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Bruno Cerella ha già una vita dopo il basket: “Ho iniziato mentre giocavo, avrò 100 unità immobiliari”

La carriera di Bruno Cerella si concluderà alla fine della stagione ma non ha nessuna paura di smettere: “Ho tanti progetti belli, voglio trovare il mio equilibrio emotivo. Belen? Insieme ci divertiamo”.
A cura di Ada Cotugno
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Bruno Cerella è partito giovanissimo da Bahia Blanca e ha legato il suo nome al grande basket italiano. Dopo aver vinto tanto con Reyer Venezia e Olimpia Milano è arrivato il momento di farsi da parte per cominciare la sua seconda vita lontano dal campo, ma sempre legata allo sport: ai microfoni di Fanpage.it il cestita del Blu Basket Treviglio ha ripercorso il filo della sua carriera che concluderà presto, senza nessun rimpianto perché per il futuro ha già le idee chiare da quando era giovanissimo. Non soltanto basket, ma tanto altro, a cominciare dal progetto benefico “Slums Dunk” che ha esteso in tutto il mondo con l'aiuto dell'amico e collega Tommaso Marino fino ad arrivare alle voci di un presunto flirt con Belen Rodriguez.

Il prossimo 27 giugno scriverai l’ultimo capitolo della tua carriera assieme a Tommaso Marino, con un grande evento dedicato alla tua partita d’addio. Come ti stai preparando per quel momento?
"Sicuramente sarà un momento super emozionante, verranno tanti amici, la mia famiglia. Più che un addio, lo vediamo come modo un modo di celebrare la nostra carriera sportiva e la nostra vita attraverso lo sport. Alla fine, se ho scelto di vivere in Italia a fine carriera è grazie a tutte le persone che ho incontrato strada facendo, alle amicizie e quanto bene mi sono trovato nel territorio italiano. Quindi è un modo di celebrare, di divertirci insieme a tante persone. La giornata non prevede soltanto la partita delle celebrities, dove ci sarà il team Tommy contro il team Bruno, ma prevede tutta una giornata di attività nel nostro playground che abbiamo costruito l'anno scorso a Legnano. Faremo attività con bambini e famiglie, amici del territorio per poi arrivare la sera verso le otto a fare questa partita".

Sei nato a Bahia Blanca, una città che vive di basket, ma ti sei spostato in Italia giovanissimo per inseguire il tuo sogno. Cosa vedi se ti volti indietro per osservare la strada che hai fatto?
"Ho aspettato i 18 anni per poter partire senza genitori. Vedo un ragazzo coraggioso che esce dalla sua zona di comfort per venire a esplorare, a vivere un'esperienza di vita attraverso lo sport. Perché comunque non sono arrivato qui a giocare per la massima lega, dove poi sono arrivato strada facendo, ma sono venuto a fare un'esperienza a livello giovanile. Per fare questo tipo di scelte ci vuole un po' di coraggio, un po' di amore proprio che ci fa andare verso quella direzione sconosciuta".

In Italia hai cominciato la C2, ma sei finito per indossare le maglie delle squadre più prestigiose e anche della Nazionale. Te lo saresti mai immaginato?
"Non me lo sarei mai aspettato perché non era nemmeno nei miei piani. La cosa che posso dire è che la costanza e la dedizione al lavoro hanno pagato perché ho fatto una strada bellissima, partendo dal basso, arrivando ai massimi livelli, vincendo tanto. Mi sono divertito, ho costruito la mia vita attraverso lo sport e penso che sia una cosa meravigliosa".

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Il basket è stato sempre una parte fondamentale della tua vita. Non ti spaventa smettere?
"Onestamente potrei tirare una linea quando avrò smesso di giocare per davvero. Quindi, dal punto di vista emotivo, quello che comporta vivere di sport lo spogliatoio, la partita, la domenica, le trasferte, le tifoserie mi mancherà. Non so quanto, ma allo stesso tempo sono molto felice di smettere. Sono riuscito a crearmi una vita al di fuori dello sport, in un Paese che non è mio. Quindi ho la serenità di finire con dei bellissimi progetti nella mia vita. Sono grato della carriera che ho fatto ed è arrivato il momento di lasciare spazio anche a nuove generazioni. Fisicamente a 38 anni mi posso permettere di dire che sono arrivato molto bene, ma ho anche i miei acciacchi che devo gestire quotidianamente e quindi per un insieme di cose sono felice di aver fatto questa scelta".

