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Tutti i diavoli che hanno combattuto e vinto contro Sonny Liston

Il 5 gennaio 1971 Sonny Liston viene ritrovato morto nella sua casa di Las Vegas. La sua carriera e la sua vita è stata infestata da demoni, come racconta Nick Tosches in uno dei libri più belli della letteratura sportiva, “Il diavolo e Sonny Liston”. Divenne campione del mondo dei massimi battendo Floyd Patterson e sarà Muhammad Alì a togliergli lo scettro dopo due match molto discussi.
A cura di Jvan Sica
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Sulla figura di Sonny Liston è stato scritto uno dei libri più belli della letteratura sportiva mondiale. Nick Tosches all’inizio degli anni 2000 pubblicò “Il diavolo e Sonny Liston”, una biografia che si potrebbe definire poetico-sociale sul peso massimo campione del mondo. Sonny Liston sappiamo bene o male chi è, sappiamo della sua carriera di bombardiere del ring, sempre sostenuto anche dal Bombardiere vero (e nero), Joe Louis, ma l’altro protagonista della sua vita e delle vicende del libro, chi è? Chi è il diavolo con cui Sonny Liston si è sempre accompagnato?

Il diavolo è la miseria in cui è nato nella Morledge plantation, in Arkansas, uno dei 25 figli di un mezzadro abusivo, Tobe Liston, che ha lasciato solo figli dietro di lui, senza nessun briciolo di altro che non sia violenza e sopraffazione. Nel momento dell’autopsia, i medici scoprirono che i segni delle frustate del padre erano ancora molto evidenti sulla schiena del campione.

Il diavolo è la forma di schiavitù che esisteva in America negli anni in cui cresceva. Non ha mai frequentato la scuola, era analfabeta ed era un reietto per i pochi bianchi con cui veniva a contatto. Iniziò così a fare piccoli furti con la sua banda. Lo stratagemma era molto facile: Sonny bloccava il malcapitato e gli altri lo derubavano. A undici-dodici anni era già un colosso dalla forza incredibile per quel poco che mangiava.

Il diavolo ben presto divenne la prigione, per la prima volta assaggiata nel 1950 nello State Penitentiary di Jefferson City. Qui conobbe altra violenza e sopraffazione, ma per fortuna incontrò anche due cappellani, uno dei quali, Padre Alois Stevens, lo iniziò alla boxe. D’altronde i due preti capirono ben presto che incanalare la forza di uno alto 1,84 per 92 chili di muscoli, con un collo ampio 52 di giro e le mani enormi (la circonferenza era di 39 cm) era l’unica possibilità che aveva la società per salvarsi e salvare l’uomo in questione dalla sua stessa forza.
In brevissimo tempo Sonny Liston divenne uno dei migliori pugili dilettanti in circolazione e batté anche Ed Sanders, vincitore della medaglia d'oro alle Olimpiadi del 1952 nei massimi.

Visto il talento e la forza, il diavolo divenne la mafia, con tanti suoi rappresentanti, primo di tutti John Vitale, che lo volle presto professionista e dal 2 settembre 1953 lo fece ascendere verso le vette più alte del suo sport. L’ascesa voleva dire soldi, molti soldi, ma quasi tutti nelle tasche dei mafiosi che lo gestivano.

In fretta i soldi che aveva in tasca erano comunque una buona somma per incontrare un altro diavolo ancora, l’alcol, che incredibilmente non influenzò la cavalcata selvaggia del pugile che iniziava a far paura a tutti. In primo luogo al campione in carica dei pesi massimi Floyd Patterson, che cercò in tutti i modi di allungare i tempi per affrontare Liston, il quale intanto continuava a vincere contro tutti i pretendenti. Nel frattempo il diavolo chiamato polizia continuava ad arrestarlo, minacciarlo, perseguitarlo. Basti dire che nella sua vita il campione finì in carcere per ben 19 volte e subì 240 denunce.

Dovette abbattere letteralmente tredici sfidanti al titolo prima di incontrare Patterson, il 25 settembre del 1962 al Comiskey Park di Chicago. L’incontro durò solo 2 minuti e 10 secondi e attestò quello che tutti sapevano, ovvero che Sonny Liston era il peso massimo più forte in circolazione.
Ma essere il migliore di tutti voleva anche dire dimostrarlo e un altro diavolo si annidava nell’ombra, l’opinione pubblica, i media, l’idea che Sonny fosse semplicemente un gorilla nero che non vedeva l’ora di distruggere gli avversari e spendere poi tutti i suoi soldi in alcol e donne. In parte era così, anche perché la mafia lo blandiva dandogli la possibilità di fare e avere tutto quello che voleva, ma il vero Sonny Liston pochi lo raccontavano.

Anche il Movimento per i diritti civili degli afroamericani lo considerava un bruto e solo in un secondo momento parlò di lui come di un possibile sogno americano per chi era di razza nera. Una frase dello stesso Liston sintetizza bene la questione: “Non mi aspettavo che il presidente mi invitasse alla Casa Bianca per farmi sedere accanto a Jackie e farmi giocare alla lotta con i piccoli, ma non mi aspettavo nemmeno di essere trattato come un topo di fogna”.

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All’improvviso arrivò un altro atleta di colore, un altro pugile, l’esatto opposto di Liston. Si chiamava Cassius Clay, ancora per poco. Quando Clay fu scelto come sfidante e iniziò a chiamarlo “The Big Ugly Bear”, buona parte dell’America parteggiava per lui. Sembrava di essere tornati all’epoca di Jack Johnson, altro massimo di colore degli anni ’10 che spazzava via gli avversari e l’America voleva che si schiantasse contro una “Speranza bianca”.

I match con Clay, che tra il primo e il secondo incontro divenne ufficialmente Muhammad Alì, furono molto brutti e strani. Nel primo Liston decise di abbandonare prima della settima ripresa per un problema alla spalla. Clay iniziò a fare il pazzo sul ring, ma c’era una rivincita. Nel secondo match al primo round quello che diventerà il “pugno fantasma”, che alcuni hanno visto e altri per niente, lo metterà di nuovo al tappeto.

Dietro quei due match c’era di tutto, in primo luogo la mafia, che fece oscillare le scommesse come meglio voleva, indirizzando i due incontri per guadagnare il più possibile. Dopo la sconfitta con Alì, la carriera di Liston continuò con altri diavoli che lo assediavano, come la droga, almeno per quello che pensa e scrive Nick Tosches, l’alcol, la violenza perpetrata da lui stesso come guardaspalle di diversi mafiosi, l’odio di tanta gente per cui era ancora solo l’orso da abbattere.

Quando il 5 gennaio 1971 Sonny Liston è trovato morto dal figlio che ha adottato in Svezia da una madre che non poteva mantenerlo, l’America intera pensa che doveva proprio andare così. Mafia, violenza, droga (sempre Nick Tosches scrive che a iniziarlo alla droga fosse stato proprio Joe Louis, grande consumatore della sostanza), depressione, alcol, razzismo sono diavoli troppo cattivi per poter vincere. Nemmeno il pugno enorme di Sonny poteva batterli.

Sonny Liston è sepolto nel Paradise Memorial Gardens di Las Vegas. Sulla sua tomba è scritto “A man”, perché si è solo, semplicemente, inutilmente uomini contro il mondo dei diavoli. Sonny ha lottato, ma ha perso molto presto.

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