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Ha rischiato di restare paralizzato a vita: ora Aron Baynes sogna il ritorno in NBA

A un anno dall’infortunio che ha rischiato di comprometterne per sempre la carriera, il lungo australiano si prepara all’incredibile ritorno nella Lega americana.
A cura di Luca Mazzella
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Rischiare di non camminare più e, nel giro di un anno, sognare di tornare a calcare di nuovo i parquet NBA. È la storia incredibile di Aron Baynes, lungo australiano di 35 anni visto nelle ultime stagioni con le canotte di Spurs, Pistons, Celtics, Raptors e Suns e medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Tokyo. Proprio dove il 28 luglio scorso, nella partita contro l'Italbasket, Aron ha rischiato di restare paralizzato a vita per un infortunio gravissimo e inizialmente inspiegabile.

Tra terzo e quarto periodo infatti Aron, che fino a quel momento stava letteralmente dominando sotto i tabelloni, era andato in bagno ma non tornando per diversi minuti un componente dello staff della squadra, preoccupato, si era diretto verso gli spogliatoi per capire se ci fosse qualche problema. E in effetti, aveva trovato il lungo svenuto e disteso sul pavimento, con una serie di tagli sul braccio e in una pozza di sangue.

L'infortunio di Baynes, quasi certamente, risaliva a 3 giorni prima, quando con le dita ancora umide per il disinfettante aveva tentato una normalissima schiacciata nel riscaldamento prima delle gara contro la Nigeria, perdendo il contatto il ferro e rovinando sul parquet con i 120 chili del suo imponente corpo a fare pressione sul solo collo. Svenuto per quella che si rivelerà poi essere un'emorragia interna con interessamento del midollo spinale, Aron aveva provato nello spogliatoio a tenersi in piedi sui ganci ai quali erano appesi gli asciugamani, salvo provocarsi una serie di tagli prima di cadere a terra.

Intervenuti subito i medici e portata la barella per trasportarlo in ospedale, il giocatore aveva anche provato a rialzarsi salvo capire da subito di aver perso non solo la sensibilità delle mani e delle braccia, ma in generale di non riuscire più a muovere un singolo muscolo del corpo. Con uno zio paralizzato e sempre presente nella sua adolescenza, i pensieri del lungo australiano erano andati subito verso l'incubo di dover rinunciare al basket e restare costretto alla sedie a rotelle per tutta la vita. A complicare ulteriormente le cose arrivano le limitazioni dell'ospedale dove viene ricoverato, che una volta accertata l'emorragia gli nega inizialmente ogni contatto con l'esterno.

Nessun compagno di squadra, familiare, amico, medico della spedizione australiana può fargli visita e per due settimane il recupero di Aaron inizia senza alcun supporto e con le difficoltà di farsi comprendere anche nelle richieste più basilare dagli infermieri, che non parlano inglese. Col tempo l'ospedale gli concede piccoli colloqui da 15 minuti e i medici della squadra iniziano a pianificare il recupero, un passo alla volta.

Nel giro di altre due settimane il giocatore torna in piedi per la prima volta dalla caduta negli spogliatoi, e decide di condividere i progressi con moglie e figli, in videochiamata, prima di pianificare il ritorno a casa e la seconda fase della sua riabilitazione. Che Aron porta avanti con l'obiettivo, per molti inverosimile, di tornare a giocare in NBA. Ci vogliono circa 2 mesi di sedute per ricominciare a correre, ma prima di toccare una palla da basket decide di attendere una settimana intera senza alcun tipo di caduta o difficoltà negli spostamenti. La cosa sconvolgente è che da luglio alle prime notizie sul suo infortunio, diffuse da ESPN, nessuna notizia era circolata a riguardo e dei rischi corsi nei giorni di Saitama sapevano  solo compagni e familiari. Quando il suo calvario diventa di dominio pubblico, Aron si sta già allenando per 8 ore al giorno con l'obiettivo di giocare almeno una partita nella lega.

L'ultimo anno e gli incubi peggiori fatti nelle settimane più dure del suo recupero, oggi, sembrano finalmente un bruttissimo ricordo, perché è notizia di queste ore che Aron è tornato in America e si sta allenando con diverse squadre, sostenendo dei workout in quel di Las Vegas dove si sta giocando la Summer League. Lui stesso ha condiviso sui social una foto in cui appare in ottima forma con didascalia "Back doing what I love" che dice tanto dei mesi di sofferenza passati in silenzio.

Oggi, a distanza di quasi 365 giorni, il lungo australiano spera nel miracoloso ritorno in NBA. Un qualcosa che il 28 luglio 2021 sembrava impossibile e che sta invece per diventare realtà.

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