e pochissimi alti, ridotti per lo più ai minuti finali. Niente di anomalo se si pensa ai calendari fitti di impegni e agli interessi economici in ballo per ogni singolo giocatore, contrapposti alla necessità anche commerciale di organizzare un evento di intrattenimento puro con la massima esposizione mediatica.

La falla del voto popolare

Nella nottata italiana, all'1:00, contrariamente a come avviene da anni coi vari spifferi forniti agli insiders Adrian Wojnarowski e Shams Charania ad anticipare addirittura gli annunci ufficiali della NBA, è stato lo studio di Inside the NBA, per bocca del conduttore Ernie Johnson e dei tre volti ormai sempre presenti nel programma di TNT Kenny Smith, Charles Barkley e Shaquille O'Neal, a svelare per primo i nomi dei giocatori che saranno titolari nella Gara delle Stelle. Giocatori che, ricordiamolo, nel caso dei 10 starters sono scelti con un meccanismo che vede i fan al primo posto per incidenza (al 50%), seguiti da addetti ai lavori (25%) e atleti (25%), mentre le 7 riserve vengono poi scelte direttamente dagli allenatori (i due capolisti di Conference) il 10 febbraio. I due più votati sono poi nominati capitani e in quanto tali sceglieranno come comporre i quintetti tra gli altri 8 titolari nominati in un "draft" ovviamente a favor di telecamere. Già da qualche anno, praticamente da quando si è deciso che il voto popolare contasse in maniera così preponderante, si verificano ormai fenomeni di autentica mobilitazione di massa a favore dell'idolo di turno, vuoi perché è un'intera Nazione per bocca anche della politica a schierarsi a favore del suo eroe (come avvenuto per Zaza Pachulia nel 2017), o vuoi perché, come avvenuto quest'anno, è una tifoseria nella sua interezza a volere un (altro) suo giocatore tra i titolari. Eccoci dunque arrivati al caso Andrew Wiggins.

Il gregario perfetto

Andrew Wiggins è stata la prima scelta del draft 2014 dei Cleveland Cavaliers. Una squadra che, col ritorno di LeBron James da Miami, non poteva permettersi di investire sullo sviluppo di un giovane dalle enormi potenzialità ma necessitava di un giocatore pronto ad affiancare il Re e Kyrie Irving nella missione titolo. Da qui, la trade immediata in direzione Minnesota in cambio di Kevin Love. A Minnie, Wiggins ha segnato 16.9 punti nell'anno da rookie, salendo poi a 20.7 e a 23.6 nelle successive due stagioni, senza tuttavia dare mai l'impressione di poter diventare giocatore franchigia e mostrando carenze caratteriali diventate poi ancor più evidenti con l'ingresso in squadra di Karl Anthony Towns prima e Jimmy Butler poi. Nella trade che ha portato ai Timberwolves D'Angelo Russell dai Golden State Warriors, è stata la squadra di Steve Kerr a vedere in lui un giocatore innanzitutto compatibile con le esigenze tecniche della squadra, orfana di Kevin Durant nello spot di ala piccola/ala grande, e dal contratto "matchabile" con quello della point-guard mancina. Nella Baia di San Francisco, non senza problemi di ambientamento in un ruolo ridimensionato in peggio per tiri, responsabilità e centralità nel gioco della squadra, Andrew è riuscito nel tempo a calarsi benissimo nella chimica di Steve Kerr diventandone ingranaggio perfetto e compagno apprezzato da tutto il resto del roster.

La stagione corrente, a dispetto dei numeri che non sono nemmeno lontanamente paragonabili ai picchi di rendimento statistico avuti a Minnesota, vede "Wiggo" segnare 18 punti di media con il 41% da tre, 4 rimbalzi, 2 assist e quasi 1 palla recuperata di media. Che calati nella squadra con il secondo miglior record NBA e in una fanbase finalmente ricompattatasi attorno ai suoi idoli al gran completo (Steph Curry, Klay Thompson e Draymond Green) hanno creato un mix esplosivo che ha portato ben 2.644.571 voti all'ala uscita da Kansas, preferita dai tifosi a Paul George, Anthony Davis, Rudy Gobert, Draymond Green nel frontcourt, e addirittura a Ja Morant, Luka Doncic, Devin Booker, Donovan Mitchell nelle votazioni complessive della Western Conference.

In trasmissione, annunciata la sua titolarità (evidentemente non scalfita dal voto dei giocatori e dei media), sono partiti ovviamente i complimenti di tutti i conduttori per un risultato straordinario se si pensa alla parabola avuta da Wiggins negli ultimi anni, da possibile star a gregario di lusso. Nel frattempo però è partita la polemica sui social per uno status da titolare che, avendo ripercussioni su carriere, contratti e clausole delle superstar NBA, a detta di molti ha falsato il voto e l'obiettività che dai risultati dovrebbe emergere. C'è chi ha evidenziato come la spinta guadagnata dai Warriors con alcuni ambassadors come il rapper thailandese BamBam sia stata determinante, chi ha fatto notare come a inizio stagione – non essendosi voluto vaccinare – Wiggins rischiasse addirittura di essere scambiato dai Warriors per poi ritrovarsi oggi in Paradiso (e vaccinato ovviamente). C'è anche chi, come Karl Anthony-Towns che a detta di molti meritava la nomina nel quintetto, non ha dimenticato gli anni difficili passati a Minnesota e le critiche ricevute dal compagno, riferendo addirittura di aver speso il suo voto per lui per vedere raccolti i frutti dei suoi sacrifici.

C'è chi ha poi fatto riemergere questo tweet dello stesso giocatore, datato 2011, quando ben prima di diventare un giocatore NBA, da adolescente con un sogno nel cassetto Wiggins faceva sapere di essere sintonizzato sulla parata delle star di febbraio. Ne è passato di tempo, da allora.

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