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La morte di Kobe Bryant, star NBA, e di sua figlia

Due anni dopo la morte di Kobe Bryant è rimasta una sola domanda ancora senza risposta

Il 26 gennaio 2020 Kobe Bryant, sua figlia Gianna Maria e altre sette persone morirono in un incidente in elicottero causato da un errore di negligenza del pilota. Le foto dei resti umani scattate sul luogo, e mostrate al di fuori di ambiti professionali, hanno spinto la vedova, Vanessa, a citare in giudizio la Contea di Los Angeles per violazione della privacy. Perché lo hanno fatto?
A cura di Maurizio De Santis
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Il 26 gennaio 2020 Kobe Bryant, sua figlia Gianna Maria e altre sette persone morirono in un incidente in elicottero avvenuto nella contea di Los Angeles e causato da un errore del pilota.
Il 26 gennaio 2020 Kobe Bryant, sua figlia Gianna Maria e altre sette persone morirono in un incidente in elicottero avvenuto nella contea di Los Angeles e causato da un errore del pilota.
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Joey Cruz entra in un locale. Si siede al banco e ordina qualcosa da bere. Sembra una scena di un serial americano quando, chi ogni tanto chi tutte le sere, lascia la giornata in fondo al bicchiere. Due giorni dopo la morte di Kobe Bryant, uno dei vice-sceriffi della contea di Los Angeles si accomoda sullo sgabello, prende il telefonino dalla tasca e inizia a giocarci. Lo passa tra le mani, lo fissa in maniera compulsiva mentre fa un cenno perché gli portino un goccio. Ha qualcosa nascosto che sembra morire dalla voglia di mostrare.

È un segreto troppo grande da custodire anche per lui che è vincolato da obblighi professionali. Impugna il bicchiere, fa un sorso e con le labbra ancora umide aggancia la conversazione con il barista. Il tono è colloquiale, leggero e per questo inquietante. La morte e gli aspetti più raccapriccianti entrano nel corredo accessorio di un dialogo stucchevole per la superficialità dell'approccio. Si è consumata una tragedia, ci sono famiglie distrutte dal dolore, ma le parole e i gesti rendono tutto così banale, irrispettoso.

Il dialogo è surreale. "Hai seguito la vicenda di Kobe?". "Sì, ed è davvero triste". "Guarda… qui con me ho delle foto. Vuoi vederle?". E le mostra. Inconsapevole di cosa avrebbe scatenato, cede alla tentazione e in un attimo la sciagura diventa pettegolezzo, curiosità morbosa. Lo stesso barista, come ammesso in seguito da uno degli avventori, racconta ad altri clienti di aver visto quegli scatti drammatici.

Lo fa appena il vice-sceriffo esce dal locale ed è un fiume in piena: conosce i dettagli della notizia dell'anno e può descriverli come fosse stato sulla scena della tragedia. In quelle immagini c'erano i resti umani dell'ex stella dei Lakers e dello sport mondiale, della figlia Gianna e degli altri sette componenti dell'equipaggio morti a bordo dell'elicottero precipitato a Calabasas (in California) il 26 gennaio 2020.

In un'immagine ottenuta dal video di sorveglianza, il vice Joey Cruz (a sinistra) ha condiviso le foto dell'incidente mortale di Kobe sul suo telefono con un barista di un locale vicino a Los Angeles (fonte usatoday.com).
In un'immagine ottenuta dal video di sorveglianza, il vice Joey Cruz (a sinistra) ha condiviso le foto dell'incidente mortale di Kobe sul suo telefono con un barista di un locale vicino a Los Angeles (fonte usatoday.com).

Le telecamere di sorveglianza del bar hanno registrato tutta la scena: il video conferma la versione dei fatti fornita agli inquirenti dal barista (come riportato da usatoday.com) che nei frame viene immortalato con un'espressione compiaciuta. Non crede ai suoi occhi, è forse tra i primi cittadini comuni ad aver visionato quei particolari di un episodio che ha sconvolto l'America e il mondo intero, considerata la notorietà globale del personaggio. "Erano parti del corpo", dirà nella deposizione su Cruz, uno degli ufficiali della contea di Los Angeles querelato dalla vedova di Kobe, Vanessa Bryant, per violazione della privacy sulle foto del marito e della figlia deceduti nell'incidente.

