Chi era Kobe Bryant, l’ex campione di basket morto a 41 anni in un incidente in elicottero
Kobe Bryant aveva sempre una faccia seria. Non sorrideva mai. Lo ricorda così Michele Rotella, come scrive Roland Lazenby nella sua biografia del "Black Mamba", Showboat, edita in Italia da Absolutely Free. rotella si batteva spesso con il piccolo Kobe in Toscana. La stella dei Los Angeles Lakers, morto in un incidente in elicottero, è cresciuto in Italia tra Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia. Ha seguito il padre Joe, che giocava in Italia, e da subito ha sviluppato quella mentalità vincente che poi l'ha accompagnato per tutta la vita.
In Italia ha imparato tutto del basket
Fin da piccolo, ha raccontato a Lazenby, a minibasket, gli piaceva decidere le partita. Al momento della giocata decisiva, dice, esistono due strade: combattere o fuggire. E capisce subito di essere un combattente. Il giornalista del Corriere dello Sport Andrea Barocci, che al suo periodo italiano ha dedicato il suo libro “Un italiano di nome Kobe” (Absolutely Free Editore) racconta di una partita in un torneo Plasmon. Kobe aveva sei anni, tutti gli altri ne avevano nove e hanno finito in lacrime: gli avversari perché non sapevano come fermarlo, i compagni perché non avevano praticamente toccato palla.
E' un bambino individualista e carismatico. La mamma lo veste con i completini eleganti, come se fosse un adulto in miniatura. Lo protegge, quasi lo vizia. I continui spostamenti non lo aiutano a mettere radici, ma all'Italia, ha sempre ammesso, deve tutto quello che sa della pallacanestro.
Chi era Kobe Bryant: Da grande vi farò vedere come si gioca
Chi era Kobe Bryant? La prima tappa, quando Kobe ha otto anni, è Rieti. Il pubblico adora Joe, l'esperienza rinsalda i legami della famiglia Bryant, unita in terra straniera. "Era come andare in un altro mondo, potevamo contare solo su noi stessi" ha detto. Intanto Kobe, che cattura l'attenzione anche perché è l'unico bambino di colore, impara tutti i fondamentali del gioco.
Si ritrova anche, inevitabilmente, a giocare a calcetto. E' alto e longilineo, e spesso per questo lo mettono in porta, anche se dicono fosse piuttosto promettente anche come attaccante, così agile e svelto di piedi. La famiglia si sposta a Pistoia, a Reggio Calabria dove Joe in una partita segna anche 70 punti. Nell'intervallo entrava Kobe, che da solo si metteva a tirare e palleggiare finché i "grandi" non rientravano in campo. Era uno spettacolo, e non era così facile poi farlo uscire dal campo. Stava già pensando al suo futuro. E una volta l'ha anche ammesso, davanti a Leon Douglas, che giocava con il padre in quella squadra, a Pistoia. "Quando sarò grande, vi mostrerò come si gioca" diceva.
L'ha capito anche Ron Artest, che ha cambiato legalmente nome in Metta World Peace e ha giocato con Bryant ai Lakers. Anche lui ha avuto una parentesi in Italia, iniziata proprio a Pistoia. Dopo la prima partita, ha chiamato Kobe. "Adesso ho capito perché giochi così" gli ha confessato. Senza l'Italia, Bryant non sarebbe diventato Bryant.