Steve Thompson a 46 anni non ricorda di aver vinto i Mondiali di rugby: “Non c’è niente, sono perso”
Steve Thompson è un campione di rugby che ha fatto la storia dell'Inghilterra, vincendo la Coppa del Mondo del 2003 in Australia, quando la nazionale dei Tre Leoni sconfisse i padroni di casa in una leggendaria finale terminata col risultato di 20-17. Adesso, a poco più di 20 anni da quel momento che lo ha reso sportivamente immortale, il 46enne Thompson non ricorda più nulla di quelle gesta, neanche quando viene stimolato con domande su episodi precisi da un vecchio compagno di nazionale che è andato a trovarlo nell'ambito di un documentario televisivo in cui l'ex rugbista ha accettato di raccontare la sua attuale condizione: un dramma che gli sta portando via la sua vita, visto che riesce a ricordare a malapena i nomi dei suoi figli. Steve ha una forma molto precoce di demenza, una condanna senza cura che colpisce parecchi rugbisti a causa dei colpi ripetuti e violenti cui viene sottoposto il loro cervello.
Il dramma di Steve Thompson: gli sono state diagnosticate demenza e encefalopatia traumatica cronica
La vita di Thompson è cambiata in maniera irreversibile nel 2020, quando al tallonatore inglese sono state diagnosticate sia la demenza che l'encefalopatia traumatica cronica, una degenerazione progressiva delle cellule cerebrali provocata da numerosi traumi cranici, tipica negli atleti di alcuni sport in cui i contatti sono frequenti e duri, ma anche in soldati esposti a un'esplosione. Steve ha deciso di aprirsi su quello che gli sta accadendo in maniera irreversibile, facendo conoscere ad un pubblico più ampio possibile i danni che lo sport ha arrecato alla sua mente.
L'ex campione – che ha legato la sua carriera a livello di club principalmente al Northampton, con cui ha vinto una Heineken Cup nel 2000, giocando poi anche in Francia nel Brive e poi ancora in Inghilterra con la maglia del Leeds – si è seduto sul divano di casa sua con l'ex compagno di squadra Phil Vickery per aggiornare tutti sulle sue condizioni, che sono in rapido peggioramento verso un vuoto angosciante. Per prima cosa, i due hanno indicato le foto dei bambini piccoli di Thompson, mentre lui cercava di ricordare i loro nomi, con grande sforzo: Seren, Slone, Saskia e Saxon.
L'ex campione di rugby non ricorda niente dei Mondiali vinti con l'Inghilterra: "Tutto sparito"
Poi Vickery – di due anni più grande e che era in campo assieme a Steve quel 22 novembre 2003 a Sydney – ha provato a tirare fuori dalle nebbie in cui è immerso il gigante di Hemel Hempstead i frammenti di quell'epopea che ha segnato la storia del rugby inglese. "Cosa ricordi del 2003?", gli ha chiesto. "È strano – ha risposto abbattuto Thompson – Non c'è niente lì. Non ricordo nemmeno di essere stato in Australia. Tutto è sparito. La mia vita, tutto ciò che c'era intorno, semplicemente non c'è più".
"E cosa mi dici di quando siamo tornati, dell'autobus scoperto o quando ci siamo affacciati dal palazzo?", gli ha chiesto ancora Vickery. "No, niente. Semplicemente non c'è – ha ribadito Thompson – La mia vita è capovolta. Mi sono perso, ho problemi di memoria e di rabbia. Ho attraversato una fase di enorme senso di colpa per i bambini e mia moglie. Poi sono stato vicino al suicidio. Ti senti come se fossi la persona più altruista se lo fai. Quando rivedo me stesso o gli altri ragazzi in campo, mi sento un impostore in un certo senso. Come se non fossi io quello lì. Come se non l'avessi fatto io".
Il rimpianto di Thompson: non vorrebbe mai aver giocato a rugby
Ed invece Steve era lì nel mezzo, anni di fatica e botte, e vinci casomai i Mondiali. Perché finché ce n'hai stai lì. Da giocatore non ha mai mollato, generoso e pugnace, finendo dritto nel cuore dei tifosi inglesi come solo le leggende sanno fare. Ma a che prezzo… a che prezzo. Il momento più straziante del suo incontro con Vickery è stato quando Thompson ha ammesso di rimpiangere di aver fatto quello sport e quella carriera che un tempo amava più di ogni cosa, lui che all'epoca non conosceva paura: "Il problema del rugby è che, se potessi tornare indietro, non lo rifarei. Preferirei di gran lunga andare a lavorare in un cantiere, avere una vita normale. Il modo in cui la vedo è che quello era il nostro lavoro, ci è stato chiesto di farlo. E lo fai al meglio delle tue capacità. Non metti in discussione nulla al riguardo. Ed è per questo che probabilmente ce la siamo cavata così bene".
Thompson non ricorda la sua prima commozione cerebrale, né l'ultima, ma ricorda solo che durante una la sua lunga carriera vedeva "i puntini bianchi" quasi ogni settimana. Dopo che il drop di Jonny Wilkinson fece vincere all'Inghilterra la sua unica Coppa del Mondo, al loro ritorno in patria Thompson e compagni ricevettero la medaglia dell'Ordine dell'Impero Britannico dalla Regina Elisabetta II. Tutto sparito, adesso restano solo rabbia e dolore. Ma indietro non si può tornare.