Come funziona il torneo play-in in NBA che tutti (da Lebron a Doncic) vogliono evitare
A LeBron James, forse perchè i suoi Lakers sono pienamente coinvolti, non piacciono, al punto da esclamare stanotte dopo la sconfitta contro i Toronto Raptors "Chi li ha inventati andrebbe licenziato!". A metà aprile era stato invece Luka Doncic a dichiarare "Non ne capisco l'utilità". Eppure, il torneo play-in che si giocherà dal 18 al 21 maggio e che vedrà coinvolte le squadre dalla posizione numero 7 alla numero 10 delle due Conference, sta regalando competitività e agonismo nel finale di una stagione che, per le circostanze note, ha richiesto i salti mortali e un calendario fittissimo con la conseguenza di perdere e molto in termini di spettacolarità.
Poter ambire a riscattare una pessima annata che solitamente in questa fase non sarebbe più possibile (pensiamo, appunto, ai Raptors a 2.5 partite di distanza da Washington decima nella Eastern Conference) o temere di vanificarne una facendosi risucchiare al settimo posto, sta dando molto senso alle sfide di questi giorni. Che vedono in lotta a Est gli Atlanta Hawks, i Miami Heat e i Boston Celtics per evitare di giocarli (attualmente sono quinti, sesti e settimi quindi una delle tre parteciperà di certo) e Toronto che tenta di acciuffare l'ultima piazza dei Wizards, mentre a Ovest gli infortuni di Anthony Davis e LeBron James hanno fatto sprofondare i Lakers nella lotta, al momento settimi ma con lo stesso record (36 vittorie-28 sconfitte) di Portland Trail Blazers (sesti) e Dallas Mavericks (quinti) e i New Orleans Pelicans tentare faticosamente di agganciare il decimo e ultimo seed utile di San Antonio, anche in questo caso distante 2.5 partite.
Come funziona il torneo play-in
Come scritto, al torneo (introdotto per la prima volta nella bolla di Orlando della scorsa estate) parteciperanno le squadre classificate dal settimo al decimo posto di ogni Conference. La settima giocherà contro l'ottava e le basterà vincere una sola partita per qualificarsi direttamente da settima. La perdente affronta la vincente della sfida tra nona e decima.
Chi passa entra nella griglia Playoffs con il seed numero 7, chi perde invece affronta la vincente della sfida tra nona e decima. Queste ultime due partite sono in gara secca. Ecco perché la bagarre si estende non solo a chi vuole evitarli centrando la qualificazione diretta o insegue l'ultima piazza disponibile, ma anche tra le stesse squadre nel mezzo, quindi ai seed otto e nove. L'ottavo posto darebbe diritto alla sfida contro la settima, in cui basterebbe vincere una sola volta per qualificarsi, disponendo comunque di una seconda chance contro la vincitrice della sfida tra nona e decima. Alle squadre già nominate ci sono da aggiungere Warriors e Grizzlies, noni e ottavi e distanti appena mezza partita (ma la stessa San Antonio insegue teoricamente Memphis con una sola gara di distacco), e Pacers e Hornets (noni e ottavi a Est), a mezza gara di distanza.
I benefici del torneo play-in
A 8 partite da fine stagione regolare ci sono appena 6 squadre ufficialmente fuori dalla lotta (Playoffs e Play-in) e la stessa trade deadline di poco più di un mese fa ha reso team altrimenti destinati a "sedersi" subito dopo gli scambi iper-attivi, alla ricerca delle giuste aggiunte per poter competere e avere la chance di rimediare potenzialmente in 2 partite a 72 gare deludenti. Più equilibrio, più competitività, più gare combattute (ulteriore segnale per chi liquida banalmente lo sport americano pensando conti solo lo spettacolo), più introiti per la lega. Un sistema in cui non perde davvero nessuno, tranne appunto chi rischia come Doncic o LeBron. Ma quello fa parte del gioco e le super star devono sapersi adeguare alle novità.