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Due gare 7 stasera in NBA: Celtics contro Bucks e Suns contro Mavs, cosa c’è in palio

Alle 21.30 e alle 2.00 italiane si giocheranno le due semifinali di Conference ancora in vita. Ad attendere le vincitrici, ci sono Miami Heat e Golden State Warriors.
A cura di Luca Mazzella
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Si parte alle 21.30 con Boston Celtics-Milwaukee Bucks. Si prosegue alle 2.00 con Phoenix Suns-Dallas Mavericks. Sono le due semifinali ancora da decidersi nella Eastern e Western Conference di NBA, con in palio la possibilità di arrivare al penultimo appuntamento sulla strada che porta all'anello di campioni della lega e guadagnarsi la finale rispettivamente contro Miami Heat e Golden State Warriors. E soprattutto, sono due gare 7: l'ultima chance disponibile in due serie che si sono protratte a suon di giocate fenomenali fino all'appuntamento finale, la "bella", o come la chiamano negli States, l'elimination-game. Due partite che racchiudono nel giro di 48 minuti mille trame e diversi incroci che definiranno negli anni la Grandezza dei protagonisti in gioco, ognuno dei quali si sta giocando una fetta di legacy che in qualche modo andrà a incidere nei prossimi anni di gioco.

Boston Celtics-Milwaukee Bucks

L'ultima sfida di una serie che per molti è antipasto delle Finals NBA e dalla quale potrebbe verosimilmente uscire la squadra poi in grado di portare a casa il Larry O'Brien Trophy non deluderà di certo le aspettative. Da un lato la miglior squadra della lega da gennaio a oggi, una Boston che affidata alla sapiente gestione di Ime Udoka ha prima sofferto e deluso nei primi due mesi alla ricerca di una chiara identità offensiva e difensiva, poi è definitivamente esplosa trovando una rotazione di 8 uomini e una serie di certezze tra cui il doppio muro composto dai big-men Al Horford e Robert Williams III, un vice Smart trovato finalmente sul mercato con l'acquisizione di Derrick White alla trade deadline, e soprattutto un Jayson Tatum investito in maniera decisa del grado di primo violino della squadra.

Un ruolo che l'ex Duke ha abbracciato nel migliore dei modi, dimostrando in questa post-season di essersi ormai consacrato tra i migliori giocatori NBA e di essere pronto a portare i Celtics allo stadio finale, dopo anni nel limbo di un potenziale da sempre mostrato a intermittenza e scelte offensive che oggi appaiono molto più mature rispetto ai primi anni di carriera. Un giovane-veterano, dal momento che parliamo di un ragazzo del 1998 ormai sulla cresta dell'onda da diverse stagioni ma sempre fermatosi a pochi passi dalla totale consapevolezza dei propri mezzi. Dalle sue mani, dopo i 46 punti che spalle al muro e sotto 3-2 hanno portato la serie in parità in Wisconsin, passeranno i possessi chiave del match.

Sulla strada tra Tatum e la Finale di Conference c'è però da superare un ultimo ostacolo, o meglio quello che nel corso di tutta la serie si è dimostrato enigma irrisolvibile per la difesa di Udoka ovvero Giannis Antetokounmpo. Il campione NBA in carica, nonostante l'assenza del secondo giocatore della squadra Khris Middleton e il supporto che solo a intermittenza sta arrivando dai compagni soprattutto in attacco, ad appena 27 anni può vantare già una bacheca da Hall of Famer tra premi individuali e l'anello di un anno fa.

Anziché rassegnarsi a un'obiettiva differenza di valore con i più lunghi e più sani Celtics, il nativo di Sepolia ha alzato i giri del suo motore e nonostante un gioco offensivo di squadra ben lungi dal potersi definire efficace e armonioso (il suo uso da bloccante e rollante continua a essere ben al di sotto di quanto effettivamente si potrebbe fare con i suoi mezzi fisici) nelle ultime 4 partite ha messo assieme 160 punti, 61 rimbalzi e 22 assist, cifre mai collezionate negli ultimi 60 anni di Playoffs NBA in uno span di 4 gare.

