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I Minnesota Timberwolves per questa stagione hanno già vinto

L’arrivo sulla panchina di Chris Finch e la crescita di Karl Anthony Towns hanno cambiato un’inerzia perdente che durava da anni.
A cura di Luca Mazzella
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Settimo posto, con gli Utah Jazz ma anche i Denver Nuggets nel mirino e distanti 1.5 e 2 partite. 23 vittorie lo scorso anno, 45 oggi. Da 25esimo attacco NBA a settimo, da 28esima difesa a 13esima. Un'altra squadra, praticamente, e senza cambiare tanto nei singoli. In casa Minnesota Timberwolves, in questa stagione, la storia di una franchigia abituata a vivere di fallimenti sta toccando livelli che non si raggiungevano praticamente dall'epoca di Kevin Garnett, MVP nel 2003-04 nel momento più glorioso dei 33 anni di vita del team di Minneapolis. Una rivoluzione che affonda radici ben precise nel cambio totale di prospettive e di mentalità avvenuto tra la fine del 2020-21 e l'inizio di questa stagione. Una stagione che, al di là dell'esito, può già definirsi un successo perché già oggi, è bene dirlo, i Minnesota Timberwolves hanno vinto guadagnandosi nuovamente il rispetto della lega.

Il sogno Playoffs

Attualmente, il roster allenato da Chris Finch (insediatosi lo scorso anno al posto di Ryan Saunders con non poche polemiche di contorno per la mancata scelta del vice David Vanterpool) deve disputare altre tre partite, tutte davanti al proprio pubblico, contro i Washington Wizards, i San Antonio Spurs e i Chicago Bulls. Provare a uscirne imbattuti sperando al contempo in più di un passo falso di una tra Denver e Utah potrebbe addirittura spalancare alla franchigia le porte dei Playoffs senza passare per le sabbie mobili del torneo play-in, che oggi andrebbe disputato nonostante tra il settimo seed dei T'Wolves e il decimo posto dei San Antonio Spurs ci siano oltre 10 partite di differenza. In poche parole, pur essendo a distanza ravvicinata dal quinto posto della Western Conference, due sconfitte su partite singole porterebbero alla chiusura anticipata della stagione di Minnesota, mostrando tutte le criticità degli spareggi introdotti da qualche anno con lo scopo di dare ulteriori motivazioni a squadre che diversamente tirerebbero i remi in barca al giro di boa dell'All-Star Game. La ratio del play-in resta assolutamente condivisibile e da lodare in un'NBA che si è sempre mostrata aperta alle innovazioni atte a migliorare la competitività della lega, ma reintrodurre un gap massimo di vittorie dopo le quali non si terrebbero gli spareggi su gara singola (come nella loro prima apparizione nella bolla di Orlando 2020) sembra la via più percorribile e più sensata su cui Silver rifletterà in questa off-season. Nel frattempo, però, l'ottima annata di Minnesota potrebbe avere l'ulteriore ciliegina della post-season, o diretta in caso di crolli delle squadre che la precedono in classifica, o superando l'ostacolo play-in e quindi battendo una tra Clippers, prima avversaria nello scontro tra settima e ottava, e San Antonio/New Orleans a seconda di chi vincerà lo scontro tra nona e decima.

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I segreti della rinascita: la difesa

È davvero complesso trovare uno e un solo motivo per cui una squadra storicamente relegata ai bassifondi della Western Conference si trovi oggi a poter ambire di giocare i Playoffs dopo anni di fallimenti, ma volendo trovare il primo grande elemento di innovazione introdotto nella cultura di questo gruppo, si parte necessariamente dalla difesa. L'acquisizione dell'ex Clippers (via Grizzlies) di Patrick Beverley, scaricato dai lacustri e dato per sicuro partente anche da Minneapolis ancora prima di indossare la canotta per una gara ufficiale, ha rappresentato la prima vera svolta attitudinale all'interno del roster, con la giusta dose di testosterone e un po' di sano trash talking a rianimare una competitività e un agonismo ammorbiditisi negli anni mediocri che avevano preceduto questa stagione. Con tutti i limiti tecnici che la point-guard vista anche in Europa portava storicamente con sé, il beneficio è stato evidente e in casa Timberwolves i giocatori mostratisi più morbidi negli ultimi anni, Karl Anthony Towns su tutti, hanno cambiato approccio in modo radicale andando, spesso e volentieri, anche faccia a faccia contro gli avversari in un mix tra provocazione e ritrovata autostima. Non solo agonismo, però: Minnesota si è mossa bene anche nei recenti draft, puntando su giocatori poco appariscenti (al netto ovviamente della superstar in rampa di lancio Anthony Edwards) ma estremamente funzionali nell'idea di gruppo che la franchigia stava sviluppando: ecco quindi la coppia composta da Jaden McDaniels e Jarred Vanderbilt, giocatori versatili, dalla fisicità molto simile, con lunghe leve a sporcare ogni linea di passaggio e capacità di sprintare in contropiede una volta recuperata la palla. Non è un caso se la squadra di Finch sia ai vertici delle statistiche relative a stoppate, palle recuperate, percentuale di palle perse degli avversari: c'è alla base la precisa ricerca di un'identità difensiva da cui ripartire con nuove ambizioni.

