Il miracolo del Sud Sudan: lo Stato più povero del pianeta si è qualificato ai Mondiali di basket
A volte il mondo dello sport racconta favole straordinarie, ai confini con la realtà, trasformando sogni e fantasie in momenti tangibili. E indimenticabili. Come è stato per il Sud Sudan, il più povero Stato al mondo e che vanta la nazionale di pallacanestro più giovane in assoluto, che è riuscito in una vera e propria impresa senza precedenti: qualificarsi ai prossimi Mondiali di basket, che si terranno tra Giappone, Indonesia e Filippine tra il 25 agosto e il 10 settembre 2023.
Per capire la grandezza di quanto raggiunto è necessario spiegare in quali condizioni politiche, economiche e sociali, viva tutt'oggi il Sud Sudan. Negli ultimi due rapporti redatti dalle Nazioni Unite sull'Indice di Sviluppo Umano, il Sud Sudan si è posizionato in entrambe le volte, in fondo alla classifica mondiale, confermandosi il Paese in assoluto più povero del pianeta. Un "primato" che il Sud Sudan si è guadagnato malgrado sia anche la nazione più giovane del mondo. La sua indipendenza risale infatti al 9 luglio 2011, dopo una guerra con il vicino Sudan durata sei lunghi anni. Ma la separazione e l'indipendenza non ha portato la pace in un Paese che presenta numerosissime etnie: nel 2013 è iniziata una nuova guerra civile, la più lunga in Africa costata oltre 2 milioni e mezzo di morti, conclusasi nel 2020.
Come se non bastassero i conflitti a dilaniare il Paese africano, nel 2017 il Sud Sudan è stato colpito da una profonda carestia, portando ad un esodo di massa che ha visto nel corso del tempo oltre 4 milioni di sfollati sugli 11 milioni di abitanti. Riversando il Paese in uno stato di ulteriore estrema povertà, con la popolazione che ancor oggi vive per circa il 94%, in villaggi rurali. In tutto questo, però, si è trovata la forza, il coraggio e la passione di cullare un sogno impossibile, trasformatosi in realtà. Nel 2011, poco dopo l'indipendenza, è nata anche la Nazionale di basket, la più giovane in assoluto al mondo, grazie ad un uomo in particolare: Luol Deng, un ex giocatore di 37 anni che ha militato nei Bulls, Cavaliers, Heat, Lakers e Timberwolves durante le sue 15 stagioni in NBA, dove ha giocato 902 partite .
Figlio di una famiglia di rifugiati, con i suoi otto fratelli fu costretto a lasciare il Paese da bambino, ma è sempre stato legato alle sue origini, non rinnegando mai le proprie radici. Anzi: nel 2005 creò la "Luol Deng Foundation" partecipando ai vari campus di "Basketball Without Borders", che cercano da sempre di portare il basket in luoghi svantaggiati. Deng è sempre stato coinvolto nella ricostruzione del Sud Sudan, fornendo personalmente case e aiutando in ogni modo lo sviluppo del proprio Paese, ricevendo nel 2008 un premio dall'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati per il suo lavoro umanitario.
Deng, nel 2019, è stato eletto presidente della Federazione di Pallacanestro del Sud Sudan diventandone all'occorrenza anche l'allenatore della nazionale, anche se il coach ufficiale è Royal Ivey, ex giocatore NBA e oggi assistente ai Brooklyn Nets. Ed è dalla folle visione di Deng che l'impossibile si è trasformato in realtà. Il Sud Sudan ha così conquistato incredibilmente, ma con merito, uno dei cinque posti a disposizione in Coppa del Mondo riservati all'Africa. Ha guidato il proprio girone di qualificazione con 11 vittorie in 12 partite, lasciandosi alle spalle squadre molto più blasonate del continente come Egitto, Tunisia e Senegal.
Una impresa ancor più esemplare se si tiene conto che dal 2013 al 2020 nessun giocatore della nazionale ha vissuto nel Sud Sudan proprio a causa della guerra civile, annoverando nel roster quattro giocatori orfani a causa dei conflitti e due giocatori nati in campi profughi in Kenya. La squadra non ha mai potuto giocare gli incontri casalinghi nel proprio Paese perché privo di palasport. Eppure la Nazionale è di primissimo livello: alcuni giocatori militano in Australia, altri nelle università degli Stati Uniti e alcuni in Europa. Anche il loro fisico ha aiutato la sorprendente scalata verso i Mondiali: sei dei 12 giocatori in rosa toccano i 2,05 metri e il più basso arriva a 1,94, altezze impressionanti, frutto dell'appartenenza al gruppo etnico Dinka, uno dei popoli più alti al mondo.
L'ultima impresa compiuta dagli Shining Stars, come è conosciuta la squadra nazionale di basket, è stata anche un'altra, di carattere politico e sociale non meno importante ed epocale di quella sportiva: l'impresa della nazionale di basket ha portato anche alla sospensione dei conflitti tra le differenti etnie, riportando incredibilmente la pace. Così la guerra ha lasciato posto ai festeggiamenti: lo scorso agosto, ancor prima di sapere che si sarebbe riusciti a conquistare i Mondiali, quando Luol Deng finanziò di tasca sua un viaggio per raggiungere la capitale Giuba, all'aeroporto c'erano 7 mila persone ad accogliere i giocatori come veri e propri eroi nazionali.