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Chi è Nico Mannion, il simbolo di un Italbasket che non ha paura di nessuno

La pallacanestro nel DNA…e nel destino. Da papà Pace all’incontro con Kobe, dai geni di mamma Gaia a regalargli un atletismo fuori dal comune al condividere lo stesso giorno di nascita con quello che è anche il suo più grande idolo, Steph Curry. Tutto quello che c’è da sapere su “Nico” Mannion, il golden boy della pallacanestro italiana.
A cura di Luca Mazzella
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Data di nascita: 14 marzo 2001. Altezza: 190 centimetri. Ruolo: point-guard, o se preferite playmaker. Segni particolari: predestinato. Provare per credere. Quando Nico Mannion, il nostro “Red Mamba”, si è preso la copertina della pallacanestro italiana dopo averci condotto a suon di prodezze a un sogno olimpico che mancava da 17 anni (dalla fortunata spedizione di Atene) il nativo di Siena è scoppiato in lacrime. Un’impresa, quella di abbattere la strafavorita Serbia per giunta a Belgrado e con il rumorosissimo pubblico di casa rimasto senza parole davanti ai canestri di un ragazzo appena ventenne che senza paura ha trascinato un’intera squadra da leader segnando 24 punti, che è già parte della storia del nostro basket e dello sport italiano in generale.
Senza le star Belinelli, Gallinari e Datome e con un Melli evidentemente a mezzo servizio dopo le fatiche della stagione NBA, una Nazionale “spuntata” si era presentata al torneo pre-olimpico con l’obiettivo di dare ufficialmente inizio a un nuovo corso, fondato proprio sul talento di Nico e di tanti altri ragazzi di belle speranze. I risultati però sono andati ben oltre ogni più rosea aspettative e proprio in questi minuti i 12 azzurri sono a Tokyo, a godersi il sogno a cinque cerchi.

La pallacanestro nel DNA

Chiamato dai Warriors con la scelta numero 48 del draft 2019, appena 5 chiamate dietro la 43 a cui fu invece scelto papà Pace, sempre da Golden State nel 1983, Nico ha geni totalmente sportivi nel suo sangue: papà cestista, mamma pallavolista. Pace infatti, dopo una carriera in giro per gli States prima di atterrare in Italia dove resta per ben 13 anni, inizia a Cantù (con cui vince la Coppa Korac del 1991) e gira poi tutta le penisola fino a fare tappa, nel 2001, a Siena. Lì conosce Gaia Bianchi, ex giocatrice professionista di pallavolo, e proprio nella città del Palio nasce Nico. Un figlio d’arte che più figlio d’arte non si può.

Toscano di nascita, siciliano per il primo anno di età (ultimo di papà da professionista a Cefalù), laziale a sentirlo parlare in italiano con l'influenza di mamma ben evidente, Nico ha unito il talento con la palla a spicchi tra le mani a un atletismo misto a esplosività nella parte inferiore del corpo che solo chi ha giocato a pallavolo poteva trasmettergli. La combinazione è stata devastante e lo ha reso unico nelle sue caratteristiche. Oltre al sangue però, il destino ha avuto il suo ruolo.

L'incontro con Kobe Bryant

Quando Nico ha appena 9 anni, grazie all'amicizia tra papà e Jelly Bean Bryant rivale di tante battaglie nel nostro Paese, nel tunnel degli spogliatoi di una Lakers-Jazz a Salt Lake City nei Playoffs che sanciranno il quinto anello di Kobe Bryant, incontra il "Mamba" e la chiacchierata in rigorosissimo italiano scambiate col numero 24 spingerà definitivamente il ragazzo verso il basket, superando le incertezze su cosa scegliere tra lo sport materno e quello paterno. Il più grande idolo di Nico, crescendo, diventa Stephen Wardell Curry, fenomeno di professione, da ormai 10 anni tra le più luminose star dell'NBA. Con Steph, Nico condivide peraltro il giorno di nascita (14 marzo) oltre al ruolo, motivo in più per gioire quando, al draft 2019, a chiamare il nativo di Siena sono proprio i Warriors. Dopo un anno da rookie fatto di soddisfazioni (i 19 punti contro i Kings) e tanta gavetta, con la "retrocessione" in D-League (Santa Cruz Warriors)  tutti gli insegnamenti del suo mentore si sono palesati nel migliore dei modi non appena Nico ha potuto mostrare i suoi miglioramenti con la canotta Italbasket, nell'appuntamento più importante della storia recente della nostra pallacanestro.

