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Us Open: Eva Asderaki prima donna ad arbitrare la finale maschile

Eva Asderaki è diventata la prima donna ad arbitrare la finale maschile dello Slam newyorchese. La seconda in assoluto a sedersi sulla sedia per un match maschile che valesse il titolo di un major dopo la francese Sandra de Jenken.
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Sono le donne a scrivere la storia allo Us Open 2015. Dopo Flavia Pennetta e Roberta Vinci, è toccato a Eva Asderaki completare un altro piccolo grande passo, per lo sport e non solo. La greca, infatti, è diventata la prima donna ad arbitrare la finale maschile dello Slam newyorchese. E la seconda in assoluto a sedersi sulla sedia per un match maschile che valesse il titolo di un major dopo la francese Sandra de Jenken, arbitro delle finali all’Australian Open e al Roland Garros, sempre con Roger Federer in campo.

41 donne su 127 match – “Erano tre o quattro anni che Eva era nella lista delle papabili per la finale” raccontava alla vigilia della sfida che ha regalato a Novak Djokovic il decimo Slam, battendo ancora lo svizzero, il chief umpire Bruce Littrell. “Aveva già arbitrato molti match maschili ed è sempre stata eccellente. Si è meritata questa scelta”. Quest’anno, dei 19 giudici di sedia con la qualifica “Gold Badge”, la più elevata, quella che consente di essere selezionati per le finali nei tornei più importanti del mondo, solo cinque erano donne. Ma hanno arbitrato 41 dei 127 match maschili. E per la prima volta nella storia di un torneo dello Slam, sia la finale maschile, sia la finale femminile, hanno visto una donna in qualità di arbitro: lo storico duello Vinci-Pennetta, infatti, ventiquattro ore prima era stata arbitrata dalla croata Marija Cicak.

Asderaki MVP della finale – “O hai le qualità per dirigere una finale o non le hai” proseguiva Littrell. “Siamo fortunati a poter scegliere una donna per arbitrare la finale maschile”. Dopo che nelle ultime tre edizioni per il title-match era sempre stato selezionato Jake Garner, il cambio di prospettiva e di paradigma voluto dal referee del torneo, Brian Earley, che ha l’ultima parola nell’assegnazione degli arbitri, non avrebbe certo potuto passare inosservato. Anche perché, a detta di molti osservatori, Asderaki, che in un’intervista dello scorso maggio dichiarava proprio di avere come ultimo sogno nel cassetto arbitrare una finale Slam maschile, è il vero MVP, il migliore in campo. Internazionale dal 2001, sposata con Patrick Moore, la greca ha arbitrato con grande personalità. E non ha mancato di prendere decisioni, che si sono sempre rivelate corrette, quando il suo occhio le suggeriva impressioni diverse rispetto alle chiamate dei giudici di linea. Non ha avuto timore di invertire le chiamate, senza aspettare che fossero i giocatori ad affidarsi all’appello tecnologico dell’Hawk-Eye, l’Occhio di Falco, prodotto dalla stessa azienda che fornisce da quest’anno la Goal Line Technology in serie A. Determinante, per esempio, l’over-rule sulla palla break che avrebbe dato a Federer il punto del 5 pari nel terzo set.

Serena: "Brutta persona" – Chissà se ha ripensato, prima o dopo il match, alla serata di quattro anni fa, alla sua prima finale Slam, proprio nello stesso stadio dedicato ad Arthur Ashe, il più grande del mondo. Anche allora non ha avuto paura di togliere un punto a una nervosissima Serena Williams, che avrebbe poi perso contro Samantha Stosur. Perso il primo set, Serena piazza uno dei primi dritti vincenti della sua partita, ma esulta con un “come on!” urlato di rabbia prima del secondo rimbalzo. Di fatto, disturba l’avversaria, e Asderaki per questo assegna il punto all’australiana. “Sei odiosa, sei una brutta persona” le dice Serena. “Ho infranto il regolamento perché ho espresso me stessa? Siamo in America fino a prova contraria… Non guardarmi, ti assicuro che è meglio. Non guardare dalla mia parte”.

Il precedente di Georgina – L’attenzione che la presenza di Eva Asderaki ha scatenato dimostra come la questione della parità di genere, dell’eguaglianza, rimane ancora un tema sensibile, e non solo per i tennisti che periodicamente tornano a insistere sull’inopportunità della parità nei montepremi per uomini e donne negli Slam. Oggi, il rapporto fra gli arbitri che hanno raggiunto il Gold Badge è di una donna ogni tre uomini. E solo trent’anni fa un arbitro donna ha avuto per la prima volta l’onore di sedere sulla sedia per una finale a Wimbledon, Georgina Clark. Originaria di Hong Kong, figlia di un dipendente della British Petroleum, nota alle giocatrici come “la Madre Superiora”, si è fatta notare nel 1981 quando ha ammonito per comportamento antisportivo John McEnroe in finale al Queen’s. Quel giorno è diventata “la supermamma che ha messo al suo posto SuperBrat” (il Super ragazzino viziato, soprannome di McEnroe). Nel 1984, ha diretto il match per il titolo fra Martina Navratilova e Chris Evert: in quel momento era già direttrice del WTA Tour, ruolo che ha mantenuto finché una malattia neurologica degenerativa non l’ha costretta ad abbandonare, nel 2005.

Usa e donne arbitro – Ai Championships, sarà proprio Asderaki la prima donna a dirigere una qualsivoglia finale maschile, in doppio nel 2012. Ma è in America che scrive la storia, e apre un nuovo percorso anche per gli sport made in Usa, tradizionalmente meno aperti alla parità di genere. Dalla prima edizione nel 1920, infatti, non c’è mai stata un arbitro donna permanente nella NFL: si ricorda solo la chiamata di Shannon Eastin, scelta part-time per l’emergenza dovuta al lock-out, lo sciopero del 2012. Nel 1972, Bernice Gera ha dovuto intentare causa per diventare una pioniera nella MLB, la lega di baseball. Ma nessuna donna ha mai messo piede su un diamante per una partita ufficiale. Più avanzata, da questo punto di vista, l’NBA, con Violet Palmer e Dee Kantner assunte nel 1997: Palmer diventerà il primo arbitro donna a dirigere un match di playoff, il 25 aprile 2006, e nel 2014 sarà selezionata anche per l’All-Star Game.

Le reazioni nel tennis – Nel tennis, le reazioni recenti dei tennisti uomini di fronte agli arbitri donne hanno assunto posizioni e colori diversi. Se da una parte, l’anno scorso Marija Cicak dichiarava di non essersi mai sentita discriminata, nel 2008 allo Us Open David Ferrer diceva a Kerrilyn Cramer che “le donne non sono capaci di fare niente”. Ed è rimasto memorabile l’invito di Ernests Gulbis, che ha chiesto a Mariana Alves di uscire con lui dopo una chiamata su un doppio rimbalzo. Anche la stessa Asderaki si è presa la sua dose di attacchi per le penalizzazioni rifilate a Rafa Nadal per perdite di tempo fra un punto e l’altro nella semifinale dell’Australian Open 2014 contro Kei Nishikori. “Spero che in finale l’arbitro sarà un po’ più preparato” dirà lo zio di Rafa, Toni Nadal. A raccontarlo oggi, non sembra neanche vero.

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