I Boston Celtics 2020-21 sono la delusione più grande dell’anno in NBA
27 settembre 2020, gara 6 della finale di Eastern Conference. Di fronte i Miami Heat e i Boston Celtics. A vincere, per 125-113 chiudendo la serie 4-2 e qualificandosi quindi alle Finals, è la squadra della Florida, guidata da un fantascientifico Bam Adebayo. Eppure, tutti sono convinti che per margini di miglioramento e età dei suoi giocatori principali, il futuro sia dalla parte di Boston, per molti la vera squadra pronta a spiccare il volo e a prendersi la vetta dell'Est.
10 maggio 2021, ore 23:00 italiane: Shams Charania per primo lancia la notizia. Jaylen Brown ha subito una lesione ai legamenti del polso sinistro e resterà fuori fino al termine della stagione. Brown dà appuntamento al 2021-22 a un roster attualmente settimo nella Eastern Conference e lo fa dopo aver giocato la miglior stagione in carriera, coi massimi storici in punti (24.7), assist (3.4), percentuale dal campo (48.4%), da tre (39.7%) e ai liberi (76.4%), con tanto di convocazione per l'All-Star Game a suggellare un'annata da sogno, che l'ha visto consacrarsi come perfetta spalla "gemella" del più pubblicizzato Jayson Tatum, designata superstar della franchigia. Boston si appresta quindi a giocare il play-in poggiandosi sul solo talento di quest'ultimo e si affaccia alla post-season, in caso di qualificazione contro gli ambiziosi Charlotte Hornets, con la quasi assoluta certezza di non riuscire a replicare il risultato di appena 8 mesi fa, decretando a tutti gli effetti un mezzo fallimento di un progetto che sembrava pronto a esplodere e invece rimanda ancora – questa volta anche per sfortuna – l'appuntamento con il salto di qualità finale.
Peggiorati in attacco, peggiorati in difesa
La prima evidenza spulciando i numeri della squadra allenata da Brad Stevens, la cui figura esce forse ridimensionata più di tutte le altre dopo quest'anno, è che Boston difende e attacca peggio, essendo passata dalla quarta miglior difesa NBA (defensive rating di 107.0 nel 2019-20) alla diciannovesima (112.6), e dal quarto attacco (113.3 di offensive rating) al decimo (114.2, in assoluto sarebbe anche un dato migliore ma siamo davanti a una stagione statisticamente "drogata" da tante sfide prive di agonismo per gli impegni ravvicinati e il calendario fitto), e se da un lato le continue defezioni di uomini chiave come Marcus Smart, Kemba Walker e recentemente lo stesso Jaylen Brown (assente già nelle ultime due sfide, entrambe perse, contro Bulls e Heat) hanno certamente reso difficile la vita al coach, che ha dovuto continuamente fare ricorso a quintetti nuovi e sperimentali, il record di squadra nelle 18 partite giocate dai "Big 4" Tatum-Brown-Walker-Smart dice comunque 9-9, appena il 50%, a testimonianza che non è solo negli infortuni che va ricercato il motivo del mancato salto di qualità. L'attacco dei Celtics è risultato spesso statico, totalmente affidato agli isolamenti dei comunque talentuosi Tatum e Brown, e solo l'esplosione post All-Star Game del lungo Robert Williams III, scarsamente preso in considerazione fino a quel momento, ha creato un minimo di movimento di palla grazie alla sua abilità di playmaking e di passaggio dal post-alto, spot nel quale fino a due stagioni fa la squadra poteva contare sulla sapiente regia di Al Horford.
In difesa la squadra sembra la brutta copia di quella dello scorso anno, con pessime rotazioni perimetrali e assenza di un rim-protector di livello, dopo la deludente firma di Tristan Thompson, altro misterioso upgrade che tale non si è rivelato e che, assieme a Teague (poi tagliato) e il recente scambio per Evan Fournier usando quasi tutta la trade player exception a disposizione, rappresentava la pedina ritenuta utile per migliorare la squadra secondo le idee di Danny Ainge. L'esterno francese ex Orlando Magic, c'è da dire, sembra poter coprire in parte la lacuna lasciata da Brown, seppur con un gioco del tutto diverso, ma fare canestro non è mai stato un problema per chi nelle ultime apparizioni da starter viaggia abbondantemente sopra i 20 punti di media. Il problema, semmai, è non poter più contare sulla metà campo difensiva del numero 7, oltre a perdere l'apporto che Fournier dava in uscita dalla panchina, altra enorme lacuna della squadra.
Le colpe della dirigenza
Danny Ainge, lo storico GM della squadra, è finito sul banco degli imputati. Complice un eccessivo attendismo che poggia le fondamenta sull'età delle due superstar blindate da accordi lunghi e perfettamente in sintonia tra loro (24 e 23 anni per Brown e Tatum), ma che ha fatto sì che la squadra finalista di Conference fosse superata nel giro di pochi mesi da Nets, Bucks, Sixers, e dalle sorprendenti annate di Hakws e Knicks senza contare la stessa Miami, che proprio a pochi passi dal traguardo si è compattata e pare oggi destinata a prendersi il sesto posto, Ainge si trova nella posizione di dover nuovamente mettere una pezza dopo un max-contract rivelatosi inadatto e non all'altezza della situazione dopo quelli dati a Irving e a Hayward, salutati a scadenza senza ottenere nulla in cambio. La situazione salariale della franchigia non è rosea e il contrattone fatto firmare a Kemba Walker oggi è un enorme ostacolo e non consente di avere flessibilità e margine per operare vista la totale assenza di mercato e i dubbi fisici attorno al giocatore, e all'orizzonte con lo stesso Fournier si dovrà fare una scelta, essendo il suo contratto in scadenza.
In Jayson we trust
Che la grande speranza di Boston sia Jayson Tatum è anche superfluo dirlo. L'ex Duke, pur essendo un giocatore ancora da farsi in certi aspetti (il ricorso agli isolamenti e la shot selection, talvolta, lasciano ancora perplessi), ha spiccato definitivamente il volo, dimostrandosi pronto al ruolo di primo tenore e di uomo franchigia anche nei momenti più delicati delle partite. Tuttavia, con il play-in che si prospetta contro gli Hornets e un possibile primo turno, da settima in caso di vittoria, contro i Brooklyn Nets dei Big 3 James Harden, Kevin Durant e Kyrie Irving, è difficile pensare che con le sue sole prodezze la squadra possa mettere il naso oltre una sconfitta in 5 o 6 onorevoli partite, nel migliore dei casi.
Se da un lato anche una sonora sconfitta resterà uno dei tanti step verso la grandezza di questi Celtics, che continuano a dormire sonni tranquilli per un futuro che ha trovato i pilastri su cui poggiare, la continua serie di delusioni in post-season inizia a fare davvero troppo rumore per chi da molti veniva ritenuto pronto a raccogliere l'eredità di LeBron James, cannibale a Est, una volta che il 23 ha lasciato libero il trono trasferendosi ai Los Angeles Lakers. Rimandare di un altro anno l'appuntamento verso la gloria non sarà un problema, ma il tempo a disposizione rischia di finire.