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Valentina Petrillo, l’appello dell’atleta transgender alle Paralimpiadi: “Non abbiate paura di me”

L’atleta italiana è in lizza per un posto nella finale dei 400 metri femminili, categoria T12, alle Paralimpiadi di Parigi. Nel raccontare la propria esperienza usa tre parole chiave: inclusione, informazione, paura ingiustificata.
A cura di Maurizio De Santis
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Valentina Petrillo è l'atleta transgender che con il tempo di 58.35 si è qualificata per la semifinale dei 400 metri, categoria T12, alle Paralimpiadi di Parigi e questa sera (ore 20:43) scenderà in pista per accedere alla gara clou, quella che le potrebbe valere una medaglia. "Corro da donna", ha ribadito con orgoglio subito dopo la gara citando parole come "inclusione", "informazione", "paura ingiustificata". Tutte associate alla sua esperienza "perché non mi sentivo un uomo, non mi sentivo me stessa".

Petrillo ha attirato su di sé luci dei riflettori per la sua partecipazione ai Giochi, invettive (alcune anche molto pesanti e offensive), diffidenza e critiche arrivate anche da quella parte del mondo femminile che non vede di buon occhio una concorrente che fino a pochi anni fa competeva da uomo e oggi, dopo aver affrontato transizione e terapia ormonale, lo fa da donna ma con una struttura fisica "diversa".

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Petrillo è in lizza come atleta visually impaired, è così che viene definita in gergo agonistico la persona che partecipa alle gare con una disabilità visiva. Nel suo caso è dovuta alla sindrome di Stargardt, una malattia oculare rara che comporta riduzione della vista fino all'ipovisione e, nelle situazioni più gravi, alla cecità progressiva. A 51 anni può (ri)scrivere ancora un altro pezzo di storia. E ha intenzione di dare tutta se stessa.

"Lotto contro pregiudizi e discriminazioni – ha ammesso nell'intervista a Rai Sport subito dopo la batteria di qualificazione -. Gareggio contro tutto questo che purtroppo accompagna la vita delle persona come me. Non è giusto che subiamo queste cose per il solo fatto che esistiamo. Nel mondo si muore per essere persone trans. C'è tanta paura e io incarno anche queste due diversità e spero che attraverso il mio messaggio si possa normalizzare quelli che sono considerati dei fenomeni. Non bisogna aver paura, è la cosa che mi dà più fastidio. Le persone non devono aver paura di me, non faccio del male a nessuno".

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Petrillo ha ottenuto un bronzo ai Mondiali paralimpici nei 200 metri ed è riuscita a prendere parte all'edizione francese battendo l'atleta spagnola, Melani Berges. È stato allora che s'è accesa la polemica sulla transessualità e sulla sua "ingiusta" ammissione ai Giochi ("ci ha tolto il posto"). Una considerazione smentita dal parere della World Para Athletics che l'ha legalmente riconosciuta come donna e quindi legittimamente in gara nel settore femminile. Non ha violato alcun regola, ha il diritto di essere lì dov'è. È scesa in lizza per questo.

"Vivo le critiche ascoltando – ha aggiunto -. Sono la prima che mi sono posta queste domande e mi sono detta: se tu fossi una donna biologica e vedessi Valentina in pista cosa diresti? Le domande sono legittime. È normale che ci siano. È la società che ci porta a fare questo tipo di riflessioni".

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Qual è il messaggio che lancia Petrillo? La sua deduzione è essenzialmente una: "Nel mio percorso ho capito che c'è un problema d'informazione, non bisogna aver paura in generale né di parlare di queste cose. Al primo posto nell'agenda dello sport deve esserci la parola inclusione. Una soluzione si deve trovare per tutto e per tutti perché lo sport è bello così. È la nostra passione, ci rende vive e felici".

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