E se questa è la produttività che il greco riesce ad avere contro la difesa sulla carta più attrezzata di tutte per arginarlo e tra le migliori se non la migliore in assoluto della lega da inizio 2022, ogni altro avversario che Giannis potrebbe trovarsi di fronte da qui al secondo anello di fila al dito dovrebbe iniziare a tremare sin da oggi e sperare nell'eliminazione dei Bucks. Che pur in difficoltà per l'infortunio di Middleton, conservano in squadra il più dominante giocatore del mondo. Un vantaggio non da poco, anche al TD Garden.

Phoenix Suns-Dallas Mavericks

La serie tra la squadra dell'Arizona e quella del Texas, a dire il vero, non prometteva l'equilibrio poi mostrato per 6 gare e che sfocerà nella seconda "bella" della notte, in casa Suns visto il miglior record in regular season. Dopo le due gare giocate a Phoenix infatti, entrambe vite da Devin Booker e soci, la serie sembrava saldamente in pugno dei Suns, capaci di punire le mancanze soprattutto difensive di Luka Doncic e trascinate dal solito gioco corale e da una panchina più profonda e di impatto. Il ritorno a Dallas ha tuttavia riacceso la serie, arrivata prima sul 2-2 e, con due blow-out games, finita sul 3-3 dopo il +30 di Phoenix in gara 5 e il +27 di Dallas in gara 6.

Partite contrassegnate da una continua alternanza di provocazioni tra le due giovani superstar delle squadre, Devin Booker e Luka Doncic, con il primo ad accusare il secondo di simulare eccessivamente per mostrare i contatti agli arbitri e il secondo totalmente a proprio agio nelle provocazioni ricevute da pubblico e avversari e autore finora di 32.2 punti, 9.8 rimbalzi e 7.5 assist, con la ciliegina di una gara 6 giocata a un passo dall'eliminazione in maniera matura e decisa, confermandosi bestia nera dei propri avversari quando si tratta di tenere in vita una serie Playoffs (i suoi 39.0 punti sono la seconda miglior media della storia negli elimination-games).

Di contro, alla "Luka-Ball" che ha fatto spiccare il volo ai Mavs da febbraio in poi con la cessione di Krisptas Porzingis e l'assetto senza di fatto un vero e proprio lungo con cui Dallas sta costruendo i suoi successi, i Phoenix Suns schiacciasassi di regular season sembrano essere meno fluidi di quanto visto fino a qualche settimana fa. Le scorie di un primo turno sudato più del previsto contro i New Orleans Pelicans, le partite saltate da Devin Booker, un calo in qualche modo fisiologico di un Chris Paul che a 37 anni di età ha sì trascinato la squadra in più occasioni tirando però il fiato nelle ultime 2 gare (7 e 13 punti), hanno improvvisamente ridato vita a una serie che sembrava il semplice antipasto della seconda finale di Conference consecutiva dopo quella di un anno fa, poi vinta con conseguente approdo alle Finals NBA.

I Suns restano la squadra più lunga delle due, col miglior difensore (Mikal Bridges), il miglior lungo (DeAndre Ayton) e la panchina più produttiva. Le certezze di un anno intero sono state però minate dalle giocate fenomenali di Doncic, che una volta accettato di "sporcare" la serie con il trash talking che i vari Devin Booker, Jae Crowder e Chris Paul non hanno mai risparmiato da gara 1 su di lui, oggi fa più paura che mai in gara secca. Anche perché l'ultima giocata non è andata malissimo…

È il bello di giocarsi tutto in 48 minuti, un qualcosa che per la logica dei Playoffs viene vissuta dai tifosi e dagli stessi protagonisti in campo in modo speciale. Una stagione lunga 100 partite, un percorso iniziato a ottobre, 48 minuti per veder sfumare tutto o proseguire nel sogno. Le due parole più belle dello sport, non a caso: gara sette.

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