Dopo lo sport ti aspetta una vita da imprenditore che hai cominciato già a coltivare quando eri un giocatore. In cosa consiste il tuo progetto?
"Sono una persona curiosa che ha diversi progetti nella vita. Di sicuro ciò che è che mi terrà collegato al basket per sempre sarà il la nostra associazione benefica, Slums Dunk, che è una parte di cuore che porterò avanti con i diversi progetti che abbiamo in quattro continenti. Dall'altra parte ho un centro training che si chiama M4 Training e il mio core business è lo sviluppo di operazioni immobiliari, la società Vivir DC. All'età di 26 anni ho chiesto alla mia famiglia di darmi una mano per fare le prime cose qui sul territorio. Milano offre grandi opportunità. Si è rivelato un progetto di successo e ad oggi se mi metto a pensare che sono partito da un monolocale e adesso stiamo sviluppando 100 unità immobiliari, significa che qualcosa di buono abbiamo fatto e sarà questo sicuramente il business che porterò avanti finita la mia carriera sportiva".

Questa non è una situazione che succede a tanti atleti che spesso non riflettono su cosa faranno dopo. Pensi che la tua storia possa essere di ispirazione per tanti colleghi prossimi alla fine della carriera sportiva?
"Mi auguro di poter essere un esempio positivo e un punto di riferimento per tanti atleti. Questo è il mio progetto, magari molto ambizioso e grande. A questo punto però quello che dico sempre è che ci vuole coraggio, costanza, determinazione per portare avanti un progetto che all'inizio era un piano B. Sei nel pieno della tua carriera sportiva, però per cominciare a costruire un progetto sostenibile che non sia solo fine agli utili ci vuole pazienza e capacità. Le capacità si possono acquisire e studiando, circondandosi di persone interessanti che ci insegnino e soprattutto creare un giusto team. Quindi non è facile. Io ho dedicato tantissimo del mio tempo libero in tutti questi anni per sviluppare una cosa del genere. Sono stato costante e coraggioso. Ho imparato dagli errori e devo dire che oggi mi guardo intorno, a differenza di tanti atleti della mia età che non sanno cosa fare, mi sento appagato, felice e sereno".

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Cè un consiglio che vorresti dare ai giocatori più giovani che non pensano ancora a cosa faranno dopo il ritiro?
"Il mio consiglio è proprio quello di essere curiosi. Curiosi di imparare una lingua, curiosi di imparare anche semplicemente a suonare uno strumento, a cucinare, a portare avanti un piccolo progetto di vita che poi si possa sviluppare nel tempo con pazienza. Non pensare che sarete giovani e performanti per sempre. Quando ho sviluppato tutto questo progetto c'era il desiderio di poter essere il padrone del mio tempo. A carriera finita non volevo fare l'allenatore o il dirigente di una squadra sportiva, dove il weekend ero impegnato con la squadra. Io adesso smetto di giocare avendo creato una cosa del genere. La domenica posso andare a vedere una partita di calcio, fare una grigliata in montagna. Questa è la libertà. Quindi bisogna lavorare per costruirsi un futuro, per costruire la vita che desideriamo. Le cose non piovono dal cielo, quindi questi sono i miei consigli".

Il tuo percorso extra sportivo in realtà ha radici molto profonde, che affondano nella storia della tua famiglia…
"Sì, da parte di mia madre, con nonna francese e nonno spagnolo, siamo una famiglia di costruttori. Quindi parte dai miei bisnonni che erano costruttori spagnoli emigrati in Argentina. Poi arrivò mia madre, che è proprietaria anche di un'agenzia immobiliare e costruisce anche lei. E io qui ho cominciato a fare le mie piccole operazioni. Per me sarebbe stato più semplice continuare a far investire i miei soldi alla mia famiglia. Invece mi sono messo in gioco".