L'attacco: KAT, Ant-Man e il supporting-cast

I già citati Vanderbilt e McDaniels, per i medesimi motivi di sopra, sono diventati preziosi role-players in grado di impattare positivamente anche sull'attacco della squadra, "rubando" canestri e punti da situazioni di taglio o rimbalzo offensivo e senza quindi togliere possessi alle mani delle conclamate star del roster: Karl Anthony Towns, Anthony Edwards e D'Angelo Russell. Il primo sta vivendo la stagione della definitiva esplosione, consacrandosi come uno dei lunghi se non il miglior lungo tiratore della lega ma aggiungendo a un gioco troppo dipendente storicamente dalla dimensione perimetrale una parte in avvicinamento al ferro che ne ha completato il bagaglio tecnico rendendolo uno dei più completi fronte e spalle a canestro di tutta l'NBA. Il Towns 2021-22 sa quando punire avversari pigri segnando da oltre l'arco, ma allo stesso tempo ha capito quando poter e dover giocare duro puntando il ferro e guadagnandosi un fallo. Nella sua evoluzione, spinta poi da motivi extra-cestistici da lui stesso preannunciati (la scomparsa della madre e di diversi parenti a causa del covid che lo avevano addirittura avvicinato all'idea del ritiro), c'è il primo segreto di una metà campo offensiva dove i giocatori amano passarsi la palla (Minnesota è settima per punti generati da assist) senza disdegnare l'idea di mandare in isolamento il loro compagno più forte o l'altra star in ascesa del team, quell'Anthony Edwards che a nemmeno 20 anni e in forza dei suoi numeri stagionali (21 punti, 4.8 rimbalzi e 3.8 assist con una true shooting del 55%) siede già oggi per "precocità" a un tavolo di pochissimi eletti in grado alla sua età di incidere in questo modo. Per chiudere, la terza bocca di fuoco annunciata ovvero D'Angelo Russell: miglior amico di Towns, alle prese con continui infortuni che ne hanno frenato lo sviluppo lo scorso anno, il mancino ex Nets e Warriors ha imparato a mettersi a disposizione dei compagni come testimonia il massimo di assist in carriera (7.0) pur restando il giocatore a cui affidare la palla nei momenti più caldi del match (è dodicesimo in NBA per punti a partita nel clutch) con uno usage rate (la percentuale di possessi che si chiudono con un tiro/palla persa di un giocatore) al minimo da quando in NBA, dopo l'anno da rookie. Completano il quadro giocatori giovani come Naz Reid, Malik Beasley e Jaylen Nowell, divenute perfette e complementari pedine di uno scacchiere in cui ognuno conosce con precisione pregi e difetti del proprio gioco ed è sfruttato per ciò che sa fare meglio.

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Senza assillo

Per quanto aggiungere già oggi la ciliegina sulla torta con la qualificazione ai Playoffs possa rappresentare l'ennesimo step in avanti di un progetto che ha imboccato finalmente la strada più virtuosa, far dipendere il giudizio sulla maturità raggiunta da un gruppo così giovane e alla prima vera stagione vincente dopo anni dalla qualificazione e dall'esito della post-season sarebbe ingrato. L'NBA è piena di esempi di squadre che, una volta risucchiate nel limbo della mediocrità, stentano a tirarsene fuori dopo aver abituato alla sconfitta i rispettivi roster. La rivoluzione che in pochi semplici mosse è iniziata a Minneapolis poggia oggi su nuove e luminose premesse, che devono tuttavia rappresentare solo un punto di partenza verso soddisfazioni da raccogliere nelle prossime stagioni. Se i Timberwolves dovessero proseguire in questa crescita costante, già il prossimo anno l'asticella potrebbe essere collocata più in alto. Capitalizzando al massimo il talento dei giovani che finalmente sono stati indirizzati verso la direzione più giusta.

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