Il percorso prima di approdare in NBA

Prima di debuttare con la canotta dei Warriors, Nico ha concluso il liceo e giocato un anno al College sempre negli States. Un ragazzo fatto e finito, cestisticamente parlando, in America, dove i genitori hanno preferito farlo formare senza mai forzare i passi ma consapevoli di dovergli offrire un percorso equilibrato e supportato in tutto e per tutto dalla famiglia. Nico si forma al liceo di Pinnacle, a Phoenix, dove si mette in mostra con 2 titoli statali di fila vinti che lo portano addirittura sulle pagine di Sports Illustrated, la più famosa rivista americana. Da lì il suo talento entra ufficialmente nei radar di tanti scout NBA, che partita dopo partita iniziano a seguirne i miglioramenti tecnici e fisici. Gioca anche con l'under 16 della Nazionale USA ma quando viene tagliato, una splendida e profetica intuizione di Pino Sacripanti (al tempo nell'under 20) conduce Mannion alla canotta azzurra, con cui nel 2017 gioca gli europei di categoria in Montenegro. Alla prima esperienza fuori dai confini americani i numeri sono eccezionali: 20 di media nel torneo, exploit da 42 punti contro la Russia, show di canestri e penetrazioni di potenza a esibire il suo passo bruciante e la sua innata capacità di battere l'uomo in palleggio. Dopo aver stregato i pari età in Europa, la scelta dell'Università tra i tanti atenei sulle sue tracce ricade su Arizona. Il motivo? Vicino casa, vicino Pinnacle, vicino Pace e Gaia. Coi Wildcats gioca una stagione segnando 14 punti a partita, nel frattempo esordisce nel 2018 con l'Italia dei "grandi" segnando 9 punti e diventando il quarto più giovane esordiente della nostra storia. Dopo i Warriors, l'anno di apprendistato alla corte del suo idolo e le lezioni di una franchigia che da anni si distingue per cultura e etica vincente, Nico indossa la canotta azzurra e a Belgrado, con tutti i riflettori puntati addosso, esplode fino a condurci a un'impresa storica.

Un ragazzo semplice

La prima cosa che colpisce di Nico è l’amore viscerale per la pallacanestro e l’assenza di qualsivoglia ulteriore distrazione. Scorrendo rapidamente il suo profilo social, oltre al basket e alla famiglia, non si trova molto altro. Foto con mamma Gaia, con papà Pace, foto con Steph Curry. E, nelle ultime settimane, le tinte del nostro azzurro a dominare su tutto. Perchè più Nico ha vestito questa canotta, più ha vissuto il gruppo, più ha legato coi compagni, più ha iniziato ad avvertire un enorme senso di responsabilità e orgoglio nell’essere, ad appena 20 anni, simbolo e giocatore su cui un intero Paese cestistico conta di affidarsi per un futuro si spera più roseo dell’ultima generazione di talento del nostro basket. Quella che sta accompagnando, con la presenza di Danilo Gallinari su tutti, i più giovani verso la maturità e la consapevolezza totale di poter diventare Grandi. Ecco perché l'Italbasket è pronta a farsi trascinare da Nico Mannion, sicura che dalle mani del Red Mamba partiranno i canestri più importanti di un nuovo entusiasmante capitolo della pallacanestro tricolore.

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