Tamberi toglie un peso dal cuore, dedica l’oro al padre: “Non ci parliamo più ma questa medaglia è anche sua”
Oro alle Olimpiadi. Oro agli Europei. Oro ai Mondiali di Atletica. Con la medaglia conquistata nel salto in alto a Budapest Gianmarco Tamberi ha fatto un capolav…oro, scolpito il proprio nome nella storia dello sport iridato. L'ha inciso con un balzo pazzesco, volando oltre l'asticella posta a 2,36 metri. Lo ha fatto al primo tentativo, quando s'è librato nell'aria spinto dalla corrente ascensionale. Lo ha fatto sotto gli occhi di Mutaz Barshim, l'amico/avversario con il quale aveva condiviso la vittoria ai Giochi di Tokyo e che gli ha reso omaggio con grande sportività: "È formidabile, per me è uno di famiglia", dice l'atleta del Qatar che l'ha portato in trionfo caricandolo sulle spalle.
Lo ha fatto saltando nella piccola vasca d'acqua dei tremula siepi fino a correre dalla moglie, Chiara Bontempi, al cui ha dato un bacio e messo al collo quel metallo prezioso che vale una vita intera. A 31 anni è arrivato al top, è salito fin lassù dove osano le aquile. E ha sistemato il nido. "Gimbo mezza-barba", con una scarpa di colore viola e un'altra gialla, coi calzini spaiati non ha lasciato le cose a metà: la sua è stata una vittoria piena. In quei momenti puoi vedere tutta la carriera passarti davanti agli occhi in un attimo: la mente aziona il rewind, in una frazione di secondo di ritrovi risucchiato indietro nel tempo e poi soffiato nel presente. E quell'essenziale (che spesso è invisibile agli occhi) diventa più chiaro.
Ecco perché il valore speciale del successo iridato va oltre l'aspetto sportivo, le critiche di chi – dice il campione a caldo – ha creduto poco in lui. Ce n'è un altro più intimo che ha un peso e un'importanza che non si possono spiegare a parole. È questione di sangue, di richiamo della foresta, di quello che sei, delle tue radici, di gratitudine e intelligenza, di buon senso e onestà emotiva. Tamberi, che vive i suoi sentimenti sempre al massimo senza paura di mostrarsi al mondo per come è, nel bene e nel male, in quei suoi atteggiamenti che sembrano eccessi ma sono solo un modo per caricarsi e darsi fiducia, toglie un peso dal cuore e rende omaggio al padre-allenatore ex saltatore, dal quale nell'estate scorsa s'era separato con uno strappo doloroso.
Gimbo aveva azzerato tutto per dimenticare, ricominciare, rimettersi in discussione, crescere. S'è affidato a Giulio Ciotti dopo i dissapori divenuti problemi e poi situazioni inconciliabili con il genitore. "Mio padre mi ha insegnato a saltare – ha spiegato Tamberi nell'intervista a Sky -, quello che sto facendo oggi è anche grazie al percorso iniziato e fatto per un bel po' con lui. Purtroppo, le cose non andavano più bene e avevo bisogno di un cambiamento".
È stato difficile ma necessario, dentro di sé sentiva che la cosa giusta da fare era quella anche se faceva male, nonostante la paura che è dietro l'angolo e di atterrare chissà dove con un salto nel vuoto. Ha aperto gli occhi e il boato del pubblico è stato una liberazione, la certezza di avercela fatta. "Il cambiamento genera paura, perché si esce dalla comfort zone e io quest’anno mi sono caricato di tantissime responsabilità che prima erano in capo a mio padre. Non è stato facile separarmi e affrontare un cambiamento del genere sia a livello personale che atletico nonostante il nostro rapporto sia stato sempre difficile. Non ci parliamo da tanto tempo ma questa medaglia è anche merito dei suoi insegnamenti".