Golden State rischia di perdere una delle sue stelle: Green batte cassa, problemi per i Warriors
È inutile negarlo. Nella dinasty dei Golden State Warriors, 4 volte campioni NBA con ben 8 Finals disputate nell'era Steve Kerr, il giocatore forse più importante del roster a disposizione dell'ex assistente di Gregg Popovich è stato Draymond Green. Dietro le triple da distanza siderale di Steph Curry, front-man della squadra che più di ogni altra negli ultimi 20 anni ha incarnato l'evoluzione del Gioco verso nuove distanze, spaziature e movimenti offensivi, il ruolo del numero 23 prodotto della Michigan State University è sempre andato ben oltre le cifre rappresentando il perfetto collante in attacco e l'ancora difensiva essenziale sulla quale la franchigia di San Francisco ha costruito la stragrande maggioranza dei suoi successi.
La capacità di intendersi proprio con Curry, il playmaking e le doti da passatore sono tutt'ora infatti tra i segreti di un roster che pur nella sua profondità non ha mai saputo realmente prescindere dalle doti di Draymond che, al contempo, ha spesso e volentieri tenuto da solo in piedi anche l'altra metà campo, quella in cui il suo scientifico lavoro di aiuto, difesa sulla palla, guida vocale dei compagni e protezione del ferro lo ha consacrato come uno dei più incisivi difensore di quest'epoca. Insomma, uno di quei giocatori ai quali non si può realmente rinunciare come testimoniano le Finals nelle quali, tornato ai suoi livelli, è stato semplicemente straordinario sulle due metà campo contribuendo in maniera decisiva all'ennesimo successo.
Eppure, da quanto emerge in queste ore e considerata anche la situazione salariale di una squadra sulla quale, subito dopo l'anello, sono piombate critiche su critiche per via di una gestione contrattuale particolarmente generosa da parte del proprietario Joe Lacob (che ha difeso con forza il lavoro del suo front-office evidenziando le falle del sistema del luxury cap che penalizzerebbe i Warriors allo stesso modo di un qualsiasi superteam, pur essendo squadra composta quasi nella sua totalità da giocatori scelti, cresciuti e consacratisi in canotta gialloblu), le riflessioni che la franchigia dovrà fare tra poco meno di una settimana sul futuro di uno dei suoi pilastri potrebbero portare anche a un clamoroso divorzio.
Draymond infatti, si legge in queste ore, vorrebbe un'estensione contrattuale di 138 milioni nei prossimi 4 anni, da aggiungersi ai 25.8 a libro paga per la prossima stagione e rinunciando ai 27.5 del 2023/24 per far spazio al nuovo accordo. Una cifra che, allo stato e viste le polemiche in atto (che peraltro sono costate a Lacob 500.000 dollari di multa) come scrive The Athletic quasi certamente la franchigia non metterà sul tavolo , dovendo fronteggiare le spese dello scorso anno – qualcosa come 350 milioni tra salari e sanzioni – e quelle che si prospettano all'orizzonte, e che potrebbe quindi condurre ad una sanguinosa rottura.
Green di fatto vorrebbe legarsi ai Warriors sino al 2027, quando avrà 37 anni, a cifre che con l'attuale situazione salariale dei Dubs varrebbero una penalità in termini di luxury tax mai vista nella storia NBA (sempre The Athletic ipotizza una spesa di 564 milioni se tutti i giocatori in odore di estensione fossero rinnovati alle cifre di mercato attuale). Quello che è sicuro è che una decisione del genere potrebbe avere ripercussioni importanti sulla tenuta di una squadra che dal giorno 0 nel terzetto Curry-Thompson-Green ha costruito le sue fortune, sopravvivendo anche all'era Kevin Durant e confermandosi la prima della classe dopo due stagioni a dir poco mediocri per gli standard a cui avevano abituati i suoi tifosi.
Ma con all'orizzonte altre scelte delicate da prendere su giocatori come Jordan Poole e Andrew Wiggins, il sacrificato di lusso potrebbe essere davvero il lungo, per il quale si aprirebbero le porte della free agency tra 12 mesi – quando la certezza di non ricevere l'estensione porterà quasi certamente al rifiuto della player option – con tutte le contender pronte ad offrire all'assistito di Rick Paul e della Klutch Sports (agenzia di fatto co-gestita da LeBron James) un ultimo accordo di livello e l'ennesima chance di giocare per il titolo. Per quanto le valutazioni strettamente economiche suggeriscano un doloroso divorzio, l'obiettivo del front-office Warriors deve essere quello di preservare, ancora per qualche anno, il core che ha scritto pagine importanti della storia recente della lega.