Klay Thompson in campo dopo 941 giorni, annuncio in stile Space Jam: “Ricorderò a tutti chi sono”
C'è un ricordo, bruttissimo, che oggi compie 941 giorni. Era il 14 giugno 2019, si giocava il terzo quarto di gara 6 delle Finals tra Warriors e Raptors. Klay Thompson è in campo nonostante un dolore al ginocchio emerso già una settimana prima, subito dopo gara 2, che lo aveva costretto prima a saltare gara 3, poi a stringere i denti per segnare 28 inutili punti nel quarto appuntamento finale vinto da Toronto per il punto del 3-1, infine a risultare decisivo in gara 5 dove i Warriors si salvano allungando di almeno un'altra sfida la disputa. In gara Klay è ancora più determinante e dopo tre quarti di partita è già a quota 28 ( 8/12 dal campo con 4/6 da tre, 8/8 ai liberi), con pochissimi errori dal campo. Emotivamente, la serie sembra avviarsi ad una attesissima gara 7 che sarebbe il giusto epilogo tra l'eroica cavalcata dei Toronto Raptors e la stoica resistenza di una Golden State che lungo il percorso aveva già perso Kevin Durant, suo miglior giocatore. Quando però mancano poco più di 2 minuti alla fine del terzo periodo, durante un tentativo di schiacciata in contropiede il ginocchio di Klay sventola bandiera bianca e gli sforzi della settimana precedente, improvvisamente, presentano un salatissimo conto al numero 11.
Il primo a rendersi conto della gravità dell'infortunio è Steph Curry, che anche grazie alla partita di Thompson stava già assaporando il pareggio nella serie. Steph si siede dall'altra parte del campo, sembra aver capito quello che sta per succedere, e con lui tutta l'arena prende totale consapevolezza del momento, crocevia non solo di quelle Finals ma delle ultime 2 stagioni di Golden State. Il tentativo eroico di rientrare in campo prima di tutto per tirare i 2 liberi guadagnati col fallo subito e poi per piccolissimi passi a testare la salute del ginocchio sinistro è sostanzialmente il ricordo che Klay Thompson ha lasciato sul parquet per gli ultimi 941 giorni.
Nel mezzo, oltre un anno a recuperare dal responso funesto che emerge nelle ore successive alla caduta ovvero rottura del legamento crociato, per essere pronto ai nastri di partenza della stagione 2020-21. Se la fortuna è cieca, però, la sfortuna ci vede benissimo e proprio prima del via dell'ultima annata NBA questa volta è il tendine d'Achille a mettere a dura prova la tenuta psicologica e l'ansia di tornare in campo dello "Splash Brother", che 17 mesi dopo quella gara 6 è costretto nuovamente a fermarsi. Questo spiega anche come la seconda e si spera definitiva convalescenza dopo l'ultimo stop sia stata vissuta da Golden State senza più mettere pressione su un ritorno che se affrettato avrebbe sì messo a repentaglio stavolta il resto della carriera della guardia, a cui nel frattempo è stata rinnovata la fiducia con l'estensione quinquennale di contratto.
Ecco perché il nuovo rincorrersi di voci sul suo debutto stagionale non ha minimamente variato la tabella di marcia e la cautela che staff medico, tecnico e dirigenza hanno stilato per avere Klay al 100% non oggi, ma alla palla a due dei Playoffs che inizieranno ad aprile. Quelli nei quali disporre di un giocatore del genere accanto a Steph Curry e davanti alla batteria di role players che nel frattempo Steve Kerr ha forgiato nel frattempo, farà tutta la differenza del mondo. E quindi, dopo tanto attendere, siamo finalmente arrivati ad oggi, 9 gennaio 2022, data che segnerà tra poche ore il ritorno ufficiale sul parquet di Mister "37 punti in un quarto", impresa mai riuscita a nessun altro giocatore della storia.
L'annuncio in stile Space Jam
La notizia circolava ormai da una settimana ed era stata anticipata in qualche modo anche da coach Steve Kerr oltre che dai vari insiders americani e dai sempre più frequenti video di allenamenti di Thompson con il resto della squadra, ma a renderla ufficiale nel modo più magico possibile è stato lo stesso giocatore che ha fatto ricorso all'iconico film Space Jam e all'arrivo di Bill Murray a supporto di Michael Jordan e dei Looney Tunes. Nel giro di pochi minuti, a partire da Curry e rapidamente contagiando tutti i suoi compagni e avversari, l'annuncio ha fatto il giro del mondo, in un abbraccio virtuale che da quasi 3 anni tutti non vedevano l'ora di poter dare al nativo di Los Angeles.
Recentemente aveva dichiarato: “Sono felicissimo di tornare in campo e di ricordare alla gente chi sono. L’hanno dimenticato perché sono fuori da due anni, ma non sono mai stato più affamato di ora. Il miglior modo per dimostrare alla gente che si sbagliavano su di te, è vincere”.
In un Chase Center che si preannuncia infuocato, alle 2:30 italiane, l'NBA riabbraccerà uno dei volti più amati delle ultime stagioni. Un giocatore che ha emozionato negli anni e rappresentato il perfetto complemento di quello Steph Curry che mai come oggi e dopo un dicembre in affanno ha bisogno di una spalla come lui per alleggerire i suoi compiti offensivi e vedere ridotte le attenzioni delle difese nei suoi confronti. Non è detto che questo avverrà da subito e l'incognita che pende su Thompson è quella più che scontata che penderebbe su ogni giocatore fuori per quasi 1000 giorni.
Quello che è certo è che se dovesse dimostrarsi, anche a giri del motore ridotti, il tipo di giocatore che sulle due metà campo tra tiro mortifero e capacità di non sporcare mai i possessi dei compagni grazie a uno straordinario gioco lontano dalla palla e difesa sulla palla tra le più competenti viste nell'NBA recente, l'acquisto di gennaio di Golden State supererebbe ogni altra mossa di mercato che potenzialmente le rivali potrebbero mettere in piedi. Per ora, anziché perderci in ipotesi, ci godiamo una serata che si preannuncia a dir poco emozionante: pochi minuti dopo le 2:30, al primo canestro che farà, quel 14 giugno 2019 sembrerà solo un bruttissimo ricordo a Klay, che farà spazio alla gioia di poter riprendere esattamente da dove aveva finito. Facendo canestri su canestri.