I Mavs mettono i Playoffs NBA nel mirino. Ma quando li vedremo contender?
8 vittorie nelle ultime 11 partite, settimo posto nella Western Conference a sole 2 gare dal quinto posto dei Nuggets e…Playoffs nel mirino. In più: dal 22 febbraio settimi per offensive rating, quinti per defensive rating, terzi per net rating (la differenza tra i primi due). Dopo una pessima partenza dovuta soprattutto agli infortuni e ai tanti positivi per covid-19 (appena 15 partite su 42 sono state giocate dal "quintetto-base"), Dallas sembra finalmente vicina agli standard della passata stagione e questo sta inevitabilmente passando per le prodezze di Luka Doncic. Eppure, la svolta nella stagione dei texani è arrivata nel momento in cui, ritrovata innanzitutto l'altra star del team Kristaps Porzings e quel supporting cast che l'anno scorso è stato fondamentale nel consentire di raggiungere la post-season e giocarsi una serie all'altezza contro i favoritissimi Los Angeles Clippers, è il contorno di Doncic ad essere cresciuto in modo importante. Fino a mettere oggi i Mavs nella condizione di poter realisticamente ambire alla qualificazione ai Playoffs senza l'incubo del mini-torneo tra settima e decima che decreterà le ultime due qualificate.
Il fattore K
C'è stato un momento ben preciso di quest'annata, a ridosso dell'All-Star Game che l'NBA ha allestito in fretta e furia per questioni meramente economiche, in cui le voci di un possibile scambio che coinvolgesse Kristaps Porzingis sono diventate così insistenti da costringere il proprietario del team, Mark Cuban, a smentire pubblicamente l'ipotesi di una trade del lettone. I 29 milioni abbondanti a libro paga per quest'anno (destinati a salire progressivamente fino ai 36 della stagione 2023/24) sono sembrati in effetti tantissimi per il rendimento di inizio anno dell'ex Knicks, poco mobile in difesa e decisamente discontinuo in attacco, ma l'infortunio serio al ginocchio e i ritmi forsennati degli ultimi mesi non ne avevano di certo facilitato il recupero. I giorni di riposo per la partita delle stelle, unite ad una rabbiosa reazione d'orgoglio per le tante voci di scambio, hanno riacceso Porzingis, dal cui rendimento passano tante delle fortune della squadra (che ha un record di 6-1 quando segna almeno 25 punti a partita, tra cui va inserita anche la W di stanotte contro Minnesota, una delle squadre uscite meglio dalla pausa).
Oggi il lettone segna 20 punti di media tirando dal campo e da tre praticamente con le stesse percentuali di Doncic (48% e 37%), ma è dalla sua capacità di attaccare il ferro e segnare canestri su situazioni diverse dai tiri piazzati che potrebbe passare l'ulteriore miglioramento della squadra. In più, quello che gli viene richiesto e che stanotte ha fatto egregiamente, Porzingis deve diventare un fattore in difesa e far valere gli oltre 220 centimetri diventando un affidabile "rim-protector" senza che questo passi da quintetti "big" con un ipotetico centro al suo fianco (nelle ultime ore si sta parlando con insistenza di Andre Drummond). Due piccoli step, in apparenza, ma che richiedono uno sforzo che porterebbe Dallas molto più vicina alle contender di quanto non sia oggi.
Con una seconda stella a tutto tondo, esattamente come la versione di Porzingis vista nella bolla, le prospettive dei Mavs cambierebbero e a quel punto la missione della dirigenza sarebbe quella di completare la squadra e non disperdere il talento e l'entusiasmo generato dall'avvento di Luka Doncic.
Diventare contender
Senza girarci attorno: avere uno dei primi 10 giocatori NBA in squadra e non assecondarne, in un certo senso, la fame di vittoria, sarebbe un autogol imperdonabile per i Mavs. LeBron e Anthony Davis, Chris Paul e Devin Booker, Ben Simmons e Joel Embiid, senza scomodare la corazzata Brooklyn Nets e i suoi 3 tenori (ai quali recentemente si è aggiunto Blake Griffin), dimostrano come le ambizioni di anello passino in primis per una coppia, addirittura un terzetto, di super-star, ma allo stesso tempo di quanto sia necessario avere un di contorno specialisti, veterani e ulteriori bocche da fuoco che diventano fondamentali in serie giocate su 7 partite, in cui le difese si adattano e molto al gioco delle super-star, sfidando appunto "gli altri" a prendersi responsabilità pesanti. In alternativa, creare dei sistemi a misura della propria star (vedi i Bucks) o puntare sulla collettività e la presenza di più bocche da fuoco, come gli Utah Jazz, sono opzioni certamente remunerative in stagione regolare ma non sufficienti, la storia ci dice, per arrivare in fondo.
I nomi circolati tra off-season (Jrue Holiday, Bradley Beal) e queste ultime ore (Andre Drummond, John Collins, Victor Oladipo, Lonzo Ball, Aaron Gordon) vanno comunque, con tutte le differenze del caso, a inserirsi nell'ottica di una terza pedina da aggiungere per alzare ulteriormente il livello di questa squadra, a cui tecnicamente stanno mancando in primis le triple di Seth Curry (partenza fin troppo sottovalutata dal front-office), e ancora oggi un giocatore capace di giocare con Doncic sgravandolo di possessi (con più di 9 minuti a partita, lo sloveno è primo in NBA per "possesso palla") e offrirgli un supporto difensivo che appare necessario e che non è stato trovato in Josh Richardson (Dallas attualmente ha il 23esimo defensive rating contro il 18esimo della scorsa stagione).
Più in generale, va capitalizzato al massimo il lasso di tempo che il contratto di Doncic offre (10.1 milioni il prossimo anno) prima di estenderlo alle cifre che un giocatore del suo status merita. Se questo passerà per una vera e propria terza star rendendo Dallas in grado di competere con le prime della classe, o aggiungendo role-players diversi da quelli attuali, con tutto il rispetto per gli eccellenti Jalen Brunson, Tim Hardaway Jr e Maxi Kleber è decisione di Mark Cuban. Ma il momento giusto per farlo si avvicina sempre di più.