Cruz, inizialmente sospeso con un provvedimento interno per 10 giorni, se la caverà con una punizione meno severa: un paio di giorni senza paga. Ma la vicenda legale che lo riguarda non è ancora finita. E non è stato il solo a essere finito nei guai dopo la denuncia dalla moglie di Bryant. Il capo dei Vigili del Fuoco della contea di Los Angeles, Tony Imbrenda, si lasciò prendere la mano quando a un evento fece la stessa cosa del vice-sceriffo: prese il telefonino dalla tasca e mostrò alcune foto scattate sul luogo dell'incidente.

"Ho appena visto le foto di Kobe bruciato prima di mangiare", è una delle frasi pronunciate al banchetto, tra un aperitivo e un boccone. Imbrenda ha rischiato il licenziamento ma è riuscito a evitarlo con una sanzione meno grave: è stato degradato. Perché lo ha fatto? Non ha saputo motivarlo. Si giustificò dicendo che lui e altri capitani colleghi stavano discutendo su come erano riusciti a identificare l'elicottero, che il telefono era rimasto "sempre nelle sue mani" e non ricordava "il contenuto esatto delle foto". "Nessuno tranne altri capitani le hanno viste sul mio telefono". Ma non è stato così.

Kobe morto per un errore del pilota: la dinamica dell'incidente

Un grave errore di valutazione commesso del pilota che violò il protocollo sulle regole del volo e fu ingannato dal "disorientamento spaziale" provocato dalla nebbia. È stata questa la causa dell'incidente in elicottero che portò alla morte di Black Mamba, sua figlia Gianna Maria e altre sette persone che viaggiavano nel velivolo. Secondo una perizia ad Ara Zobayan (il pilota) era stato "legalmente vietato" di proseguire la rotta anche attraverso la perturbazione.

Una cartina mostra il luogo dell'incidente in cui hanno perso la vita Black Mamba e tutti i passeggeri che viaggiavano con lui in elicottero.
Una cartina mostra il luogo dell'incidente in cui hanno perso la vita Black Mamba e tutti i passeggeri che viaggiavano con lui in elicottero.

È stata questa la versione ufficiale della tragedia spiegata dai funzionari del National Transportation Safety Board (NTSB). Una versione che ha trovato il suo epilogo legale nello scorso mese di giugno quando la vedova di Bryant, Vanessa, e le famiglie delle vittime coinvolte nel disastro, hanno raggiunto un accordo con la compagnia di trasporti che gestiva l'elicottero, caduto per comprovata negligenza dell'uomo al comando.

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I resti umani di Bryant e delle vittime in foto: Vanessa Bryant ha denunciato la Conte di Los Angeles

"Perversa gratificazione delle forze dell'ordine". È questo il termine utilizzato da Vanessa Bryant per descrivere la profonda sofferenza causata dalla consapevolezza che le foto dei resti umani di suo marito, Kobe, e sua figlia, Gianna, erano state condivise e rese pubbliche. La Contea di Los Angeles citata in giudizio (sono indagati otto vive-sceriffi) dalla donna per la grave violazione del diritto alla privacy si è difesa sostenendo che quelle accuse sono prive di fondamento sia perché quelle immagini sono state cancellate sia perché mai diffuse online o in qualche altro modo. Nessun altro al di fuori degli uomini della Contea e del barista le ha mai viste.

La replica della vedova Bryant è stata molto secca. "Per me è stato profondamente angosciante sapere che molte persone abbiano ottenuto foto dei corpi di Kobe e Gianna senza alcun motivo". Da allora viene considerato un reato per i primi soccorritori scattare foto non autorizzate di persone morte. La domanda che ronza in testa a margine di tutto ciò e non ha ancora trovato una risposta è: perché conservare e condividere le foto di persone morte di incidenti e scene del crimine se non per ragioni professionali? Che sia Black Mamba o una persona comune non importa. Ma in questi tempi disadorni non c'è più pietas.

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