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Kyrie Irving e un futuro tutto da decifrare: esercitata l’opzione, ma per i Nets è un problema

Criptico sui social, indeciso davanti ai microfoni, in cerca di un’altra squadra per la maggior parte degli insider americani. Kyrie Irving continua a essere un caso.
A cura di Luca Mazzella
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"Le persone normali fanno andare avanti il mondo, ma coloro che provano a essere diversi ci guidano verso il futuro". No, non è una massima di un filosofo contemporaneo ma quanto scritto da Kyrie Irving a pochi minuti dalla notizia del suo rinnovo per un anno (a 37 milioni, con l'esercizio della player option) con i Brooklyn Nets: non la vostra solita dichiarazione di rito. Un'opzione che solo per qualche giorno metterà un freno alle tante notizie di mercato relative alla point-guard campione NBA coi Cleveland Cavaliers nel 2016, che aveva già creato grattacapi alla franchigia meno di un anno fa con la scelta di non vaccinarsi e la conseguente decisione della dirigenza di metterlo prima ai margini del roster e poi reintegrarlo per le sole gare in trasferta – le uniche che Kyrie poteva giocare vista la legge nello Stato di New York che vietava l'ingresso e la partecipazione ad eventi sportivi ai non vaccinati. Adesso, Irving è ripartito nella sua personalissima telenovela fatta di messaggi criptici, voci di malumori, foto apparentemente senza senso postate sui social e un comportamento che continua a mettere in imbarazzo una Brooklyn che a poco a poco sta vedendo svanire il sogno di arrivare all'anello come immaginava 2 anni fa.

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Dalla trade in pompa magna per James Harden, passando per lo scambio del mancino ormai separato in casa con Ben Simmons, uno sweep al primo turno contro i Boston Celtics e i tanti rumors su un Kevin Durant desideroso di cambiare squadra in caso di mancato accordo con Irving, la franchigia di New York è entrata in un vortice negativo che ogni giorno sembra arricchirsi di un altro capitolo, spesso e volentieri con al centro proprio Kyrie Irving. Nemmeno 48 ore fa il numero 11, in un video diffuso sui social, non scioglieva i dubbi sul suo futuro chiedendo al giornalista di passare il microfono alla domanda "Vuoi essere ancora un giocatore di Brooklyn?".

Uno dei tanti gesti di difficile interpretazione, che seguivano le foto del suo work-out los-angelino e i mugugni in direzione California con la possibilità di un ricongiungimento a quel LeBron James che ad oggi è sembrato l'unico in grado di tenere a bada il talento peculiare del nativo di Melbourne. Che addirittura, stando agli affidabili cinguettii di Adrian Wojnarowski e Shams Charania, aveva presentato a Brooklyn la sua lista di preferenze in caso di addio, coi Lakers in cima seguiti da poche altre squadre (Clippers, Heat, Sixers) che tuttavia non avevano fatto alcun passo in sua direzione.

Una scelta che, visto il talento del giocatore, non può che spiegarsi con una diffidenza via via crescente di tutti gli addetti ai lavori NBA per gli atteggiamenti di un ragazzo tanto fenomenale con la palla tra le mani quanto maldestro e difficile da gestire fuori dal campo. Amato – a quanto pare – dai suoi ex compagni, vedi dichiarazioni dello spogliatoio Celtics, opposizione di Durant a una sua cessione e LeBron pronto a riabbracciarlo, ma solo una volta separatosi da questi. Una personalità poco gestibile per i repentini cambi di idea, per le modalità di esternazione dei tanti suoi mal di pancia, per i messaggi social spesso indecifrabili e contenenti riferimenti mistici e biblici.

Kyrie ha di fatto creato prima un terremoto in quel di Brooklyn, a detta di molti rassegnata all'idea di perdere prima lui e poi KD, salvo guardarsi attorno, sondare il mercato e rientrare all'ovile con la scelta più sicura e remunerativa: un ultimo anno, garantito interamente, da 37 milioni. Il problema è che nemmeno questo rinnovo sembra bastare a creare una tregua di 12 mesi: i Nets ormai guardano con paura il giocatore, i Lakers continuano a studiare la situazione sicuri di poter offrire il pacchetto (con al centro Russell Westbrook) non più accattivante dal punto di vista tecnico ma ideale per quello salariale, Kevin Durant osserva tutti dall'altro strizzando l'occhio a vari corteggiamenti (non ultimo quello dei Portland Trail Blazers con tanto di foto in canotta rossa diffusa direttamente da Lillard in compagnia di KD).

Quella che ai nastri di partenza della stagione 2021-22, appena 8 mesi fa, era secondo i bookmakers la favorita numero 1 al titolo, oggi è una bomba a orologeria, con un coach alle prime armi evidentemente in difficoltà di fronte a un ego del genere, una superstar a cui erano stati promessi due compagni del suo livello ma che di fatto nella versione Big 3 ha giocato meno di 20 partite con Irving e Harden, e 29 squadre NBA. Brutto da dire, ma coi suoi comportamenti Kyrie potrebbe aver distrutto i sogni di gloria dei Nets.

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