Brittney Griner racconta il prezzo della libertà: “Ho dovuto scrivere una lettera di perdono a Putin”
Adesso che l'incubo è alle spalle e sono passati mesi di supporto psicologico e reinserimento nella sua vecchia realtà di stella del basket WNBA, Brittney Griner si può anche voltare indietro per raccontare cosa significhi per un nome di prima grandezza dello sport americano essere arrestata in Russia, poi essere trasferita nelle peggiori e sperdute colonie penali del Paese ed infine essere riportata a casa dopo una lunga trattativa conclusa con uno scambio di prigionieri con gli Stati Uniti. Non prima di essere stata costretta a scrivere una lettera di perdono al presidente russo Vladimir Putin, dopo che durante la detenzione aveva "pensato più volte al suicidio".
La 33enne Griner era stata arrestata il 17 febbraio del 2022 all'aeroporto di Mosca con l'accusa di spaccio di droga, conseguente al ritrovamento nel suo bagaglio di alcune cartucce di olio di cannabis da svapare. Dopo sei mesi di custodia cautelare, era arrivata la sentenza di condanna a ben 9 anni di carcere: chiaramente un atto politico, nel contesto internazionale dei rapporti gelidi con gli Stati Uniti in conseguenza dell'invasione dell'Ucraina. L'obiettivo era avere una posizione di forza per ottenere la liberazione del trafficante d'armi Viktor Bout: lo scambio con la Griner si è concretizzato dopo una lunga trattativa l'8 dicembre dello stesso anno nell'aeroporto internazionale di Abu Dhabi.
La cestista delle Phoenix Mercury, due volte medaglia d'oro alle Olimpiadi e nove volte All-Star WNBA, ha rilasciato nelle scorse ore la sua prima intervista da quando è tornata ad essere una persona libera riprendendo anche la sua carriera. L'intervista televisiva alla ABC anticipa il suo libro di memorie, "Coming Home", che uscirà il 7 maggio. "Volevo togliermi la vita più di una volta nelle prime settimane", ha detto la Griner, che ha spiegato di aver deciso di non farlo anche perché temeva che le autorità russe non avrebbero restituito il suo corpo alla sua famiglia.
Il racconto delle condizioni in cui è stata tenuta prigioniera nelle diverse carceri russe è davvero raccapricciante. La campionessa ha detto di essere rimasta scioccata dalla sua prima prigione, la colonia penale IK-1. La Griner, che è alta più di due metri, ha detto che la sua statura la metteva ancora più in difficoltà: "Il materasso aveva un'enorme macchia di sangue. Ti danno queste due lenzuola sottili, quindi praticamente ti sdrai sulle sbarre. La metà dello stinco fino ai piedi è incastrata tra le sbarre, ma non vuoi davvero infilare le gambe e le braccia, perché qualcuno le afferra, le gira, le rompe e questo è quello che mi passava per la mente".
Le condizioni igieniche erano terrificanti: le veniva dato un rotolo di carta igienica al mese e un dentifricio vecchio di più di dieci anni, che usava per eliminare la muffa dalle pareti delle sue celle. La Griner ha detto che una sua compagna di prigionia, Alana, l'ha aiutata a sopravvivere. La cestista infatti era molto conosciuta in Russia prima del suo arresto, visto che aveva vinto diversi titoli nazionali con l'Ekaterinburg, andandoci a giocare durante le pause invernali della stagione WNBA. Era conosciuta dai suoi compagni di reclusione come "The American" e "The Basketball Player".
Griner ha poi raccontato che la sua seconda prigione, la colonia IK-2la colonia IK-2, era un durissimo campo di lavoro dove ha dovuto tagliarsi i capelli a causa delle condizioni impossibili di vita: "Avevamo dei ragni sopra il mio letto che facevano i nidi. I miei dreads (i nodi dei capelli, ndr) hanno iniziato a congelarsi. Rimanevano bagnati e freddi e mi stavo davvero ammalando. Devi fare quello che devi fare per sopravvivere".
La campionessa delle Mercury ha dovuto fare un ultimo gesto per potersi guadagnare il ritorno a casa nell'ambito della scambio col trafficante d'armi Viktor Bout, il ‘Mercante della morte' condannato a 25 anni di carcere negli Stati Uniti: è stata costretta a scrivere una lettera al presidente russo Vladimir Putin. "Mi hanno fatto scrivere questa lettera. Era in russo – ha raccontato – Ho dovuto chiedere perdono e ringraziamento al loro cosiddetto grande leader. Non volevo farlo, ma allo stesso tempo volevo tornare a casa".