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La NBA riparte come si era conclusa: Steph Curry show, 33 punti e Lakers battuti

L’opening night ha lo stesso sapore dell’ultima partita giocata a giugno: il numero 30 e i suoi Warriors saranno ancora una volta tra le principali candidate al titolo. Per i Lakers la strada è molto lunga.
A cura di Luca Mazzella
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Riprendere esattamente da dove si era lasciato. 124 giorni dopo gara 6 delle Finals NBA 2o22 e il quarto titolo in carriera – esibito con orgoglio nella notte nella cerimonia di consegna degli anelli – Steph Curry riparte dominando anche la opening night e lanciando un segnale all'amico-rivale LeBron James, subito costretto ad arrendersi allo strapotere del numero 30 e dei Warriors. Nonostante infatti i proclami arrivati nelle ore prima del match, su tutti quello di un Anthony Davis che si era detto pronto a rovinare la festa ai padroni di casa, a prendersi il palcoscenico è stato l'uomo copertina di Golden State, autore di 33 punti, 6 rimbalzi, 7 assist, 4 palle recuperate e persino uno stoppata, con un po' di imprecisione di troppo al tiro soprattutto nella prima metà della partita salvo esplodere negli ultimi 24 minuti. Dal terzo quarto in poi infatti, Curry ha inserito il pilota automatico e con una serie di triple e il canestro della serata – una scorribanda verso il ferro con finta a mandare al bar proprio quel Davis che voleva togliergli la gioia di festeggiare con un successo la ring-cerimony – ha condotto i suoi al 123-109 finale.

Tutti gli occhi su Draymond Green

Con parecchi fotografi pronti a immortalare ogni singolo potenziale screzio tra Draymond Green e Jordan Poole e tra il primo e il resto dei compagni dopo l'aggressione in allenamento costata al lungo una multa e una settimana di sospensione, il rapporto tra il numero 23 e tutto il roster e soprattutto il suo contributo alla causa (partita "alla Green" da 4-5-5) non sono sembrati diversi dal solito, con un paio di assist di livello per Steph Curry, un bel gioco a due proprio con Poole e le solite silenziose rotazioni difensive che non si leggono nelle stats ma che hanno reso chiaro quanto Warriors e Lakers oggi siano lontane e debbano darsi obiettivi diversi alla luce di roster e momenti troppo diversi tra loro. L'altro grande osservato speciale di serata in casa Warriors ovvero il citato Jordan Poole ha chiuso a 12 punti e 7 assist con 4/15 al tiro, mentre a indossare i panni del secondo violino di lusso stanotte ci ha pensato Andrew Wiggins, che dopo l'estensione firmata pochi giorni fa per 109 milioni in 4 anni si prepara ad avere un ruolo ancora più centrale nella Golden State del presente e del futuro

LeBron non basta, segnali di vita da Anthony Davis

C'era tanta attesa sui nuovi Lakers di coach Darvin Ham, l'ex assistente in quel di Milwaukee scelto da dirigenza e senatori della squadra (leggasi LeBron James) per inaugurare il nuovo corso losangelino, possibilmente trovando collocazione tecnica e tattica al grande equivoco Russell Westbrook, giocatore sempre sul mercato nelle ultime settimane ma a cui Ham sta cercando, suo dire, di ritagliare un ruolo il più possibile funzionale al resto della squadra. Dopo le tante voci di possibile partenza dalla panchina, Westbrook è regolarmente partito in quintetto chiudendo a 19 punti e 11 rimbalzi, con una serata discreta al tiro (7/12), il plus/minus migliore dei big 3 giallo-viola (-6 contro il -10 di LeBron e il -21 di Davis), ma la sensazione sempre presente di rappresentare un corpo avulso all'interno della squadra, soprattutto nella coesistenza palla in mano con James e nelle scelte offensive.

Proprio il quasi 38enne nativo di Akron ha chiuso, come prevedibile, da miglior marcatore della squadra, con una tripla-doppia sfiorata (31 punti, 14 rimbalzi e 8 assist) e le solite giocate che sfuggono a Father Time. Sono arrivati segnali di vita da Anthony Davis, vero ago della bilancia delle ambizioni dei Lakers, quantomeno aggressivo nel primo tempo in attacco. La presenza in area da intimidatore di quello che era considerato uno dei migliori difensori dell'NBA è però ancora un ricordo lontano e se nella propria metà campo Los Angeles si dimostrerà inconsistente come stanotte, la strada verso la revenge-season più volte promessa ai microfoni non può che partire in salita nonostante una prestazione di squadra tutt'altro che negativa.

I Lakers restano un cantiere aperto e tutt'ora attendono di conoscere l'esito delle trattative che continuano a ruotare attorno a Westbrook, ma considerata la serata da 10/40 al tiro, il diverso apporto delle panchine (19 punti contro i 39 degli avversari), l'assenza di quel Dennis Schroder a cui toccherà sgravare James di qualche possesso offensivo e una chimica che non può che migliorare tra i tanti nuovi volti, Ham può dirsi moderatamente ottimista. Giudizi dopo una partita non possono trarsene, ma la sensazione è che nonostante i buoni proposito il 2022/23 sarà ricordato più per il sorpasso di James a Kareem Abdul-Jabbar come primo marcatore all-time – che avverrà tra poco meno di 1300 punti – che per i traguardi della squadra, soprattutto se non si interverrà a dovere in cerca di tiratori e rim-protection.

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