Cassano e l’incontro al ristorante con Kobe Bryant: “L’ho riconosciuto solo io, non sapeva chi fossi”
Sembra ieri e invece sono passati cinque anni dalla tragica fine di Kobe Bryant a soli 42 anni, in un incidente occorso all'elicottero che lo trasportava assieme alla figlia Gianna, morta anche lei. Quella sera del 26 gennaio 2020 il mondo si fermò, come accade solo per i grandissimi che hanno segnato epoche. Perché questo è stato Kobe: campione, stella, icona, esempio. Un ragazzo amatissimo anche fuori dal campo per il suo sorriso contagioso, che faceva da contraltare alla ferocia mostrata agli avversari nel voler vincere, sempre e ovunque. Antonio Cassano è tra quelli che nutre un'ammirazione sconfinata per il cinque volte campione NBA e ai microfoni di ‘Viva el Futbol' ha raccontato un aneddoto relativo al loro primo incontro, che dimostra la grande affabilità del fuoriclasse.
Cassano e l'incontro con Kobe Bryant: "Gli dissi ‘piacere', non sapeva neanche chi cazzo fossi"
"Era il 2001 o 2002 – ha ricordato il barese – io l'ho visto in un ristorante e sono andato da lui a stringergli la mano, giocavo nella Roma. Parliamo di Kobe Bryant, penso che con Michael Jordan e LeBron sono i tre più grandi della storia, e per quanto lui era grande, immenso e conosciuto in tutto il mondo, in quel ristorante io solo l'ho riconosciuto. Era una cena mi ricordo vicino al Gianicolo, lui era con tre-quattro persone. Io sono andato, dico ‘piacere', probabilmente non mi ha riconosciuto nemmeno, non sapeva neanche chi cazzo fossi…".
"Però io avevo l'onore, se dovesse capitare Michael Jordan io vado, come è successo con Federer, io vado. Sono molto ma molto ma molto più grandi di me, io vado. Ho piacere di conoscere Kobe Bryant, vado. E io mi ricordo con una umiltà, abbiamo scambiato due chiacchiere. Ma ripeto, secondo me non sapeva chi fossi. Io l'ho visto per la prima volta che avevo 19-20 anni, poi l'ho conosciuto nello spogliatoio del Milan quando è venuto una volta a Milanello, come Djokovic che è venuto anche lui una volta", ha ricordato ancora Cassano, accomunando i due campioni entrambi tifosi rossoneri.
"Lui quello che faceva lo faceva con ossessione per poter andare a essere il migliore, lui ha smesso di giocare e ha fatto un cortometraggio con cui ha vinto l'Oscar. Ragazzi, lui in tutto quello che faceva era ossessionato da essere il migliore, da raggiungere la vetta", ha concluso Cassano, col quale davvero stavolta è difficile non essere d'accordo in tutto e per tutto.