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Quali sono i tuoi obiettivi per i prossimi anni?
"Sicuramente trovare gli equilibri al di fuori dal campo, che non sarà un salto facile a prescindere. Ho tutti questi progetti belli, interessanti e ma voglio trovare anche il mio equilibrio emotivo, quindi riuscire a gestire il mio tempo e godermi la vita, lavorare e mantenermi sempre a coinvolto a livello sportivo. Che sia una partita di padel, una sessione di pilates, il nuoto, la palestra. Poi vorrei far crescere i progetti sul territorio e portarli avanti. Ma soprattutto la cosa che mi piacerebbe è vivere sereno e felice come ho fatto fino ad oggi. Questo per me è un obiettivo di vita, c'è e bisogna lavorare quotidianamente con tutto ciò che ci circonda, dall'alimentazione al riposo a stare lontano dalle droghe, saper gestire il patrimonio".

Durante la tua carriera da cestista hai portato avanti anche il progetto benefico “Slums Dunk”. Da dove è è nata questa idea? Cosa ti ha convinto a investire così tanto su questa attività?
"Ero piccolo quando abbiamo iniziato, è nato tutto da un viaggio che volevamo abbinare a una parte benefica, un'esperienza di vita per conoscere un territorio. Così una volta a cena ho proposto a Tommy Marino di fare questa esperienza insieme. Siamo partiti, avevamo 24 anni e da lì abbiamo deciso di fare un nostro progetto che consisteva nel creare una basketball Academy, quindi un vero club all'interno di una baraccopoli. Per far sì che ciò accada dovevi formare i manager, gli allenatori, costruire il campo e dare vita a una vera Academy. Dopo un po' di anni siamo riusciti a costruirla nel cuore di Nairobi, in una baraccopoli di 250.000 abitanti. E quello è stato il nostro progetto pilota che poi si è rivelato un successo pazzesco e lo abbiamo replicato in diversi Paesi del mondo. Siamo andati in Kenya, in una città che si chiama Kisumu, dove un'altra basketball Academy. Da lì siamo andati in Zambia, poi in Argentina, con due progetti diversi: uno con donne malate di cancro al seno e uno con ragazzi di una zona abbastanza povera. Siamo andati in Cambogia, dove stiamo avviando la costruzione del nostro campo, ma stiamo già facendo attività da due anni".

E in Italia?
"Sul territorio milanese abbiamo riqualificato il playground di viale Stelvio. Abbiamo creato un progetto di quartiere come fatto anche a Legnano. Tutti progetti che hanno a che fare con la promozione dei valori della vita attraverso lo sport, usato come strumento di coesione sociale. Abbiamo avuto una bellissima missione che abbiamo coltivato con tanto lavoro. Abbiamo avuto il supporto di tantissime persone che ci aiutano quotidianamente a portare avanti i nostri progetti, quindi questa è una parte della mia vita che è importantissima, che mi ha dato tanto a livello emotivo e umano e che probabilmente lo terrò per sempre con me".

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Che cosa ti ha colpito quando sei arrivato in Africa per la prima volta?
"Tante cose. Il Kenya ha una bellissima cultura, una storia tosta di schiavitù e colonizzazioni. E ancora si sente molto il peso della colonizzazione. Parlo dalla religione, parlo dalla concezione che hanno rispetto all'uomo bianco, alle sottigliezze anche sociali che solo vivendo e poi comprendere. Ma parlo anche delle dure condizioni di vita delle persone: una famiglia intera che vive con 1 euro, che mangiano una volta al giorno e che non hanno luce gas. Tutte le cose che per noi sono banali ma per loro diventano cose difficili da gestire proprio perché hanno pochissime possibilità".

Recentemente sei finito al centro del gossip con Belen Rodriguez con la quale hai avuto già una relazione nel 2018. Cosa vi ha fatto riavvicinare oggi?
"Sicuramente il fatto che siamo due persone che si trovano bene a passare del tempo insieme e ci divertiamo. Prima di tutto stiamo bene, è quello, è quello che le dico sempre. Lei è una bellissima pazza che mi tira fuori dal mio modo strutturato di essere. Abbiamo una bellissima amicizia".

Hai subito l'effetto collaterale del gossip avvicinandoti ad un personaggio così esposto?
"No, perché onestamente vivo i rapporti umani allo stesso modo. Che io mi sieda a mangiare un panino in piazza con mia madre, con il signor Armani a cena, con Belen, oppure con il mio compagno di squadra, per me è indifferente. Sono tutti i rapporti umani che ci regalano qualcosa di bello, tanti insegnamenti, e penso che questo sia più importante di tutto il resto. Poi i rapporti di amore e di amicizia sono intimi e bisogna tenere le cose per sé".

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