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La NBA premia il difensore dell’anno ma scoppia il caso sui criteri di assegnazione

La meritatissima vittoria di Marcus Smart, prima guardia a vincere il DPOY dal 1996, offre lo spunto per ridiscutere dei criteri di assegnazione del premio.
A cura di Luca Mazzella
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È ufficiale, dopo Gary "The Glove" Payton nel 1996 l'NBA è tornata a premiare una guardia come Difensore dell'Anno. Con 257 voti totali contro i 202 di Mikal Bridges e i 136 di Rudy Gobert, a portare a casa l'ambito riconoscimento di Defensive Player of The Year è l'esterno dei Boston Celtics Marcus Smart. Un premio che valorizza non solo la stagione di quello che ormai da anni è considerato uno dei migliori giocatori della lega nella propria metà campo, ma più in generale quella di tutta la squadra (secondo miglior defensive rating dell'NBA) e del coach Ime Udoka, che dopo i problemi emersi nei mesi iniziali ha totalmente cambiato il volto e le prospettive di questo gruppo da Natale in poi, fino a condurlo al secondo posto della Eastern Conference.

Già nel vedere due giocatori "non-centri" tra i finalisti aveva in qualche modo suscitato grande curiosità attorno al premio, storicamente assegnato ai lunghi padroni dell'area. La legittima domanda da porsi, a questo punto, diventa però un'altra e non vuole togliere in alcun modo i meriti al numero 36 dei Celtics, che per ultimo nella recente gara 1 vinta contro i Brooklyn Nets ha mostrato a tutti le sue qualità arginando a turno Kyrie Irving e Kevin Durant: cosa è cambiato nei criteri di assegnazione della lega – mai scritti e sanciti in alcun regolamento e quindi totalmente a discrezione dei media e dei coach che votano per il premio – che negli ultimi anni anni aveva premiato per 3 volte il francese Rudy Gobert e nel 2019-20 Giannis Antetokounmpo predilgiendo altri aspetti del gioco?

E siccome non esiste una risposta al quesito a questo punto l'ulteriore elemento di discussione non può che essere: non sarebbe il caso di "sdoppiare" il premio di Defensive Player of The Year e adottare quindi due diverse valutazioni nell'assegnarlo? Per quanto divisive sono ogni anno le discussioni su questo premio (come anche su quello di MVP o recentemente su quello di Most Improved Player che vede la clamorosa esclusione di Jordan Poole dai 3 finalisti), è forse arrivata l'ora di fare un passo avanti ed evitare dibattiti che alla lunga diventano letteralmente tossici sia dal punto di vista dei tifosi che da quello degli stessi giocatori, ognuno dei quali adduce ovviamente motivazioni a suo dire oggettive per cui il premio toccherebbe a lui. Motivazione che peraltro hanno tutte uguale diritto di cittadinanza, come quelle di Bam Adebayo (il primo degli esclusi dai finalisti):

"Posso marcare dall'uno al cinque in ogni momento della partita. Primo o ultimo quarto che sia, posso cambiare contro tutti senza nemmeno accorgermene". E ha ragioni da vendere il lungo degli Heat, perno difensivo del sistema di coach Spoelstra e giocatore senza il quale tutti i cambi sistematici alla base del gioco di Miami non potrebbero realmente attuarsi. Come ha ragioni da vendere però Rudy Gobert, finito sul gradino più basso del podio, contro il quale gli attaccanti vedono peggiorare le rispettive percentuali al tiro del 6.9%, e non parliamo nemmeno del migliore tra i giocatori che contestano oltre 10 tiri a partita. Il migliore, infatti, è proprio un compagno di squadra di Marcus Smart ovvero Robert Williams III, che con uno stratosferico -7.1% guida l'NBA nella classifica dei difensori che più condizionano le percentuali di realizzazione degli avversari. Solo Anthony Davis, Myles Turner – questi due con rispettivamente però 40 e 42 partite giocate, e Jaren Jackson Jr hanno collezionato più stoppate di media del lungo dei Celtics, non a caso ritenuto uno degli "snobbati" di lusso per l'assegnazione del DPOY.

Altri argomenti, anche questi altrettanto validi, sono quelli che poteva portare a favore della propria candidatura l'ala dei Phoenix Suns Mikal Bridges. Con un secondo quintetto difensivo NBA sfiorato lo scorso anno, il classe '96 ha giocato tutte le 82 partite per la terza miglior difesa della lega accoppiandosi praticamente ogni sera al miglior attaccante della squadra avversaria, mostrando una versatilità e una costanza che per molti avrebbero decisamente dovuto condurlo al premio, con la ciliegina del 4/21 concesso a Steph Curry nella seconda peggior serata al tiro della sua carriera. Allo stesso modo la capacità di proteggere il ferro, aiutare con tempi perfetti, contenere gli esterni e cambiare sui blocchi di Giannis Antetokounmpo era da molti considerata una validissima alternativa, a maggior ragione considerando che uno dei perni difensivi dei Milwaukee Bucks ovvero Brook Lopez ha praticamente saltato tutta la stagione regolare lasciando quindi al greco la difesa del ferro.

Tutto questo senza aver ancora nominato il miglior difensore della squadra con il secondo record NBA e assoluta rivelazione della stagione, ovvero i Memphis Grizzlies. Era davvero possibile ignorare così a cuor leggero l'impatto di Jaren Jackson Jr, intimidatore pazzesco che superati i problemi di falli ha condotto la squadra di Ja Morant a livelli di efficienza difensiva visti solo ai tempi del Grit and Grind in Tennessee? E quanto detto per lui si potrebbe serenamente dire per Jarrett Allen dei Cavs, come un po' il discorso dell'all-around Bam Adebayo calzerebbe a pennello nel descrivere Draymond Green nella propria metà campo. Che non a caso sta tenendo lezioni di difesa nel primo turno di Playoffs contro l'MVP in carica Nikola Jokic.

Ci sarebbe quindi da interrogarsi prima di tutto su cosa voglia premiare l'NBA con l'assegnazione del premio: va riconosciuto come miglior difensore quello che maggiormente condiziona gli attacchi avversari, e quindi necessariamente un big-man che per ovvie ragioni scoraggia ben 5 giocatori contemporaneamente dall'avvicinarsi al ferro nel timore della stoppata, quello più abile di tutti nel difendere sui 5 ruoli, pur non avendo la medesima capacità intimidatoria; o ancora il miglior difensore sulla palla, non per forza capace di cambiare contro un lungo e non intimidatore, come fatto quest'anno? Non potendosi fare definitivamente chiarezza a riguardo e per evitare spiacevoli contraddizioni nel premiare a turno il miglior stoppatore o il miglior rimbalzista evitando di prendere in considerazione straordinari difensori sulla palla come Smart, ma anche come Jrue Holiday o Lonzo Ball, Alex Caruso, Lu Dort, la soluzione non potrebbe che essere una: premiare sia il miglior difensore "interno" che quello perimetrale, riconoscendo i meriti diversi di entrambi e valorizzando tutti gli essenziali aspetti di una difesa che ogni squadra da anello dovrebbe avere.

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