Anthony Davis è stellare: i Lakers abbattono i Suns e aspettano il play-in
Un segnale per l'intera lega. Con una partita totale sui due lati del campo e chiusa con una statline (42 punti, 12 rimbalzi, 5 assist, 3 palle recuperate, 3 stoppate) che in California non si vedeva dal 2001 (quando a mettere assieme questi numeri fu Shaquille O'Neal) Anthony Davis asfalta i Phoenix Suns e avvisa tutte le rivali per l'anello: il monociglio è tornato per davvero. E mai come in questo momento il rendimento della super-star, in attesa del rientro di LeBron James, può far sorridere la dirigenza a 48 ore dalla sconfitta contro Portland, nel tie-breaker che di fatto metteva in palio la sesta piazza a Ovest, ultima valida per la qualificazione diretta ai Playoffs. Sotto i colpi di un Damian Lillard perfetto e letale i Lakers avevano perso l'ottava partita delle precedenti 10, cedendo definitivamente il passo ai Trail Blazers nella corsa per evitare i play-in e ormai troppo lontani dai Mavs per ambire all'aggancio sui texani. Ma siamo sicuri che a Los Angeles siamo davvero preoccupati da tutto ciò?
Rischi e "benefici" di finire settimi
Finisse così la stagione, al primo turno i Lakers troverebbero i Golden State Warriors dell’indemoniato Steph Curry e, dovessero perdere, avrebbero poi un’altra chance contro la vincente di Memphis Grizzlies-San Antonio Spurs che attualmente occupano nono e decimo posto. Un quadro sulla carta nefasto, ma che nasconde anche risvolti positivi.
Di “positivo” ci sarebbe un incrocio da settimi (nel caso vincessero la prima partita a disposizione) proprio contro i Phoenix Suns asfaltati nella notte col solo AD a disposizione, o da ottavi contro gli Utah Jazz. Due squadre temibili che guidano la Western Conference ma che, per motivi diversi, potrebbero non replicare il basket della stagione regolare su 7 partite di Playoffs. Diverso è il discorso in caso di qualificazione al sesto posto, che darebbe diritto a un incrocio coi “cugini” dei Los Angeles Clippers, che quest’anno sembrano numeri alla mano più temibili delle scorse stagioni.
Al di là di quanto però il play-in sia comunque abbordabile per LeBron e AD e di quanto in prospettiva ci sarebbero aspetti potenzialmente benevoli nel trovarsi di fronte Suns o Jazz, doverlo giocare e riuscire a finire dietro squadre decisamente meno accreditate come Blazers e Mavs può essere da un lato giustificato con l’assenza delle due superstar negli ultimi mesi, ma dall’altro lanciare un campanello d’allarme sul livello del cosiddetto “supporting cast”, che dopo aver tenuto a galla la squadra per qualche settimana sembra aver perso del tutto i riferimenti quando a febbraio, con l'infortunio di AD – la squadra ha smesso di giocare in attacco, dove l'assenza di playmaking resta un problema evidente soprattutto senza Schroder, e tenuto botta per una manciata di partite in difesa.
Vogel non è preoccupato
Coach Frank Vogel sembra tutto sommato comunque molto tranquillo in vista della post-season, avendo ribadito già dopo la sconfitta contro Portland che ora come ora il suo focus non è sulla classifica, e che pur provando a vincere il maggior numero di gare possibili la squadra è in una fase di assestamento, come lo è stata per gran parte della stagione a causa degli infortuni. Avere LeBron e Dennis Schroder di nuovo sani (gli unici due giocatori in grado di creare dal palleggio) cambierà la loro storia e anche il modo in cui gli avversari approcceranno alle sfide contro di loro.
Kyle Kuzma e Andre Drummond sempre peggio
Uno era il giocatore indiziato a salire di colpi durante il periodo di assenza delle star, l’altro la firma per rispondere ai Brooklyn Nets e aggiungere un big-man sotto canestro per allungare le rotazioni. Il rendimento negativo di Kyle Kuzma e Andre Drummond è una delle note stonate su cui – star arruolabili o meno non è una scusante – invece Vogel deve focalizzarsi.
Contro Portland il primo è stato letteralmente disastroso (2 punti in 33 minuti con 1/10 al tiro, 0/6 da 3 e tre palle perse). Non era andata tanto meglio al centro ex Cavs, che aveva chiuso con 4 punti, 9 rimbalzi, 3 palle perse e ben 6 falli commessi in 21 minuti al quale sono seguiti i 6 punti con 2/7 al tiro di stanotte. I Lakers lo hanno aggiunto sperando che la sua voglia di dimostrare di appartenere a un livello superiore rispetto a Cleveland e Detroit lo portasse a dominare, anche per conquistarsi un contratto importante in off-season, ma la realtà dice che accolto con un record di 32-19, oggi Drummond ha contribuito a un record che dalla sua firma dice 6-11, finendo ovviamente sul banco degli imputati.
Tutti problemi che i rientri a regime di Anthony Davis – dominante nella notte e già ultimo a gettare la spugna contro Portland – e LeBron James potrebbero per magia far sparire e far tornare i Lakers favoriti numero uno alla Western Conference. Guardando i play-in come un semplice rodaggio prima degli impegni più importanti.